Radicali.it - sito ufficiale di Radicali Italiani
Notizie Radicali, il giornale telematico di Radicali Italiani
cerca [dal 1999]


i testi dal 1955 al 1998

  RSS
gio 15 mag. 2025
[ cerca in archivio ] ARCHIVIO STORICO RADICALE
Notizie lista Pannella
Partito Radicale Rinascimento - 11 aprile 1997
Da "La Repubblica" dell'11 aprile 1997 - pag.1

GELO TRA D'ALEMA E PRODI

PASSA LA FIDUCIA. PDS E DINI: "TROPPO DEBOLE CON BERTINOTTI".

IL PREMIER: "MA IO RIFORMERO' LO STATO SOCIALE"

Di Concita De Gregorio

ROMA - Gelo fra Massimo D'Alema e Romano Prodi. Il discorso del presidente del Consiglio al Senato non è piaciuto al leader del Pds e al ministro degli Esteri Lamberto Dini. Entrambi accusano Prodi di avere pronunciato un intervento troppo debole verso Fausto Bertinotti e le sue posizioni sull'Albania. Il presidente del Consiglio replica che il taglio del suo discorso è una scelta che punta alla necessaria riforma dello Stato sociale. Una posizione che soddisfa Rifondazione comunista, che vota la fiducia al governo assieme al resto della maggioranza. Dal Polo un mare di critiche e l'accusa di avere assistito a "una sceneggiata". Fiducia a denti stretti, fiducia ringhiosa, fiducia che se le parole della vita avessero un senso in politica, non si potrebbe chiamare cosi: l'hanno votata tutti ma di Prodi, nella sua maggioranza, si direbbe che non si fidi nessuno. Di certo non D'Alema, che ieri è stato a un passo dalla rottura con Rifondazione ("Il Pds vuol far cadere il governo", avvisava Diliberto, Prc) proprio

mentre Prodi chiedeva i voti dei comunisti. Non Marini: serve "una verifica seria", mica questa messa in scena. Non Dini: la fiducia avuta da Prodi al Senato è "tecnica", a tempo. Non si fidano, e questo è già più logico, le opposizioni che tuttavia solo ventiquattr'ore prima avevano dato i loro voti al governo per la missione in Albania. Ora gridano che il modo in cui Prodi ha chiesto la fiducia è "un insulto anche per l'Ulivo" (Fini), un "capolavoro di ambiguita" (Buttiglione), "una pochade, più che una sceneggiata, con Bertinotti amante infedele che cacciato dalla finestra rientra dalla porta" (Berlusconi). Prodi, a queste voci sordo, va al Senato e dice che "non c'è un altro governo che possa portare il Paese in Europa", lo sappiano D 'Alema e Marini, né governi di minoranza, né larghe intese, nulla. E se qualcuno, come fa Del Turco, lo accusa di arroganza, "perché nemmeno De Gasperi poteva permettersi di dire: o me o nessun altro" lui risponde, a sera: "Non è 1'unico governo perché sia presieduto da me

, ma perché una crisi oggi rovinerebbe il Paese". E se poi qualcuno già pensa a sostituirlo con Napolitano, come si sente dire, o con Ciampi, bene - risponde - "se c'è qualcun altro si faccia avanti". E' un Prodi piuttosto tranquillo quello che si presenta a mezzogiorno al Senato per rimettere in piedi un governo che solo il giorno prima sembrava al patibolo. Ha preparato un discorso di venti cartele che di certo piacerà a Rifondazione, perché come aveva chiesto Cossutta non ci sono vincoli precisi su punti concreti, ma un elenco di cose fatte e da fare, un riassunto del programma dell'Ulivo. Quello che manca - dal punto di vista di D'Alema e Marini - è un accenno critico al no di Rifondazione sull'Albania: non la cità nemmeno, Rifondazione, nel discorso. Quello che c'è ' un attacco duro ed esplicito al Polo, un attacco del tutto incurante del voto congiunto del giorno prima: "Non tema, Fini, io penso prima di parlare", o anche "ho sentito buttafuori della politica accusarmi di non avere dignità". Una pietr

a tombale, agli occhi di Pds e Ppi, sulla possibilità di cercare ancora, magari stabilmente, larghe intese. Prodi parla, ripete il programma dell'Ulivo, elenca le cose fatte e da fare, "abbiamo superato i tre quarti degli ostacoli", ora ci occuperemo di lavoro e mezzogiorno, di scuola e di ambiente. Cita le pensioni senza nominarle, per dire che "si devono rivedere regole messe a punto in un altro contesto storico, perché la tutela degli anziani non si trasformi in un ostacolo ai diritti dei giovani. Il governo definirà le linee di riforma della spesa sociale e formulerà le conclusioni del ddl collegato alla Finanziaria 98". Chiede la fiducia. Rifondazione non applaude, il centrodestra fischia e urla: bravo, bis. Uscendo dall'aula la maggioranza ironizza. Carla Rocchi, verde: "Brillante, come sempre". Libero Gualtieri, Sd: "Discorso, c'è stato un discorso?". Poi Ersilia Salvato, comunista: "Buono. Forse non è tanto piaciuto a popolari e Pds". E difatti Salvi, presidente Pds, esce dall'aula furibondo: "La mag

gioranza coesa e solidale evocata da Prodi purtroppo non esiste. Una crisi non servirebbe, ma la verifica deve cominciare subito". Salta il vertice dei capigruppo di maggioranza che doveva stilare il testo della mozione di fiducia: Salvi non ci va, perché non partecipa a riunioni in cui ci sia anche Rifondazione. Si sparge la voce che un ufficio politico del gruppo Pds abbia vietato incontri congiunti con Rifondazione. Salvi smentisce, i comunisti prendono atto con sollievo. Di incontri, comunque, non ce ne sarà neanche uno. C 'è invece una nota dei senatori Pds (ufficio politico) "sorpresi" per il discorso

Senato, alle sette di sera, e concede: in effetti l'atteggiamento di Rifondazione sull'Albania è stato "incomprensibile". Tanto, a questo punto, il voto di fiducia è sicuro: 162 sì, 81 no, 1 astenuto. Sono le dieci di sera. In aula, per il governo è rimasto solo il sottosegretario Carpi, comunista unitario. Sconcertato, Mancino: "Visto il clima di novità, prego il sottosegretario Carpi, unico presente, di comunicare a palazzo Chigi l'esito del voto". Oggi si replica alla Camera, dalle 9.30.

 
Argomenti correlati:
stampa questo documento invia questa pagina per mail