Roma, 10 gennaio 1997
"E' difficile non esprimere un giudizio grave e preoccupato. Una prima valutazione riguarda questa Corte, che non S pi- in sintonia con il dibattito che c'era stato. Voci autorevoli avevano posto molti problemi, quasi tutti gli ex presidenti si erano pronunciati favorevolmente all'ammissibilità del conflitto, pur con posizioni diverse nel merito. Questa Corte non è in sintonia con una discussione che era avanzata, e non riesco a capirne le ragioni.
Questa Corte chiude ogni dibattito perché respinta l'ammissibilità, a porte chiuse, si elimina la fase successiva, quella pubblica. La Corte ci ha detto di no nella fase a porte chiuse, e ci farà sapere con poche righe le ragioni per cui ha detto di no. E' una Corte che decide di evitare il dibattito nell'opinione pubblica. Che partecipa a questa volontà di mettere il silenziatore alla discussione sul finanziamento dei partiti. In attesa posso immaginare due possibili motivazioni. La prima: i promotori non esistono più dopo il referendum. La seconda: non si può fare il conflitto contro la legge.
Secondo la prima non ci sarebbe più nessuno che controlla l'esito abrogativo del referendum, nessuno che lo difende. Il referendum è affidato alla mera e assoluta volontà del Parlamento.
Ma se fosse la seconda, sarebbe molto grave ugualmente, perché i promotori avevano sollevato il conflitto prima che la legge fosse votata dal Senato, e la promulgazione doveva ancora arrivare.
Così la promulgazione di Scalfaro avrebbe avuto un unico scopo: che la Corte dichiarasse ammissibile il conflitto.
Io non vorrei una Corte che si nasconde dietro il profilo formale. Una Corte Costituzionale che rinunzia alla difesa del sistema politico e dei diritti dei cittadini o contro gli abusi del potere politico è una Corte Costituzionale che viene meno al suo compito istituzionale".