Radicali.it - sito ufficiale di Radicali Italiani
Notizie Radicali, il giornale telematico di Radicali Italiani
cerca [dal 1999]


i testi dal 1955 al 1998

  RSS
ven 25 apr. 2025
[ cerca in archivio ] ARCHIVIO STORICO RADICALE
Notizie lista Pannella
Segreteria Rinascimento - 16 gennaio 1997
Da "L'ESPRESSO" del 16 gennaio 1997, pagg.38 e ss.

IMPANNELLATI E FURENTI

Referendum annunciati, perché tanti difensori

Un'orgia di quesiti. La guerra preventiva contro la Consulta. La sorprendente mobilitazione di politici, giornalisti e intellettuali intorno al vecchio Marco. A che cosa si deve tanto rabbioso fervore? Non si sta esagerando? Vediamo.

di Francesco De Vito

.

Un altro leader politico che alle ultime elezioni, appena otto mesi fa, avesse subito, un bagno elettorale come quello sarebbe affogato. Ma Marco Pannella è un leader molto particolare, che da quarant'anni riesce ad essere protagonista della vita politica con una sua particolarissima cifra. Quando sembra finito in fondo al tunnel, riesce sempre a sollevarsi e a imporre agli altri di cambiare l'agenda politica. L'ultima resurrezione è quasi da manuale. Alle elezioni del 21 aprile del 1996, dopo due anni di alleanza con Silvio Berlusconi, caratterizzati da improvvisi afflati e altrettanto improvvise rotture, pur essendo da sempre il vate dell'uninominale secco all'inglese, presentò una propria lista solo per la quota proporzionale, mentre per la parte maggioritaria diede indicazione a sostenere i candidati del Polo per le libertà. L'aspettativa era che da là venisse un analogo sostegno che gli consentisse di superare il fatidico quorum del 4 per cento, che dà diritto ad una rappresentanza parlamentare nella qu

ota proporzionale. Non riuscì, invece, a raggiungere nemmeno il 2 per cento e nessuno dei suoi candidati venne eletto. Sembrò avverarsi, allora, una profezia che Massimo Teodori, compagno di Pannella in quarant'anni di battaglie radicali, aveva enunciato in un libro. Ovvero che Pannella, dopo aver efficacemente combattuto per anni il sistema partitocratico, al momento dell'esplosione della sua crisi, non era riuscito a capitalizzarla, le aveva sbagliate tutte, si era caratterizzato come lo strenuo difensore degli inquisiti di Tangentopoli per poi avviare una innaturale alleanza con Berlusconi. Per di più, aveva rotto con tutti, o quasi, i suoi compagni di un tempo e quindi il suo destino non poteva essere ormai che marginale. C'è da dire, a otto mesi di distanza, che anche Teodori, nonostante l'assidua frequentazione, aveva sottovalutato la capacità di ripresa del leader. Intanto, con un accordo segreto firmato con Berlusconi, s'era assicurato una seppur magra sopravvivenza finanziaria. In caso di mancato ra

ggiungimento del quorum il leader di Forza Italia gli avrebbe pagato un appannaggio annuo di l miliardo 200 milioni per tutti e cinque gli anni di legislatura. E di fronte al rifiuto di Berlusconi di onorare il contratto, si è rivolto al Tribunale perchè ne imponesse l'esecuzione. Soprattutto, si era creata per tempo una possibilità di rilancio sul terreno a lui più congeniale, quello dei referendum. Per tutto il '95, con grandi sforzi e con non poche frustrazioni, Pannella aveva fatto campagna per venti referendum. Una prima raccolta di firme non aveva raggiunto lo scopo. Ma il leader radicale non è uno che si scoraggia, e ha ricominciato dal principio. L'insistenza con Berlusconi perchè firmasse almeno alcuni dei referendum, una campagna a tappeto sulle reti Fininvest, un digiuno che ha costretto le reti Rai e gli altri organi di informazione a pubblicizzare l'iniziativa, persino un allungamento dei tempi di raccolta, gli hanno consentito di superare seppur di poco, a cavallo tra il'95 e il'96, le fatidich

e cinquecentomila firme. Nel frattempo, i referendum si sono ridotti da 20 a 18, a cui si sono pero aggiunti i 12 promossi dalle regioni governate dal Polo. Ora, mentre la Corte costituzionale si riunisce per decidere quali quesiti siano ammissibili e quali no (vedere riquadro a pag. 41), Pannella passa all'incasso. Lo fa nel suo stile, di inusitata violenza verbale. La Corte costituzionale, per lui, non è un organismo che cerca di decidere secondo Costituzione e che, come ogni organismo umano, può decidere bene o male, ma in buona fede. E' un gruppo di persone messe li per far tornare indietro la ruota della storia, ripristinare la Repubblica partitocratica, impedire ai cittadini di esprimere la propria volontà. Un istituto su cui premere e da ricattare, anche con la minaccia di ricorrere alle armi, in senso figurato, sperabilmente. Lo fa con indubbia capacità di persuasione. Se 30 referendum vi sembran troppi, domanda, perchè non appoggiate quelli che vi sembrano essenziali? "Perchè Paolo Mieli sul "Corri

