MA IO DICO: ROMITI NON E'COLPEVOLE
di MARCELLO PERA
Tutti intenti a seguire le vicende dell'Albania, della crisi del governo Prodi, di D'Alema don Abbondio o Cuor di Leone, i giornali italiani si sono lasciati sfuggire un discorso fondamentale che il senatore a vita avvocato Giovanni Agnelli ha pronunciato in Senato la settimana scorsa, appena si è sparsa la notizia della condanna del presidente della Fiat dottor Cesare Romiti ad un anno e sei mesi di reclusione e all'interdizione dalle cariche sociali. Poichè si tratta di uno di quegli interventi che da soli giustificano un'istituzione e segnano un capitolo nella storia
del paese, mi permetto di riportarlo tale e quale, senza cambiare una virgola. Aggiungo solo, per la cronaca, che l'aula era affollatissima e che l'oratore è stato seguito nel massimo silenzio e con rispettosa attenzione. Alla fine nessuno ha applaudito ma tutti erano turbati. "Signor Presidente e onorevoli senatori ha esordito il senatore Agnelli , prendo oggi la parola per difendere il dottor Romiti dalle accuse che gli sono state mosse e dalla condanna che gli è stata inflitta. Lo faccio in piena coscienza e libertà senza alcun timore. Lo faccio perché credo sia finalmente giunto il momento di dire a voi, rappresentanti eletti dal popolo, alcune verità che riguardano proprio il popolo italiano. Io difendo Romiti perché il fatto che gli è addebitato l'accantonamento di fondi neri per finanziare tutti, dico "tutti", i partiti politici ancorchè sussistente e innegabile non costituisce reato apprezzabile. Come si può condannare una pratica la quale benchè contra legem era così diffusa, sistematica, consolida
ta, condivisa? Come si può oggi dichiarare criminale quello che ieri i politici esigevano, i controllori sapevano, i beneficiari concordavano e i magistrati tolleravano? Io difendo Romiti perchè, se mai reato ci fu, esso è stato imposto alla nostra azienda non dallo voracità di questo o quel partito, men che mai di questo o quel leader, ma da un sistema economico e politico consolidato in mezzo secolo che ha voluto e reso il nostro capitalismo distorto, il nostro mercato protetto e
corretto, le nostre aziende private schiacciate dalla concorrenza sleale di quelle pubbliche, la cui gestione, secondo una teoria che risale all'onorevole La Pira non doveva essere economica ma assistenziale, solidaristica e clientelare. Un sistema insomma che non ha avuto eguali e precedenti se non in quei paesi del socialismo reale a noi più affini. Io difendo Romiti perchè anche se avesse commesso un reato, voi per primi dovete riconoscere che è anche grazie a quel comportamento che noi abbiamo prodotto beni, fabbricato ricchezza, creato lavoro, assicurato quella stabilità sociale che il partito comunista italiano ha per decenni minacciato e negoziato. Se il nostro paese è cresciuto lo si deve anche a grandi uomini come Romiti e anche alle loro fatiche per districarsi fra ricatti ritorsioni, convenienze. E però onorevoli senatori ha proseguito l'avvocato Agnelli mentre l'attenzione dell'aula si faceva spasmodica , io non posso limitarmi ad una difesa. Io devo a voi e a questo paese qualcosa di più. Vi de
vo le mie scuse. Vi devo una critica onesta e franca del mio e nostro comportamento. Io ho sbagliato perchè queste cose così ovvie e note non solo non le ho dette prima, ma ho cercato di tenerle nascoste o, peggio ancora, ho finto che non esistessero. Neanche io mi sono alzato in piedi quel giorno cruciale era il 3 luglio 1992 in cui il segretario del Psi Bettino
Craxi sfidò a fare un gesto tutti coloro che si fossero ritenuti immuni dalla pratica del finanziamento illecito. Io ho sbaglialo perchè col mio silenzio e con le parole dei miei giornali ho accreditato la tesi che Tangentopoli fosse una pratica degenere che riguardasse solo alcuni partiti, solo qualche azienda, solo certi politici, e non invece tutto, proprio tutto, il sistema economico e politico. Non c'erano in quel sistema, solo Craxi, Forlani e Andreotti, tutto il Psi e una parte della Dc. No, c'erano anche Cossutta, Occhetto, D'Alema, Martinazzoli, La Malfa, le cooperative rosse, le amministrazioni rosse e bianche. Io ho sbagliato perchè proprio io, che sono dotato di potere, di carisma, di prestigio, ho abbassato la testa e cercato di mettere in atto accomodamenti, patteggiamenti, infingimenti, allo scopo di siglare con i magistrati una pace separata e far passare la tesi che io fossi l'unico immune e ignaro, mentre tutti gli altri venivano condannati, chi al carcere, chi alla gogna, chi al suicidio,
con la stalinista motivazione che non potevano non sapere. No, onorevoli senatori, io dovevo dire che i Papi, i Mattioli, i Moscati, i Garruzzo, erano me stesso. Io dovevo reagire ai suicidi di Cagliari e Gardini. Io dolevo oppormi all'opinione cinica e vigliacca dei magistrati secondo chi si uccide ammette la colpa. Infine, onorevoli senatori, io ho sbagliato quando mi sono opposto al disegno sempre più chiaro di alcuni di alcuni magistrati, i quali, sotto l'ala benedicente di quell'onorevole Violante che li ha prima protetti per poi diffidarne, volevano, alcuni, come Davigo, "rovesciare l'Italia come un calzino", altri, come Maddalena, estorce confessioni nel "momento magico" del carcere preventivo, altri, come di Pietro, "esportare mani Pulite nel mondo", altri ancora, come Greco, mettere sotto tutela il sistema delle imprese, a cominciare dal commissariamento di Publitalia. Ecco, onorevoli senatori ha concluso il senatore Agnelli la mia verità. La quale però non sarebbe completa se
non la integrassi con un'esortazione. Siamo usciti da un'epoca buia, abbiamo oggi una classe politica nuova, ci stiamo incamminando per una stagione di riforme. Non possiamo trascinarsi il passato. Non possiamo avvelenare il nostro futuro. Non possiamo tenere una pagina aperta. O la chiudiamo subito o ci seppellirà Tutti. Noi abbiamo l'orgoglio di dire che abbiamo operato come meglio potevamo. Sì, abbiamo sbagliato anche noi e non intendiamo sottrarci al giudizio. Ma che sia il giudizio della politica dei politici eletti dal popolo, non quello della politica dei magistrati che si sostituiscono al popolo". Post scriptum. Purtroppo, devo deludere i miei lettori. Il senatore Agnelli non ha mai pronunciato questo discorso. Però avrebbe dovuto e sarebbe stato bellissimo se l'avesse fatto