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Agora' Agora - 27 ottobre 1996
DUE SEGNALI PER UNA RIFORMA

Articolo di Paolo Mieli pubblicato sul Corriere della Sera Domenica 27 ottobre 1996 - pag. 1 e 4

Nemici invisibili di un'intesa possibile

Fortuna vuole che i riflettori siano voltati da un'altra parte, quella dei terreni oggi più incandescenti: finanziaria e rapporti tra magistrati e politica. Così i lavori preparatori per la Bicamerale procedono di buona lena e in un clima di fattiva riservatezza che ha prodotto già le prime bozze di accordo. Sulle quali vogliamo esprimere subito un giudizio: un po' complicate ma nel complesso buone. Anzi ottime.

II lettore ci perdoni ma dobbiamo qui offrirgli qualche lume sulla parte complicata. II nuovo sistema istituzionale farebbe perno su un primo ministro 'indicato' dal popolo sulla scheda elettorale; la maggioranza parlamentare di questo primo ministro, se non dovesse venir fuori dalle urne al primo turno, sarebbe sancita da un premio in seggi che verrebbe assegnato in una seconda tornata. Questo presidente del Consiglio, sotto il profilo istituzionale molto più forte di quello di adesso, dovrebbe governare per tutta la legislatura. Se dovesse cadere per aver perso la fiducia del Parlamento, si tornerebbe immediatamente alle urne salvo che un altro primo ministro riuscisse con la stessa maggioranza (quasi la stessa maggioranza, potrebbero cambiare il dieci per cento dei parlamentari) a mettere su un nuovo governo. Nuovo governo che però avrebbe il compito di portare comunque entro un anno il Paese al cospetto degli elettori.

Per fare un esempio: se Romano Prodi domattina fosse sfiduciato, un mister X potrebbe fare un nuovo governo sostituendo il dieci per cento dei trecento e passa deputati che fanno l'attuale maggioranza, una trentina di parlamentari. Sempre sulla scia di quest'esempio, sostituendo i deputati di Rifondazione con quelli di Cdu e Ccd (non potrebbe però cambiare quelli del Pds con quelli di Forza Italia, che sono molto di più di una trentina). Ma in ogni caso, anche sotto la guida di questo mister X e con questo nuovo governo, nel giro di dodici mesi dovremmo tornare a votare.

Si tratta di un sapiente compromesso tra presidenzialismo e parlamentarismo, in linea sia con il programma elettorale del Polo che con quello delI'Ulivo. Perfettibile come tutti i compromessi ma, come dicevamo, ottimo almeno per quel che ne concerne l'impianto fondamentale.

Ci permettiamo di aggiungere soltanto due suggerimenti. II primo è quello di far indicare sulla scheda oltre al nome del premier anche quello del vicepremier, cosicché se il motivo di ritiro del primo ministro fosse di natura accidentale e non politica, gli potrebbe subentrare un 'numero due', senza che si debba neanche discutere se applicare o meno le clausole piuttosto complesse di cui si è appena detto. II secondo suggerimento è di studiare si il modo di produrre la maggioranza parlamentare, ma di farlo all'interno del sistema uninominale, cosicché sia possibile eliminare senza troppi problemi dalla legge Mattarella la quota proporzionale. Eventualmente utilizzando lo strumento del Si al referendum promosso dai club Pannella per il quale sono già state raccolte le firme e su cui è probabile che si vada a votare in primavera.

E' importante che anche chi vuol conservare una qualche rappresentanza dei partiti minori, nel rifare le fondamenta delle istituzioni studi altre vie, diverse dalla conservazione di quel 25 per cento di quota proporzionale che è, a nostro avviso, la vera parte malata dell'attuale sistema elettorale, fino a configurarsi come un autentico focolaio di virus. Tanto più che la soppressione di questa parte malata consentirebbe di ridurre il numero dei parlamentari (altro conclamato obiettivo della riforma) senza che si sia costretti a ridisegnare l'intero sistema dei collegi.

Grazie a quei riflettori spostati, dunque, siamo a un passo da un accordo che potrebbe cambiare la storia del nostro Paese. Ma resisterà questa intesa quando dalla penombra passerà sotto le luci del palcoscenico? Per aiutarla a vivere, quest'intesa, dobbiamo imparare a distinguere tra le obiezioni che mirano a migliorare l'accordo e quelle che hanno lo scopo di sabotarlo.

In un compromesso è importante che le due parti non si limitino a ribadire il proprio punto di vista ma vadano incontro anche alle ragioni dell'avversario. E soprattutto che la soluzione finale abbia una sue coerenza interna che le consenta di vivere e di creare attorno a se' dagli automatismi.

Ora i due schieramenti della politica italiana sono popolati da »puristi che ben presto, se non lo hanno già fatto, creeranno una coalizione occulta per far fallire ogni possibile intesa. Magari, soprattutto nel Polo, sventolando la bandiera della Costituente e lasciando intravedere dietro la Costituente stessa la caduta del governo Prodi e chissà quali mirabolanti opportunità per il centrodestra.

Bene: noi pensiamo che quella dei »puristi sia un'illusione. Non c'è nessuna Costituente dietro l'angolo, né Romano Prodi dovrebbe avere alcun timore di iniziative che dovessero portare a quell'esito. Dietro l'angolo c'è solo la possibilità che il dibattito sulla riforma istituzionale si impantani. In questa come in tutte le precedenti legislature, da vent'anni a questa parte.

E il pantano, oltre a produrre danni al Paese, la storia recente dovrebbe avercelo insegnato, fa ammalare l'intera classe politica dall'estrema destra all'estrema sinistra. Cosicché alla lunga non c'è guadagno per nessuno in uno Stato che non abbia saputo darsi regole e valori condivisi, in uno Stato che non abbia saputo produrre quella legittimazione reciproca senza la quale nessuno riuscirà mai davvero a governare. Certo, non tutti gli »statisti che abbiamo sono all'altezza dei compiti, altri avrebbero potuto far meglio degli attuali. Ma che questo non diventi un alibi: le soluzioni, ne abbiamo parlato all'inizio, ci sono, i leader disposti ad impegnarsi in prima persona, anche; gli strumenti costituzionali, nel pieno rispetto dell'articolo 138, sono pronti. Manca solo, da parte di tutti sui due versanti una pubblica assunzione di responsabilità, dalla quale non si possa tornare indietro. Anche a costo di dover soffrire qualche lacerazione nel proprio campo e dover poi perdere altro tempo a ricucire.

Sarebbe importante in queste ore che i guastatori del Polo, pur senza rinunciare a far valere le loro idee, sospendessero le ostilità contro la Bicamerale e che Fini, Buttiglione e Casini non dessero nessuna copertura ai settori più oltranzisti del centrodestra. Ma ancora più importante sarebbe veder cessare quel dualismo che comincia ad affliggere il centrosinistra e che, non già il Presidente del Consiglio, bensì l'uomo politico Romano Prodi desse luce verde alla Bicamerale spiegando ai suoi come sia del tutto falso che un successo di D'Alema in quell'impresa possa indebolire l'Ulivo o mandare all'aria il governo.

E'questo il momento di uscire dall'ombra. Sono questi i giorni, queste le settimane. Qui si decide se l'Italia ha una classe politica responsabile o se é scritto nei suoi destini di lasciarsi cullare alla deriva finché non incontrerà una tempesta che la travolgerà. All'improvviso e più facilmente di quanto oggi non si pensi.

 
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