Radicali.it - sito ufficiale di Radicali Italiani
Notizie Radicali, il giornale telematico di Radicali Italiani
cerca [dal 1999]


i testi dal 1955 al 1998

  RSS
ven 25 apr. 2025
[ cerca in archivio ] ARCHIVIO STORICO RADICALE
Notizie lista Pannella
Segreteria Rinascimento - 16 gennaio 1997
Da "L'Opinione" del 16 gennaio 1997

GIORNALISTI: LA LUNGA ATTESA DELL'ORDINE

Aspettando la sentenza dei giudici della Consulta nessuna notizia certa ma solo indiscrezioni: e già si parla di abolizione della legge del '63

Ancora riuniti i giudici della Consulta. Da sette giorni, in gran segreto, la Corte Costituzionale è in camera di consiglio per decidere riguardo all'ammissibilità o meno dei diciotto referendum proposti dai riformatori di Marco Pannella e dei dodici presentati da varie regioni italiane. Nessuna notizia certa ovviamente sulle future decisioni. Solo voci. Voci che circolano negli ambienti politici e che raccontano di giudici favorevoli a quattro, cinque, sei quesiti al massimo. Attesi dei sì allora per la richiesta di abolizione della quota proporzionale per l'elezione alla Camera e al Senato, e per quelle relative alla caccia, alla golden share, al ministero dell'agricoltura e all'ordine dei giornalisti. Già, l'ordine dei giornalisti. Probabilmente i cittadini chiamati alle urne per la primavera che verrà (seggi aperti in un fine settimana da scegliere fra il 31 aprile e 31 giugno), saranno ben felici di rifarsi su una categoria che odiano quanto quella dei magistrati. Ma solamente sabalto o domenica seguend

o il calendario fissato dal presidente della Corte Renato Granata si saprà con sicurezza. La sentenza sarà resa pubblica. E, da quel momento, fine delle speranze. Le speranze che, ancora oggi, fanno lottare. Lotta Mario Petrina, presidente dell'Ordine Nazionale, lotta Bruno Tucci del Consiglio interregionale di Lazio e Molise lottano Paolo Serventi Longhi e Lorenzo Del Boca, segretario e presidente della Federazione Nazionale della Stampa. Lotta anche, con gran vivacità, Franco Abruzzo che dell'Ordine della Lombardia è il presidente. Tutti insieme anche se con differenti modalità, per ribadire un unico concetto: l'ordine non si tocca. Certo è il pensiero comune: quella legge del febbraio 1963 catalogata con il numero 69 non va più bene, nacque già vecchia e creò non poche confusioni ma l'abolizione no! Chi, poi, potrà tutelare e garantire una categoria che ha l'onere e l'onore di informare. E chi ancora e soprattutto difenderà i cittadinilettori da chi volesse improvvisarsi narratore di notizie. Queste ed

altre le motivazioni che spingono i rappresentanti di Ordine e sindacato a combattere per la stessa battaglia. Eppure, sebbene lo scopo sia identico, le modalità sono differenti. Molteplici contrasti fra la riforma della legge presentata dall'Ordine e quella preparata dalla Fnsi. Non solo: all'interno delle stesse organizzazioni si manifestano discrepanze al momento insanabili. Così mentre si rinvia l'appuntamento per la data di approvazione della proposta di riforma studiata da Augusto Barbera per l'Ordine nazionale, Abruzzo lancia un ultimo appello. "Ho difeso la categoria dei giornalisti, la veste giuridica della professione" dice, "continuo a farlo per far capire che un sì a questa proposta di referendum sarebbe un attentato alla libertà di cronaca". Ricordando, inoltre, come ben 290 leggi gravitino intorno a quella sull'ordinamento della professione giornalistica. "Che succederà allora?" si domanda e domanda Abruzzo. "Di sicuro io mi sentirò dimezzato e tutti noi non saremo altro che impiegati del gio

