LETTERA APERTA DEL MOVIMENTO DEI CLUB PANNELLARIFORMATORI AI LEADER DEL POLO, A SILVIO BERLUSCONI ED A GIANFRANCO FINI, A ROCCO BUTTIGLIONE ED A PIERFERDINANDO CASINI.
Signori leader del "Polo",
a voi non sfuggirà, vista la consuetudine che avete con i sondaggi, che esiste una opinione "politica" che vuole fermamente i referendum contro il regime: contro il Regime che anche voi state diventando in questi mesi; all'interno del quale chiedete e praticate le vostre alleanze.
Non vi sfuggirà neppure che gli elettori del Polo sono pressoché interamente schierati con noi (come noi con loro) e con i referendum: cioè con il loro programma del 1994, e quello elettorale del 21 Aprile 1996. Loro, non l'hanno tradito: vogliono una riforma liberale e liberista (e quindi vogliono "usare" i referendum elettorali, sulla giustizia, sull'economia) e antipartitocratica (e quindi sono contro la legge sul "finanziamento pubblico", "fiscale" del sistema dei partiti, quale con il vostro concorso il Parlamento ha così elegantemente votato).
Voi, dopo il 21 Aprile, avete realizzato, fra cedimenti e tradimenti, un "ribaltone alla rovescia".
Se Bossi tradì l'alleanza con il Polo per non tradire il "proprio" elettorato, voi state tradendo il vostro per consociarvi al potere, in particolare di D'Alema e dell'Ulivo; e di chi, sullo sfondo, continua ad ergersi sopra di loro come Sovrintendente alla conservazione e al malaffare partitocratico. Non è che siate o non siate cinici. Il vostro non S solo un calcolo machiavellico: S un calcolo sbagliato. Siete folli di senso comune come chi pensa che il "potere", o l'alleanza con il "potere", possa fare la forza storica delle idee o di un partito.
Ci auguriamo che, sulla Bicamerale, ascoltiate l'invito di Cossiga, altrimenti dovrete sempre più ascoltare la lezione severa dei fatti. Né è detto, d'altra parte, nemmeno, che abbandonando Tocqueville si trovi necessariamente un Talleyrand, come sembrano credere molti professori "liberali". Ci auguriamo che comprendiate a tempo, se ancora ve n'è, di essere divenuti nell'immagine di chi vi ha votato, e perfino amato, proprio l'opposto della trasparenza e della limpidità. Ma l'errore pi- grave, pi- intimo, pi- costoso l'avete commesso e lo state commettendo a proposito dei referendum liberali, liberisti, libertari, e della politica alternativa alla partitocrazia, divenendo consociativi agli occhi di tutti. Anche D'Alema si permette di affettuosamente sbeffeggiarvi, su questo punto.
Berlusconi e Fini avevano dichiarato di essere favorevoli all'appuntamento referendario, se non a tutti i referendum. Ma noi abbiamo lottato con le unghie e con i denti, operato come formiche mentre andavate cicalando, e siamo giunti dove ora vedete e sapete: se i referendum non si faranno, se saranno di nuovo "proibiti" è perché sarebbero altrimenti plebiscitati, almeno i principali. Per l'essenziale il paese, Polo o Ulivo che si sia, sui referendum elettorali e su quelli sulla giustizia, S in grande maggioranza sulle nostre posizioni, che una volta erano divenute anche le vostre. Qui avete, oltre tutto, tradito con superficialità, sufficienza e ipocrisia: bofonchiando, invece, di essere per carità! d'accordo. Non avete fatto un solo comizio, organizzato una sola riunione, foss'anche a Vattelappesca, un solo dibattito, o una riunione interna, sui referendum. Su di essi, nelle televisioni avete mai pronunciato una sola parola, che non vi fosse estorta. Mentre digiunavamo, lottavamo, a migliaia giorn
i e notti, attorno ai tavoli, a raccogliere una dopo l'altra 12 milioni di firme autenticate, a raccogliere risorse umane e finanziarie nei corsi carsici della coscienza del paese, dilapidavate, specie a Forza Italia, somme incredibili per insipienza organizzativa, oltre a un patrimonio umano e civile senza precedenti. Da questa estate noi avevamo compreso che i referendum erano già vinti nel paese e che il problema era quello che la Corte giudicasse avendo dinanzi a sé la consapevolezza di un paese attento, mobilitato, e di forze non di regime a sostenerlo.
Spiegammo come, di fronte ad una Mediaset divenuta spesso cane da guardia dell'intolleranza e delle pratiche illiberali del potere, ad una RaiTv sui referendum sempre uguale al peggio della sua storia, occorresse il danaro necessario per una calcolata campagna pubblicitaria di informazione.
Ebbene, da Berlusconi, dalle sue aziende, dal suo impero imprenditoriale e da quello politico, da lui stesso, da un altro dirigente fra i tantissimi che vi sono, da un azionista, da un amico (se non due, eccezioni che confermano la regola: Previti e Mancuso), non un solo contributo. Non una sola quota da 1520 milioni. Da tutti i parlamentari del Polo e di Forza Italia: stessa storia (con poche eccezioni di apporti "militanti").
Nessuno di loro, fra i loro elettori, sostenitori, notabili di collegio e di circoscrizione, ne ha raccolte e fornite. A San Giovanni avete giurato il ridicolo, sulla Finanziaria e su tutto lo scibile del teatrino della politica, ma non avete nominato una sola cosa: i referendum.
Se noi abbiamo convinzioni, idee e ideali, gli diamo corpo, voce, mano, vita, partigiani delle libertà e della democrazia come siamo. Voi state divenendo null'altro che dei "politici", ma alla casareccia, alle vongole, all'"italiana" di questi decenni.
Vi sono ore, giorni, settimane che incalzano. Avete rifiutato ogni dialogo, ogni alleanza, solamente con noi. Perché rappresentiamo, nel comportamento e non solamente nelle parole, l'insopportabile peso della lealtà al vostro stesso elettorato, alle idee, agli obiettivi: a voi stessi. Speriamo ardentemente che ci venga subito, a questo punto, anche dai "vostri" parlamentari, come dai vostri militanti ed elettori delusi, forza sufficiente, per ritentare anche la strada del dialogo, dell'alleanza, del mutuo rispetto. Perché questo accada non esiste altra possibilità, che quanti oggi vivono, ancora, come seguaci, come dipendenti, come clienti, come rassegnati e sottomessi, come fedeli e come uomini di fazione, comprendano che c'S da dare subito rappresentanza al movimento referendario, a quello dei diritti civili, a quello delle concrete lotte liberali, ad un paese "altro" che si credeva o voleva sepolto e che invece sta tornando a ergersi vivo e coerente. Ce n'S spazio, urgenza, necessità.