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Partito Radicale Rinascimento - 11 aprile 1997
Da "La Repubblica" dell'11 aprile 1997 - pag. 1 2

IL ROMANO FURIOSO

AGGRAPPATO ALL'EUROPA: "LA CRISI VI COSTA TROPPO"

Il premier naviga come un titanic, ma non ha incontrato il suo iceberg: "Io ho fatto una cosa seria, ho messo i paletti economici, se poi la tensione tra Rifondazione e Pds il peggio è passato, ho l'appoggio della maggioranza".

di Mino Fuccillo

Resta in piedi contro le leggi della politica, rimbalza diritto quando è già a terra, fa insieme il pieno di critiche e di voti parlamentari che tengono in vita il suo governo. Può durare tre o sei mesi o chi mai lo sa, perché ieri ha toccato il suo punto più basso, però la somma di tutti quelli che non lo vogliono più non fa ancora una crisi intera. Ma cosa ha in testa quest'uomo Romano Prodi? A mezzogiorno si presenta al Senato: provoca l'opposizione che 24 ore prima gli aveva dato i voti per non naufragare, strapazza gli industriali, delude e innervosisce il Pds. Imbarazza perfino Rifondazione che qualcosa si aspettava di dover pagare per averlo politicamente preso a schiaffi fino alla sera prima. Ai più appare tanto furente quanto vuoto. Sette ore dopo torna sul luogo del misfatto politico e diventa gelido, perfino preciso. Avverte tutti: "la crisi non la potete fare perché vi costa troppo". Finalmente dice fuori dai denti: "la spesa sociale si taglia con effetto dal primo gennaio 1998". E chi lo ascolta

non sa se ha di fronte una salamandra che passa indenne nel f uoco o un sacco da pugni che si crede un campione. In testa ha un calcolo il presidente del Consiglio, in parte nobile e in parte opportunista. E 'composto dalle cifre di quel che ha fatto: tre parametri europei rispettati, il quarto a portata di mano, l'avanzo primario al 6,7 percento, la spesa per interessi ridotta, centomila miliardi trovati per il risanamento senza far scoppiare la rivoluzione. E' questa la parte nobile. Poi c'è quella che sta diventando avventura politica: "Il mio è il solo governo che può portare in Europa". Dice che nessuno può permettersi di toccarlo almeno fino all'estate. Pensa di potersi prendere ieri il dissenso e oggi la fiducia di Rifondazione. Ieri il sostegno e oggi il dileggio e la rabbia del Polo. Di poter dispiacere al Pds, sfidare 1'aritmetica parlamentare, fare strage della politica. Tanto, questa è incartata e impotente. "Io oggi ho fatto una cosa seria, ho messo i paletti economici, se poi la tensione tra

Rifondazione e Pds...Comunque è passato, ho in tasca l'appoggio della maggioranza". Ma cosa ha davvero in tasca Romano Prodi? Quasi nulla, oltre quel suo calcolo. Un'opposizione furibonda saluta il suo primo discorso al Senato chiedendo il "bis" . E lui con l'opposizione ci litiga volentieri in aula, dà a Fini di poco meno dello scemo, agisce come se tutta la vicenda albanese non ci fosse stata. Fa come sempre, all'opposizione non ha mai riservato attenzione. Fa più di sempre, attacca come avesse alle spalle una maggioranza che non ha. L'opposizione politica ribolle e non senza ragione. E cresce e mobilita l'opposizione sociale. Ma Prodi non si dà cura di rassicurare gli industriali, dice loro che i loro conti del dare e avere sono ingiusti e truccati. E scema e declina la forza contrattuale del governo, quale concertazione sarà mai possibile se le parti sociali hanno il dubbio o addirittura certezza che il governo non dura? Cossiga lo sbeffeggia in pubblico, Bertinotti gli dà una mano per la discesa: "Va

