Intervista a Emma Bonino di Stefania Di Lellis, pubblicata da 'La Repubblica' il 7 ottobre 1996 pag. 6
DONNE DEL MONDO AIUTATE LE AFGHANE
Appello della Bonino all'Occidente
AFGHANISTAN LA GUERRA INFINITA
'In questo momento in Afghanistan centinaia di donne stanno morendo di parto, perchè i taliban vietano ai medici maschi di intervenire. Venticinquemila vedove sono bloccate dentro casa con i figli, a un passo dalla morte per fame, perchè non sono autorizzate a uscire per lavorare o fare la spesa. E il mondo che fa? Tace. Bisogna rompere questo muro del silenzio prima che sia troppo tardi.'
E' un appello alla mobilitazione quello della Commissaria europea per gli Aiuti umanitari Emma Bonino. Una mobilitazione che parta dalle istituzioni, dalle donne al potere ovunque nel mondo, dalla gente comune. Che faccia scendere la folla nelle piazze e fermi le sovvenzioni ai nuovi padroni di Kabul che in nome di Allah hanno cancellato metà della popolazione dell'Afghanistan.
D. Che cosa chiede, signora Bonino?
R. Chiedo che ora, subito, finchè è ancora possibile fare qualcosa, ci si nuova in aiuto delle donne afghane. Le nuove istituzioni lì non sono ancora solide, i taliban hanno bisogno del sostegno della comunità internazionale. Devono capire che per ottenerlo è necessario prima garantire il rispetto dei diritti umani.
D. A chi rivolge il suo appello?
R. Alle donne al potere del mondo, per esempio. Io non ho mai creduto troppo nella solidarietà femminile, ma molte ne hanno fatto una bandiera: perchè tacciono di fronte a una situazione così drammatica? Finora pochissime tra le donne che possono risvegliare l'opinione pubblica sono intervenute: il ministro degli Esteri svedese, la premier pakistana Benazir Bhutto. Che fanno le altre? Ci vogliono mega-manifestazioni, raccolta di firme, movimenti popolari che obblighino le istituzioni ad agire.
D. La campagna dell'Italia e della Russia al Palazzo di Vetro si é risolta in un nulla di fatto. Indonesia, Egitto e Cina hanno impedito che si parlasse delle afghane al Consiglio di sicurezza. Che resta da fare?
R. Di fronte a una vasta mobilitazione in tutto il mondo il problema si riaprirebbe. L'Onu è fatta di Stati membri. Ognuno di questi ha la possibilità di porre condizioni ai taliban in sede di trattative bilaterali, di esigere il rispetto delle donne. Se la sensibilizzazione e l'impegno saranno capillari, il problema tornerà a essere affrontato dagli organismi internazionali.
D. C'è chi sostiene che le afghane non stiano molto peggio delle donne di altri paesi dove vige la legge del Corano.
Le informazioni che ci fanno avere le organizzazioni non governative ancora attive in Afghanistan ci fanno pensare che la situazione sia molto più grave che altrove. Poi, guardi che altri Stati integralisti sono stati isolati, prenda il caso del Sudan, ad esempio. Il problema è che la Realpolitik in alcuni casi spinge a parlare di diritti umani, in altri consiglia di tacere.
L'Occidente ha interesse a vedere tornare al più presto la pace in Afghanistan, qualunque essa sia, perché ha fretta di trovare strade sicure per i suoi oleodotti. I taliban sono stati aiutati perché considerati filo-occidentali, milizie da sostenere in funzione anti-iraniana. Ma questo tipo di strategia é pericoloso. Basta pensare a quello che é successo con Saddam-Hussein, per anni beniamino dell'Occidente.
D. L'Europa é in grado di fare qualcosa?
R. Sono in corso consultazioni tra gli Stati membri per decidere all'unanimità quale debba essere la posizione ufficiale dell'Europa. Intanto continuiamo a far arrivare aiuti soprattutto attraverso la Croce Rossa internazionale, soltanto però nei casi in cui é possibile raggiungere direttamente la popolazione senza passare per il governo di Kabul. Ma non basta. Bisogna fare di più e subito: la storia ci insegna che dove ci sono violazioni di diritti umani si gettano le basi per catastrofi.