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Partito Radicale Rinascimento - 15 aprile 1997
DA "IL GIORNALE" DEL 15/4/97 PG. 1

Tante parole e niente fatti per salvaguardare potere e amici le privatizzazioni non decollano

Di Antonio Martino

Fra i molti obiettivi delle privatizzazioni - che continuano a non essere fatte anche se se ne parla molto e spesso a sproposito - ce ne sono due in certa misura contraddittori. Da un lato, infatti, si vuole cogliere l'occasione delle dismissioni per diffondere la proprietà azionaria, per dar vita a quel capitalismo popolare che è da sempre nei sogni di molti. Si tratta di garantire l'accesso alla Borsa a milioni di nuovi acquirenti, di offrire ai risparmiatori un'alternativa reale all'immancabile impiego in titoli di Stato, di porre le basi per un sistema economico senza esclusi, caratterizzato da una più ampia diffusione della proprietà. Ideale nobilissimo, cui sarebbe difficile opporsi. D'altro canto, tuttavia, c'è il problema del controllo: una delle ragioni per cui le imprese <> sono ovunque (non solo in Italia) poco efficienti è che sono irresponsabili, essendo sottratte a un efficace controllo degli azionisti, alla disciplina effettiva del mercato. Anche questo è obiettivo importante: vogli

amo le privatizzazioni anche per ridurre l'area dell'inefficienza e della irresponsabilità, per allargare lo spazio offerto alla disciplina del mercato.

Ora, questi due obiettivi male si prestano a essere perseguiti simultaneamente: se, infatti, l'azionariato è ampiamente diffuso, <>, ogni singolo azionista, rappresentando una frazione molto piccola della proprietà complessiva, non può da solo esercitare un controllo efficace sulla gestione della società. D'altro canto, se gli azionisti sono molto numerosi, è difficile riuscire a formare una coalizione che possa far valere i propri interessi nei confronti di un management incapace. In questo caso, avremmo realizzato il primo obiettivo, la diffusione della proprietà azionaria, ma non il secondo, la responsabilizzazione della gestione. Se, viceversa, la vendita delle azioni viene fatta a favore di pochi soggetti, ognuno dei quali possiede una consistente <> del totale, la sostituzione di gestori incapaci, corrotti o comunque inefficienti diventa assai semplice. Avremmo così ottenuto il controllo della gestione, ma non la partecipazione diffusa.

La natura contrastante, se non contraddittoria, dei due obiettivi ricorda il contrasto fra due diverse concezioni della democrazia: da un lato la democrazia come partecipazione, con la conseguente preferenza per un sistema elettorale proporzionale che garantisca rappresentanza a tutti; dall'altro l'idea della democrazia come controllo popolare sul governo, che implica la scelta di un sistema elettorale uninominale e maggioritario, comunque in grado di consentire al popolo di cambiare governo quando lo ritenga opportuno.

Tuttavia, mentre quelle opposte esigenze sono inconciliabili in politica, perché si può ovviamente avere solo un sistema elettorale, esse non lo sono in economia. Anzitutto, infatti, le imprese da privatizzare sono numerosissime e le tecniche da usare non possono che essere diverse a seconda dei casi. Si può quindi scegliere la formula dell'azionariato diffuso (<>) dov'è più opportuna e quella dei pochi azionisti in grado i esercitare un controllo effettivo in altri. Personalmente, credo che quando l'impresa da privatizzare opera in un mercato concorrenziale la formula dell'azionariato diffuso sia preferibile; quando, invece, il mercato è poco competitivo sia preferibile l'altra soluzione. In secondo luogo, non dimentichiamo che, alla lunga, la Borsa finisce con l'esercitare un controllo anche sui gestori di <>: se sono inefficienti, il rendimento delle azioni diminuisce e i piccoli azionisti finiscono col vendere le loro azioni. Acquistate da singoli o da gruppi, quelle azio

ni finiscono col determinare pacchetti azionari di consistenza adeguata a estromettere i manager inefficienti.

Smettiamola, quindi, di litigare sul come privatizzare e affrettiamoci a farlo. Qualsiasi alternativa è preferibile allo status quo, salvo quella di cercare di spacciare per privatizzazione un marchingegno che abbia come unico scopo quello di salvaguardare impieghi e prebende per i soliti amici del potere. Ogni riferimento alla <> (quante nefandezze vengono nascoste dietro parole inglesi!) è assolutamente intenzionale, ma ne parleremo un'altra volta.

 
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