rnale per cui si lavora. E ancora I'lnpgi che farà? E il contratto siglato da sindacato ed editori che valore avrà? L'articolo 1, l'articolo 5, l'articolo 35; fanno tutti riferimento a quella legge del '63". Comunque una consapevolezza comune: "siamo tutti arrivati in ritardo". Lo conferma anche Lorenzo Del Boca rimproverando i ritardi della categoria ma anche quelli del Parlamento: "Ci sono una marea li giornalisti fra i politici, avrebbero potuto fra qualcosa loro". Poi il presidente della Fnsi, torna alle indiscrezioni di questi giorni alle voci che aleggiano sulla prossima decisione della Consulta. "Si dice addirittura che dei trenta referendum solo uno sarà accolto dai giudici: proprio quello che riguarda la categoria". A dimostrazione dell'ostilità che c'è ne confronti dei giornalisti. "Ostililà" precisa Del Boca, "che ha preso corpo da quando Mani Pulite non ha più avuto bisogno di noi. Opportuno ricordare il referendum sui magistrati che ora, per recuperare credibilità, si sono scagliati contro di no

i. E per cavalcare l'onda che avevano imboccato fortunosamente perché non tutto può essere un disegno con Tangentopoli, ora vogliono metterci a tacere". Così se ai tempi del pool si doveva dar voce ad ogni flatus di magistrato oggi, su La Spezia, Necci e Pacini, sarebbe gradito il silenzio. Stampa ovviamente. che Ferdinando Zucconi Galli Fonseca alla cerimonia di apertura dell'anno giudiziario, coglie l'occasione per richiedere al mondo dell'informazionc l'oblio. Dunque quale migliore occasione per rivalersi su chi piaccia o non piaccia rapprcscnta un potere? "Eppure siamo noi i primi a voler cambiare" ammtt Del Boca, "ma non a veder restringersi ancor di più le nostre libertà". E benché tutti o quasi concordino con Marco Pannella sull'utilità di aver proposto il quesito ("immaginando" come dice ancora il preidente della Federazione, "che il leader dei riformatori sogni per il nostro Paese un'informazione anglosassone per cui libera e non solo di far scrivere chiunque ma, soprattutto di scrivere la veri

tà" o, come aggiunge Mario Petrina "per aver finalmnte dato uno scossone ad una categoria comunque consapevole di esser governata da una legge vecchia i perciò desiderosa di cambiarla") quasi nessuno è felice del futuro ormai quasi scontato esito. A questo punto appare quasi vano ogni tentativo di recupero. Eppure, ne sono stati fatti. Molti. Affidate ai legali le ragioni difensive, a loro, agli avvocati le spiegazioni tecniche e legali. Ai giudici della Consulta il compito di verificare, al presidente quello di concedere la parola. Roberto Granata ha così ascoltato Giuseppe Minicri, Maric Bertolissi e Antonio Pandiscia "La legge n. 69 del 1963" hanno detto, "è a contenuto costituzionalmente vincolalo, ed è necessaria in quanto garantisce il diritto di informazione e di critica dei giornalisti" ricordando che proprio la Corte Costituzionale, con la sentenza n.11/1968 precisò che la legge istitutiva dell'Ordine disciplina l'esercizio professionale giornalistico e non uso del giornale come mezzo di manifestaz

ione del pensiero, sicché, esso non tocca il diritto di manifestare il pensiero che l'art. 21 della Costituzione riconosce a tutti". Ma era il Sessantotto. I rapporti ben diversi. Non si era ancora consumato quel connubio fatale fra giornalismo e magistratura giacché i cronisti di giudiziaria, allora, erano condannati ad un lavoro di routine che riguardava unicamente delitti comuni più o meno torbidi: solamente quando la fortuna li baciava capitava loro di divenire narratori di intrighi e romanzoni d'appendice che appassionavano il grande pubblico. E Di Pietro era ancora a venire. Mani Pulite tutta da inventare. Tant'è. Diverso il presente. Presente che riporta referendum. Alla Cortc Costituzionale ad altri avvocati Giuseppe Morbidelli e Vincenzo ZenoZencovich che, difendendo la posizione dei riformatori, riportano all'articolo 45 della legge "che prevede che nessuno può assumere il titolo né esercitare la professione di giornalista se non iscritto nell'albo professionale, sanzionandosi le trasgressioni