ere della Sera" non fa fare degli articoli sui referendum in materia elettorale, che cambieranno l'esito delle prossime elezioni?". Se Pannella chiama, Mieli, vestale del maggioritario visto come religione invece che come semplice meccanismo elettorale, risponde. A stretto giro di posta Ernesto Galli della Loggia indica come referendum a fortissimo contenuto politico quello volto a cancellare dalla legge elettorale la quota proporzionale, a "mutare profondamente il sistema politico e dei partiti". Non accoglierlo sarebbe "gravissimo e assolutamente disdicevole per quel tanto di prestigio di cui la Corte tuttora gode". Segue Angelo Panebianco, che indica nella Corte "una netta maggioranza di conservatori istituzionali" portata a eliminare "la mina rappresentata da quei referendum che puntano ad abolire la quota proporzionale e potrebbero rimettere pericolosamente in moto la rivoluzione inceppata". Nulla conta l'esistenza di una consolidata giurisprudenza che dovrebbe portare la Corte costituzionale a dichiara

re inammissibili i quesiti elettorali. Eugenio Scalfari, che pure si dichiara favorevole all'abolizione della quota proporzionale, osserva su "Repubblica": "Squalificare preventivamente le sentenze della Corte se non corrispondono ai nostri desideri e tutto fuorchè un modo liberale di pensare". Vittorio Feltri appello per titolare sul "Giornale" a tutta pagina: "Usiamo queste 30 armi per abbattere l'Ulivo". "Gli italiani", spiega, "hanno trenta armi per abbattere l'Ulivo. Si tratta dei trenta referendum i diciotto proposti da Pannella e i dodici "federalisti" promossi dalle Regioni, che potrebbero cambiare il volto dell'Italia. Non occorre votarli tutti, ma basterebbe che ne passasse qualcuno per dare un forte scrollone al regime che il centrosinistra sta instaurando". La cambiale referendaria può mettersi di traverso a tutto quanto si cerca faticosamente di definire sul piano politico. Massimo D'Alema e fortemente impegnato a varare la Commissione bicamerale che dovrebbe cambiare forma di Stato e forma di g

overno, rendendo meno precario il sistema bipolare. Berlusconi è molto tentato dal seguirlo su questa strada, ma è ostacolato da Gianfranco Fili, che teme di essere marginalizzato da un "inciucio" tra il segretario del Pds e il leader di Forza Italia. La celebrazione dei referendum elettorali potrebbe render vano ogni sforzo, con buona pace di quelle vestali del maggioritario che hanno sempre sostenuto che chi vince deve governare per cinque anni. Pannella ha già scritto: "Anche se nessuno ne parla, in caso di vittoria dei "si" Scalfaro dovrà sciogliere le Camere e indire le elezioni entro l'autunno". Il governo di Romano Prodi e il suo superministro per l'economia Carlo Azeglio Ciampi fanno i salti mortali nel cercare di far quadrare i conti per non mancare l'appuntamento con l'Europa e rischiano di vedersi sottrarre l'unica tassa certa, la ritenuta sulla busta paga, in un paese dove l'evasione fiscale e il doppio del deficit statale. L'iniziativa di Pannella è a largo spettro, con un ventaglio così ampio d

i referendum si rivolge in più direzioni. E' diretta a chi è convinto che sia colpa della quota proporzionale la moltiplicazione dei partiti, piuttosto che del turno unico in un sistema che tende ad essere bipolare ma rimane, per accidente della storia, pluripartito (in realtà la quota proporzionale da sola non avrebbe fatto nascere più di sei gruppi parlamentari). Si rivolge anche a chi avversa l'Ulivo e vede nei referendum un'occasione di rivincita. Fa proseliti su chi, su un versante o sull'altro, teme il pericolo dell'inciucio. Cerca alleati a sinistra, tra coloro che sono convinti che le droghe leggere debbano essere depenalizzate. E' la sua forza. Ma può anche risultare la sua debolezza. Chi trova in un referendum molte ragioni per sostenerlo, ne trova altrettante per avversarne altri. Alla fine quelli disposti a sostenere fino in fondo l'iniziativa pannelliana risultano ben pochi. Questo spiega la riluttanza delle forze politiche a pronunciarsi. Preferiscono aspettare che si pronunci la Corte e decide

re dopo, a seconda di quali saranno i quesiti ammessi. Si pronunciano invece i costituzionalisti. Trenta referendum tutti insieme sono decisamente troppi, e l'opinione unanime. Ma c'è anche chi va al di la di questa constatazione ovvia. "Un numero indefinito di referendum", scrive Andrea Manzella, "può costituire un indebito programma legislativo non parlamentare". Gli fa eco l'ex presidente della Corte costituzionale Ettore Gallo: "Il referendum dev'essere uno strumento eccezionale, e solo abrogativo, non un metodo di ordinaria legislazione che confisca i poteri del Parlamento". Nell'incertezza delle forze politiche maggiori, alcune di quelle minori hanno già maturato un orientamento. "I1 manifesto" ha scritto: "L'operazione politica va rigettata in toto, forse puntando che a giugno non si raggiunga il quorum del 50 più l dell'elettorato". Mauro Paissan, capogruppo dei deputati Verdi, ha dichiarato: "Di fronte all'abuso dei trenta referendum rimane una sola cosa da fare: farli fallire con l'astensione dal v

oto". E' la stessa scelta fatta da Bettino Craxi nel 1989, di fronte al referendum sull'abolizione della preferenza multipla, ma gli andò male.

 
Argomenti correlati:
stampa questo documento invia questa pagina per mail