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Segreteria Rinascimento - 11 gennaio 1997
MEMORIA REFERENDUM ABORTO

ECC.MA CORTE COSTITUZIONALE

MEMORIA

dei signori Rita BERNARDINI, Raffaella FIORl e Mauro SABATANO promotori e presentatori del referendum abrogativo avente ad oggetto alcuni articoli della legge 22 maggio 1978 n. l94, recante "Norme per la tutela sociale della maternità e sull'interruzione volontaria della gravidanza" (come da quesito riformulato dall'Ufficio centrale per il referendum presso la Corte Suprema di Cassazione con ordinanza 11 dicembre 1996) in rappresentanza del Comitato promotore, rappresentati e difesi come da delega in calce alla presente memoria dall'avvocato Fulvio GIANARIA del Foro di Torino e dall'avvocato Stefania VOTANO e presso lo studio di quest'ultima elettivamente domiciliati in Roma, viale Mazzini 9.

FATTO

1. I promotori del referendum in epigrafe hanno presentato una proposta abrogativa tendente a liberalizzare il ricorso all'interruzione volontaria della gravidanza entro i primi 90 giorni attraverso la eliminazione delle procedure di controllo della scelta della donna, ed in particolare con l'abolizione del limite relativo al solo ricorso alle strutture sanitarie pubbliche.

Più nel dettaglio, anche se in sintesi, la proposta abrogazione parziale della legge n. 194 del 1978 comporta:

a) L'eliminazione delle contraddittorie proclamazioni di principio contenuto nell'art. 1.

Tale inutile preambolo fornisce un esempio emblematico dà quella tecnica normativa che anziché privilegiare la chiarezza dei precetti i quali devono incidere con semplicità sulla realtà da regolare, traduce la funzione di mediazione politica della legge in produzione di astrattezze prive di significato giuridico e dunque utilizzabili da chiunque in modo contraddittorio ed eventualmente restrittivo della libertà di scelta della donna.

b) Restano fermi gli articoli 2 e 3 che regolano i compiti specifici dei consultori familiari ed il loro finanziamento.

c) Viene proposta la eliminazione degli articoli 4 e 5 che impongono alla donna di rivolgersi al consultorio pubblico o al medico di fiducia per giustificare la propria richiesta, e che attribuiscono ad entrambi una serie di compiti e di funzioni attualmente necessari per l'espletamento della prevista complessa procedura. Viene ugualmente prevista l'abrogazione della norma che impone alla donna un'attesa di sette giorni prima di potersi in ogni caso presentare presso una delle sedi autorizzate.

d) Per l'aborto successivo ai novanta giorni resta fermo l'articolo 6 nella parte in cui lo consente quando la gravidanza o il parto comportino un grave pericolo per la vita della donna ( lettera a); in riferimento ai processi patologici che determinino un grave pericolo per la salute fisica o psichica della donna, è proposta l'abrogazione dell'inciso concernente le rilevanti anomalie e malformazioni del nascituro, al fine di estenderne l'applicazione e dunque facilitare il ricorso alla interruzione volontaria della gravidanza. Conseguentemente è proposta l'abolizione dell'articolo 7 nella parte in cui stabilisce le modalità di accertamento dei predetti processi patologici, e le sedi in cui deve essere obbligatoriamente accertata l'esistenza delle condizioni per l'aborto successivo ai 90 giorni di gravidanza.

e) Viene proposta l'abrogazione totale dell'articolo 8 che stabilisce l'obbligo di praticare l'aborto negli ospedali pubblici o nelle strutture convenzionate con i relativi limiti quantitativi decretabili dal Ministero della Sanità.

Resta pertanto fermo l'obbligo generalizzato di prestazione gratuita dell'aborto per tutti gli organismi ospedalieri e per quelli che svolgono attività sanitaria per conto delle regioni o degli enti mutualistici.

