Radicali.it - sito ufficiale di Radicali Italiani
Notizie Radicali, il giornale telematico di Radicali Italiani
cerca [dal 1999]


i testi dal 1955 al 1998

  RSS
mer 14 mag. 2025
[ cerca in archivio ] ARCHIVIO STORICO RADICALE
Notizie lista Pannella
Partito Radicale Rinascimento - 15 aprile 1997
DA "L'UNITA'" DEL 15/4/97 PG. 1

SENZA REFERENDUM CE' PIU' DEMOCRAZIA

Di Lucio Villari

INTERVALLI, ma in modo costante, affiora nel linguaggio di alcuni uomini politici la formula "popolo sovrano". Quando, ad esempio, Berlusconi o Fini la pronunciano, il loro viso, forzosamente abbronzato, si fa serio e intenso. Evidentemente è una formula magica ritenuta, non si capisce perché, più espressiva e più forte di "sovranità popolare". Nel senso che, mentre quest'ultima allude solo a quel lineare rapporto che c'è tra il suffragio universale e gli istituti, il Parlamento anzitutto, che ne derivano, il "popolo sovrano" fa pensare a scorciatoie, a interventi diretti degli elettori, a atti amministrativi e legislativi promossi e controllati immediatamente dal popolo; insomma, ai referendum. E' forse giunto il momento di pensare concretamente alle magnifiche sorti di questo istituto? Se ne discute da tempo e da più parti si dubita della sua, come dire?, opportunità democratica, ma il caso di domenica scorsa suggerisce di informare l'opinione pubblica sul rischio della <> dei sondaggi>> (l

'espressione è di un politologo francese) e in particolare di quelli referendari. Domenica 13 aprile gli elettori di Roma dovevano votare un referendum consultivo sulla privatizzazione della Centrale del latte. Per tempo si erano visti recapitare i certificati elettorali. Ma, nella generale indifferenza, il referendum è stato poche ore prima della consultazione (sembra uno scherzo) abrogato da un tribunale amministrativo. Tradotta in denaro la frase <>, significa una perdita netta del Comune di Roma di oltre dieci miliardi. Soldi buttati al vento da un ente locale che, come si sa, nuota nell'oro. Questo referendum era stato voluto, se non sbaglio, da Rifondazione comunista e dai Verdi.

Il prossimo giugno ancora i romani e il resto del popolo sovrano Italiano dovranno votare per numerosi referendum, questa volta abrogativi, su temi che, giusti o meno, non risolvono problemi di fondamentale importanza per la storia e il destino democratico dell'Italia. Intanto, il 27 aprile vi saranno qua e là in Italia elezioni amministrative e sempre i romani a ottobre dovranno votare per, l'elezione del sindaco. L'articolo 1 della Costituzione, cioè l'incipit dell'Italia democratica, recita: <>. I termini <>, e <> vanno letti come una riduzione di valore della sovranità oppure come una sua qualificazione? E' chiaro che si allude a una qualificazione. Allora perché proprio i referendum devono far scadere di qualità la sovranità popolare? Lo si è detto altre volte: la sovranità popolare non è il popolo sovrano, cioè un popolo che fa e disfa leggi, regolamenti, procedure, enti, istituti, ec

c.

E' invece il popolo che in circostanze particolari e su questioni vitali per la collettività interviene per sostenere o proteggere un interesse profondamente sentito dalla collettività stessa (è stato il caso del divorzio) oppure, come accadrà nel 1998, per giudicare i lavori della Bicamerale sulla modifica della parte seconda della nostra Costituzione. Sono questi i cosiddetti referendum nazionali. Importanti, certo. Ma forse è bene ricordare che nei paesi democratici, tranne la Svizzera, i referendum nazionali sono molto rari o inesistenti. Se gli istituti elettivi, a cominciare dalle Camere, si dimostrano pigri, imbelli, inefficienti nel modificare. leggi e situazioni vecchie e antidemocratiche; se le Camere diventano (come si diceva nella Francia del primo '800) <>, ebbene i partiti, i movimenti politici, i giornali, la cultura (seria) dell'informazione esistono apposta perché le Camere si ritrovino. Questa è la pratica della democrazia, non le altre. Può sembrare un paradosso, ma c'è più de

mocrazia nel non fare referendum che nel farne, poiché la democrazia è un sistema educativo non una serie di riti abbreviati, celebrati in nome del popolo sovrano. Questo lo si sa fin dai tempi della Rivoluzione francese che, in pochi anni, tra il 1791 e il 1795, ha dovuto elaborare tre costituzioni prima di essere travolta dalla popolarità del generale Bonaparte

 
Argomenti correlati:
stampa questo documento invia questa pagina per mail