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Partito Radicale Rinascimento - 15 marzo 1997
TROPPI REFERENDUM

di Paola Ajassa

(Cronache e Opinioni, marzo 1997)

Nell'ambito delle riforme costituzionali, il cui cammino parlamentare ha appena preso l'avvio con la istituzione della Commissione Bicamerale, la riforma del "referendum" si presenta come urgente e necessaria. Urgente e necessaria soprattutto a causa della trasformazione dell'istituto, avvenuta dopo gli anni '70. E' del 1970, infatti, la regolamentazione, con la legge ordinaria, del precetto costituzionale, secondo il quale si sarebbero dovuti adottare solamente referendum 'abrogativi', tendenti ad eliminare uno o più articoli di una legge, non referendum "propositivi", cioè quelli tendenti ad introdurre nuove norme. Cosa è invece accaduto dal '74 in poi? Oltre all'abuso dello strumento referendario (i referendum si sono a mano a mano infittiti) si è proceduto alla sua trasformazione come giustamente rileva il costituzionalista Cheli da "abrogativo" a "manipolativo" e, attraverso la manipolazione della norma da "manipolativo" in "propositivo".

Ora, se il referendum deve essere "propositivo", per introdurlo, bisogna modificare la Costituzione, perché si tratta di cambiare la natura dell'istituto, che all'origine, era stato previsto come un correttivo piuttosto eccezionale della democrazia rappresentativa, attraverso uno strumento di democrazia diretta da promuoversi solo quando la maggioranza parlamentare si fosse posta in rotta di collisione con il corpo elettorale. Ma in attesa delle proposte della Bicamerale, dalle quali auspicabilmente discenda l'impossibilità delle alluvioni referendarie, l'impossibilità soprattutto come ha detto l'onorevole Mattarella di chiamare i cittadini a rispondere ai quesiti più disparati, quesiti di abrogazione a ritaglio, una riga si e una no, che vanificano la struttura e la coerenza delle leggi vale la pena soffermarsi sui quesiti sui quali il corpo elettorale sarà chiamato a pronunciarsi in questa primavera, precisamente in una domenica compresa fra il 20 aprile e il 15 giugno.

Dei 30 referendum sottoposti all'esame della Corte costituzionale, quasi il doppio rispetto a quelli del '95, 11 sono stati ammessi. Dei referendum proposti dalle regioni: quello con cui si chiede l'abolizione del controllo dello Stato sugli atti amministrativi delle regioni, quello con cui si chiede un ridimensionamento delle responsabilità dei segretari comunali, quello che mira ad abrogare il controlli di legittimità del Coreco sugli atti amministrativi dei comuni, quello che chiede l'abolizione del Ministero delle risorse agricole, quello che chiede sia consentito a regioni ed enti locali di assumere personale attraverso concorsi regionali. Sono stati respinti quelli riguardanti l'abolizione dei Ministeri della Sanità, Industria e Turismo, quello sull'attuazione diretta delle direttive UE da parte delle regioni, quello sui rapporti diretti regioni stati esteri, quello che abolisce la funzione dello Stato di indirizzo e di coordinamento, quello che vuole abrogare le direttive statali sugli atti delegati

alle regioni.

Dei referendum proposti dai riformatori sono stati ammessi: quello che chiede l'abolizione dell'avanzamento dei magistrati per anzianità, quello che richiede l'abolizione dell'Ordine dei giornalisti, quello che chiede la cancellazione delle 'golden share', che permettono allo Stato di mantenere forme di controllo sulle aziende privatizzate, quello che vieta gli incarichi extra giudiziali dei magistrati, quello che mira a proibire ai cacciatori di entrare nei fondi agricoli, quello che per una maggiore liberalizzazione dell'obiezione di coscienza.

Sono stati respinti: quello che voleva modificare la elezione del CSM, quello che voleva togliere il prelievo fiscale in busta paga, quelli sulla smilitarizzazione della Guardia di Finanza, sulla responsabilità civile dei magistrati, sulla liberalizzazione delle droghe leggere, sulla abolizione dei tre maestri nella scuola elementare, sulla scelta tra servizio sanitario nazionale e assicurazioni private, quello sulla modifica in senso ancor più permissivo della legge sull'aborto, infine quelli sull'abolizione della quota proporzionale per l'elezione della Camera e del Senato.

In particolare, a proposito dei referendum elettorali, la Corte è stata accusata di emettere giudizi politici, mentre essa ha seguito, anche in questo caso come testimonia l'ex Presidente della stessa Corte senatore Elia una sua giurisprudenza decennale, dalla sentenza di Casavola dell'87 alle bocciature del '95, a quelle attuali.

Il giudizio della Corte non S sulle scelte politiche che sottendono ai quesiti, ma sulla presenza di motivi per i quali i quesiti non possano essere ammessi.

Comunque non tutti i referendum ammessi debbano andare necessariamente al giudizio del corpo elettorale. Gli ottimisti prevedono che ce ne andranno solo quattro; l'esperienza passato consiglia una maggiore prudenza. Se un effetto positivo sembra avere la presentazione di referendum è infatti quella di sollecitare il Parlamento a legiferare. E' anche vero, però come osserva il prof. Paladin che "le ricorrenti abrogazioni referendarie concorrono ad intasare il Parlamento, data l'esigenza di riempire i vuoti così generati; sicché la crisi del potere legislativo rappresenta nel medesimo tempo una concausa ed una conseguenza dei referendum".

Tra i referendum che potrebbero essere evitati ci sono certamente quelli le cui norme di salvataggio sono già inserite in disegni in discussione o di prossima presentazione: si tratta dei referendum sui segretari comunali, sul controllo degli atti delle regioni, sui concorsi regionali, sui controlli del Coreco, sugli incarichi extragiudiziali dei giudici amministrativi. Per abolire gli automatismi di carriera dei magistrati, c'è un disegno di legge Flick che propone le promozioni soli per merito. Ci potrebbe essere la possibilità di evitare il referendum sull'abolizione dell'Ordine dei giornalisti, che tanto ha allarmato la categoria peri i riflessi sul contratto, sulla prevenzione e sulla assistenza sanitaria, ma che dovrebbe preoccupare anche l'opinione pubblica, perché una sua eventuale approvazione potrebbe portare una maggiore anarchia dell'informazione. Molte proposte di legge di riforma dell'Ordine sono depositate da tempo.

Si riuscirà ad approvarle? Anche per la riforma dell'obiezione di coscienza, una fase di discussione è già stata superata al Senato. Spetta tuttavia alle forze politiche, in ultima analisi, giudicare se valga la pena impegnare il Parlamento per soluzioni legislative oppure se sia meglio andare, o non andare a votare, per far mancare il "quorum".

 
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