Viene in sostanza a cadere quella restrittiva predeterminazione delle strutture sanitarie autorizzate alla interruzione della gravidanza, limitazione che non può non condizionare il p r i v i l e g i a t o principio della autodeterminazione della donna, e che può favorire il prosperare della pratica clandestina dell'aborto.

f) Resta fermo il principio che prevede l'obiezione di coscienza dei medici (art. 9) e quello che sancisce la gratuità delle prestazioni (art. 10).

g) Si propone l'abolizione della denuncia al Medico Provinciale dei casi di aborto praticato in quanto premessa di un censimento inutile e rischioso per il rispetto del principio dell'anonimato della donna che ha scelto di abortire (art.11).

h) Con la richiesta di abrogazione degli articoli 12 e 13 si propone la eliminazione delle procedure amministrative previste specificamente per la donna minorenne e per l'interdetta per infermità di mente, con la conseguente depenalizzazione dell'aborto praticato in assenza delle procedure stesse.

i) Con l'abrogazione dell'art. 14 si chiede l'eliminazione di un obbligo burocratico di informazione sulla regolazione delle nascite.

Sarà del resto compito delle regioni e degli enti preposti quello di aggiornare il personale sanitario ed ausiliario affinché sia preparato a fornire adeguata assistenza alle donne interessate. A tal fine resta sostanzialmente inalterato l'art. 15 così come resta inalterato l'art. 16 che fa carico al Ministero della Sanità e a quello di Grazia e Giustizia di raccogliere i dati necessari al controllo dell'attuazione della legge.

l) Restano doverosamente indenni dalla iniziativa dà modifica referendaria gli articoli 17 e 18 i quali sanzionano penalmente rispettivamente i casi di interruzione di gravidanza cagionata colposamente alla donna che non ha prestato libero consenso e quella cagionata con altre connotazioni dell'elemento soggettivo attribuibili all'autore.

m) Per l'art. 19 si propone l'abrogazione delle parti incompatibili con la liberalizzazione dell'aborto di donna consenziente nei primi novanta giorni di gravidanza.

Resterebbe soltanto in vita la parte che sanziona i casi in cui viene operato l'aborto successivamente ai primi novanta giorni di gravidanza senza l'accertamento medico previsto dalla legge.

n) Viene mantenuto l'articolo 20 che aggrava le pene per i fatti di reato commessi da medici obiettori di coscienza e l'art. 21 che punisce la rivelazione dei nomi delle donne che hanno fatto ricorso all'aborto da parte di chi li abbia conosciuti per motivi professionali o d'ufficio.

Sì propone invece l'abrogazione del 3 comma dell'art. 22 che consente di punire secondo il codice Rocco chi abbia compiuto l'aborto prima dell'entrata in vigore della legge 194, nei casi in cui il giudice non accerta che sussisteva una delle condizioni previste dagli articoli 4 e 6.

DIRITTO

2. Come si può evincere dalla rapida sintesi della proposta referendaria sopra illustrata si è in presenza di una richiesta attentamente articolata in modo da risultare omogenea e utile a proporre un quesito comprensibile e coerente.

Si tratta in ogni caso di ribadire in questa sede la sussistenza di quei requisiti di omogeneità, di chiarezza e di non contraddittorietà che rendono ammissibile la richiesta al vaglio di questa Ecc.ma Corte.

a) Va innanzitutto premesso che la difficoltà di lettura del quesito che verrà proposto ai cittadini non è imputabile ai promotori del referendum, bensì discende dall'art. 27 della legge n. 352 del 1970 dalla quale si è voluto ricavare che, nei casi di abrogazione parziale, il quesito deve ridursi alla sola indicazione numerica degli articoli sottoposti a consultazione.

Dunque ci si può dolere del fatto che il legislatore non abbia voluto dar seguito alle sollecitazioni contenute nella sentenza n. 16 del 1978 di questa Ecc.ma Corte la quale auspicava l'introduzione di modalità di comunicazione dei quesiti più semplici e comprensibili, ma non si può certo definire incoerente e confusa una proposta referendaria per il solo fatto che propone abrogazioni parziali difficilmente contenibili in un quesito unitario e sintetico.