a tale divieto in sede penale. Tale disciplina, così sommariamente riassunta, dà vita ad una situazione se non anomala, quantomeno peculiare, perché l'Italia è l'unico Paese dell'Unione Europea, e probabilmente fra i pochissimi al mondo, ad avere un ordine dei giornalisti a cui deve necessariamente iscriversi chi voglia esercitare tale professione". Rispondono, a queste argomentazioni, quelli che vogliono difendere l'esistente, perpetuando l'attuale appena di un poco ritoccato. "Ma se proprio io", tuona a gran voce Franco Abruzzo, "ho preparato l'unica proposta trasformata in disegno di legge. E' pronta dal 22 luglio del 1996". Tardi. Troppo tardi. Perché è vero come aggiunge Abruzzo che se ci sarà l'assenso della Consulta, da quell'istante, quel preciso istante, non sarà più possibile apportare nessuna modifica alla legge né, tantomeno, articolare una nuova legge che prenda ancora in considerazione l'esistenza di un Ordine". Ma ogni riforma progettata ripropone inevitabilmente la nascita di un organismo d

i rappresentanza professionale; ogni nuovo progetto sancisce le regole dell'accesso, trasformando, ma mai cambiando radicalmente. Così, quella che oggi è chiamata "prova l'idoneità professionale", domani si trasformerà in "esame di Stato". Esclusiva, reale innovazione ovunque acclamata la necessità, per chi vorrà fare questo mestiere di possedere una laurea. Possibilmente in giornalismo. "Questa la nostra volontà" dichiara Paolo Serventi Longhi, "e noi siamo i primi a renderci conto di quanto sia indispensabile una nuova regolamentazione, ma da qui a cancellare tutto ce ne corre". "Senza dimenticare", precisa Abruzzo, "che non è certo l'Ordine ad ostacolare la libertà dei miei concittadini lettori semmai e il sistema editoriale che impedisce una più libera informazione". "E senza l'Ordine" conclude Del Boca, quella che già oggi è una stampa poco libera e di velina si trasformerà, inevitabilmente, in una stampa ancor più imbavagliata, ancora più inutile e totalmente di velina". Sia come sia, manca poco al v

erdetto. E se i giudici pronunceranno un "si" a tutti i giornalisti verrà chiesto di impegnarsi per difendere la categoria. "E' quello che faremo conferma Del Boca. "E stavolta tutti insieme'' assicura Petrina.

Nel frattempo, per ingannare l'attesa fino a domenica prossima, potrebbe rendersi utile la rilettura di alcune righe scritte da Luigi Einaudi. ''Null'altro che uno strumento ozioso per impedire agli avversari, agli antipatici, ai giovani, agli sconosciuti, l'espressione libera del pensiero; null'altro che un mezzo per ripetere, forse inconsapevolmente, l'eterno tentativo di limitare il numero degli iscritti alla professione, nell'ingenua persuasione che ciò valga a dar più lavoro agli arrivati, idea falsa sempre in ogni campo falsissima nella stampa quotidiana ,dove l'idea crea i lettori dove i lettori non sono una quantità fissa, ma variabilissima, che cresce o scema a seconda di chi parla ai lettori e sa parlare chi inventa la parola nuova, sia egli o no iscritto all'albo". Questo cinquant'anni fa. Strano, sembra oggi.

 
Argomenti correlati:
stampa questo documento invia questa pagina per mail