bene Prodi, tanto ha detto che la riforma dello Stato sociale è una ricerca aperta". Non ha niente in tasca, neanche più l'umore e il volere del Pds. Nella stanza di Cesare Salvi un D'Alema che, molto più che al governo, si affida alla Bicamerale: "Di cosa vi meravigliate? Dicevano che Rifondazione fosse un problema del Pds e invece è del governo. Non esiste in questo paese oggi la possibilità di un'alternanza perfetta. L'unica è tenere in piedi quel filo con l'opposizione e voi lo chiamate impropriamente inciucio". Già, la Bicamerale. Termina i suoi lavori il 30 giugno e fino a quella data il Pds terremoti non né vuole. Però oggi non ne può più di Rifondazione e resta allibito di fronte a Prodi. Mai visto il maggior partito che sostiene il governo dichiarare che la fiducia in arrivo non significa nulla, che la maggioranza non c'è e non spendere nemmeno un aggettivo di piccola lode per il presidente del Consiglio. "Però dobbiamo provare a ripartire" dice Salvi. Infatti il Pds non può fare altro, anche nel

giorno in cui diventa evidente il contrasto e l'insofferenza reciproca tra il partito e Palazzo Chigi. Nulla in tasca e sembra quasi che Prodi ci goda. Chiama "buttafuori della politica" quelli di An, difende le tasse imposte alle imprese, rivendica "la dignità dell'essere impopolari e parafulmine". Si dimentica dell'Albania e chiede a Bertinotti un giuramento facile facile: "Chi dà oggi la fiducia deve condividere il progetto. Gli ho mandato un messaggio chiaro". Bertinotti non ha difficoltà, visto che del progetto nel discorso mattutino c'è scarsa traccia. A sera esce dalle labbra di Prodi la formula, la frase: "Spesa che dovrà subire una riduzione e un ribilanciamento" e già

Rifondazione non applaude più. Allora come fa Prodi a dire che "non governerà un giorno di più" senza un orizzonte di legislatura, un accordo preciso, una maggioranza sicura? Due parole dette, e Rifondazione s'incupisce, due parole non scritte e il Pds si sente preso in giro. La verifica a chiacchiere è già un tormento, quando verrà quella delle cifre dovrebbe essere un disastro. Ma Prodi a questo non guarda, ci cammina sopra. Incassa i voti del Polo e dodici ore dopo sbatte loro la porta in faccia senza dire neanche grazie. Incassa la Fiducia di Rifondazione e sei ore dopo si ricorda che è stata "irresponsabile e incomprensibile sull'Albania". Promette a Dini e Veltroni parole dure e frasi secche che non pronuncerà, chiede ieri a D 'Alema di convincere Berlusconi e Fini e poi a tutti e tre, anche a D'Alema, ricorda: non mi potete sostituire, vi costa troppo, il prezzo è l 'Europa. Tre giorni, altri due ne verranno. Decine di ore di dibattito parlamentare. Ad ogni puntata Prodi appare più debole e più solo.

Eppure qualcosa lo tiene al riparo. Elezioni anticipate non si possono fare, il prezzo è infatti per tutti l'Europa. Scalfaro non vuole, Berlusconi nemmeno, D'Alema non può. Dunque, niente crisi che porti alle urne. Il cambio di maggioranza o il patto con l'opposizione che offrono Casini, Berlusconi e forse anche Fini, D 'Alema non può accettarlo fino a che non è sicuro che la Bicamerale avrà prodotto riforme e nuova legge elettorale. Altrimenti sarebbe patto infido, visti i contraenti. E patto suicida: prime vittime la sinistra, il bipolarismo e l'Ulivo. Per un altro governo, un po' tecnico e un po' di patto nazionale, per un governo d'emergenza manca appunto l'emergenza: la crisi aperta da Rifondazione. E allora Prodi ha tre mesi di tempo sicuro. Per moltiplicarli si abbraccia all 'Europa e di questa si fa scudo, del resto sembra quasi infischiarsene. Naviga come il Titanic e assorbe come una spugna, dovrebbe aver già trovato il suo iceberg ma non affonda. I passeggeri infatti non sanno, non possono e non

vogliono scendere almeno fino a giugno. E il capitano della nave lo sa, se resta in plancia, lo grida al microfono e spera pure nel miracolo.

 
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