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Segreteria Rinascimento - 16 gennaio 1997
Da "Il Giornale" del 16 gennaio 1997

RIFORME, UN ENIGMA ANCHE PER I PARTITI

Di Iuri Maria Prado

Se c'è un dibattito politico che non solo non interessa i cittadini, ma rispetto a

questi è completamente scollato, è il dibattito sulle riforme istituzionali. La

classe politica ne discute da anni, ci si accapiglia; sui giornali se ne parla, se

ne parla, se ne parla mentre i lettori e gli elettori non capiscono di che si parla.

Come mai? Forse perché si tratta di cose difficili? No, non è cosi. I giornali parlano molto, moltissimo, di riforme istituzionali, riportando e commentando l'ultima iniziativa, l'ultima dichiarazione, l'ultimo avvicinamento, l'ultima divisione, solo perché le parti politiche, in realtà, non hanno un'idea su quali riforme proporre e tentare di attuare. Sfido il novantanove per cento dei lettori e io mi includo nella massa, naturalmente a saper indicare quali riforme vuole Forza Italia, quali An, quali il Pds, quali i cattolici di destra e sinistra, eccetera. Non sappiamo rispondere, e non sappiamo farlo perché né Forza Italia, né An, né il Pds, né i cattolici di destra e sinistra (e limito l'elenco solo per ragioni di spazio) ce lo dicono chiaramente, e non lo fanno perché la loro politica non è fatta di idee e di obiettivi politici, ma di armeggi. Ed è questo davvero il punto fondamentale. Come è possibile che su cose importanti, decisive come le riforme delle istituzioni un partito politico, qualunque pa

rtito politico, non abbia un'idea precisa, chiara, per la quale è disposto a impegnarsi nei confronti degli elettori, combattere in Parlamento senza lasciarsi andare a ondeggiamenti transattivi? Se è vero che l'idea di Stato (fatto così o cosa, con questa o quest'altra distribuzione dei poteri, con questo o quest'altro sistema di rappresentazione del corpo elettorale, eccetera) è il cardine dell'ambizione politica, il perno attorno cui ruotano il significato, gli scopi dell'impegno in politica; se è vero insomma che la cosa più importante è per i cittadini e per chi li vuole rappresentare e governare nello Stato è proprio la forma dello Stato, com'è dunque possibile, per un politico, non avere e non saper presentare idee sicure convinte, in linea di principio indisponibili alla transazione? Si tratta di cose importanti. Ma le cose importanti sono semplici. Forse non è semplice riformare lo Stato, d'accordo. Ma sarebbe semplice, per questo o quel partito, dire: "Noi lo vogliamo così. Noi proporremo di farlo

così. Noi lavoreremo per farlo così.

"Faremo di tutto per riuscirci, perché questa è la nostra idea, quello è lo Stato che vogliamo, in cui vogliamo vivere, in cui crediamo, che vogliamo darvi, se voi, cittadini, sarete d'accordo. Non ci riusciremo? Non importa. Quella è la nostra idea, quella la nostra convinzione. Non vogliamo governare "uno" Stato, ma "lo" Stato come noi lo intendiamo". Bene, forse io non sono abbastanza informato (anche se qualche giornale mi capita di leggerlo), forse non mi intendo a sufficienza di questioni costituzionali (diciamo che sto nella media?), eppure nei discorsi e nelle prese di posizione degli uomini politici io non ritrovo quell'impostazione, quelle idee, il proposito di non abbandonarle già prima che esse siano state spiegate, già prima che per esse si sia lavorato, combattuto. Dicano ciò che vogliono quelli di destra, di sinistra e di centro, ma la forza di credere che essi abbiano idee, e capacita e desiderio e passione di difenderle e indurci a condividerle, be' quella è una forza che non Sono riusciti a

darci.

 
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