Comunque a ciò supplisce la chiara esplicitazione del comune principio che è sottoposto al voto popolare, contenuta nella denominazione fornita dall'Ufficio Centrale per il referendum e che apparirà sulla scheda referendaria ("Abolizione dei limiti alla interruzione della gravidanza nei primi novanta giorni e del ricorso esclusivo alle strutture pubbliche").

b) La coerenza e la razionalità della proposta derivano proprio dalla articolazione del quesito che assume carattere necessariamente manipolativo in quanto effettua una operazione di ritaglio mirante a mutare il significato del testo normativo, in senso coerente con il fine unitario predetto.

Illuminante a tal proposito l'enunciato di questa Ecc.ma Corte contenuto nella sentenza n. 32 del 1993: " il quesito può includere singole parole o singole frasi della legge prive di autonomo significato normativo, se l'uso di questa tecnica è imposto dall'esigenza di chiarezza, univocità e omogeneità del quesito" e di "una parallela lineare evidenza delle conseguenze abrogative".

Ora , evidente ed indiscutibile che, nel caso di specie, lo scopo della articolazione del quesito è quello di consentire agli elettori l'espressione di un voto consapevole. Inoltre il risultato che deriverebbe dalla abrogazione referendaria sarebbe omogeneo e coerente e non vi , dubbio che nel caso di specie ci si troverebbe di fronte ad un corpo normativo semplice, razionale e depurato da qualsiasi disposizione la cui permanenza contrasti con i principi ispiratori del quesito referendario.

Tutto si può dire ma non che manchi un significato unitario del quesito e che il risultato finale non si presenti coerente ad esso e privo di contraddizioni.

E' evidente infatti come l'iniziativa abrogativa si concentra verso il prioritario obiettivo di liberalizzare il ricorso alla interruzione volontaria della gravidanza facendo cadere le prescrizioni relative agli adempimenti procedurali, ai controlli amministrativi e giurisdizionali che oggi gravano sull'iter che accompagna la interruzione volontaria della gravidanza, e conseguentemente depenalizzando le relative fattispecie.

Forte della ormai acquista legittimità costituzionale di un assetto normativo che non pretenda di realizzare la tutela del concepito nella forma della persecuzione penale dell'aborto, l'iniziativa referendaria di cui si discute mirando al nuovo principio unitario ispirato alla più ampia liberalizzazione della interruzione della gravidanza, prevede l'eliminazione della l'indicazione delle circostanze in presenza delle quali l'attuale legge consente l'aborto nei primi novanta giorni e le corrispondenti procedure e modalità previste dalla medesima legge. Quanto al successivo periodo di gravidanza la richiesta referendaria semplifica il ricorso alla interruzione della gravidanza snellendo in modo analogo le procedure e le modalità.

In definitiva, come già esplicitamente sostenuto da questa Ecc.ma Corte nella sentenza 10 febbraio 1981 n. 26 che giudicò ammissibile l'analoga richiesta di referendum popolare per l'abrogazione parziale della legge 22 maggio 1978 n. 194, attraverso una "somma di effetti abrogativi il referendum radicale si propone di sopprimere tutti i procedimenti, gli adempimenti e i controlli di tipo amministrativo (o anche giurisdizionale) che attualmente si riferiscono alla interruzione volontaria della gravidanza, come pure tutte le sanzioni per l'inosservanza delle modalità configurate dalla legge n. 194".

Da tale considerazione consegue che come ancora riconosciuto da questa Ecc.ma Corte nella sentenza sopracitata "sostanzialmente e complessivamente la richiesta in questione corrisponde al requisito dell'omogeneità, ponendo agli elettori un quesito comune e razionalmente unitario".

P.Q.M.

si insiste per l'ammissibilità del referendum in epigrafe.

RomaTorino, l 3 gennaio 1997

(avvocato Fulvio Gianaria)

( avvocato Stefania Votano)

 
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