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Segreteria Rinascimento - 16 aprile 1997
Da "IL CORRIERE DELLA SERA" del 16 aprile 1997, pag.6

PRIMA CHE SUL DOPPIO TURNO L'URTO E' SULLA LINEA CIAMPI

Di Stefano Folli

Assai prima che il nodo della riforma elettorale venga al pettine, e più pressante delle schermaglie intorno al "centro" o alle larghe intese, c'è sul tappeto una questione insidiosa che divide la maggioranza. Riguarda la natura e i contenuti del Documento di Programmazione Economica che il governo deve presentare entro poche settimane. Una sorta di piano a lunga scadenza sulle compatibilità della finanza pubblica. Inutile dire che quest'anno il Dpef è atteso da numerosi lettori, specie nelle varie capitali d'Europa. Chi vuole sapere se l'Italia è davvero vicina ai criteri della moneta unica, e se soprattutto è in grado di rispettarli nel tempo, correggendo la spesa sociale, troverà nel Documento una miniera di notizie utili. Per gli europei esso costituirà un test di rilievo circa le intenzioni del nostro governo quasi un anticipo dell'esame finale. Intorno al Dpef si sta dunque per combattere una battaglia politica decisiva. In un certo senso è questa l'autentica "verifica" a cui il centrosinistra si accin

ge. Per meglio dire, è il passaggio che determinerà le scelte successive sul terreno dello Stato sociale e delle pensioni. Come dice il ministro del Tesoro, il Dpef di quest'anno "deve contenere le linee strategiche di intervento... ivi compreso l'aggiustamento della riforma del sistema pensionistico". Giorni fa Dini si era pronunciato in termini analoghi. E Romano Prodi alla Camera, nel dibattito sulla fiducia aveva indicato una riforma da completare in ogni caso entro l'anno in corso. Lo sforzo di Ciampi che stavolta non sembra isolato nel governo, almeno per

ora, è dunque rivolto a fissare qualche punto fermo. Se le cifre e addirittura la struttura della riforma delle pensioni saranno calate nel Documento di programmazione diventerà più difficile, forse impossibile, per sindacati e partiti aggirarle attraverso un negoziato infinito. E il messaggio all'Europa avrà un significato trasparente. Il se e tuttavia d'obbligo, visto che l'altra anima della maggioranza vuole esattamente il contrario: un Dpef blando, una cornice generica in grado di non condizionare il negoziato sulla spesa sociale. Altro che anticipare la riforma delle pensioni. Secondo Bertinotti, "se è così non cominciamo neppure". E su questa linea sono attestate anche le organizzazioni sindacali. Il che significa che tra breve il governo e la sua. maggioranza si troveranno a scegliere tra due vie opposte. O imporre i criteri di riforma del Welfare in tempo utile per le scadenze di Maastricht, vale a dire entro il '97. Ovvero imboccare la strada della trattativa a tutto campo, priva di veri argini; e c

iò comporta quasi certamente lo slittamento al 1998 degli eventuali accordi. E' chiaro allora che il presidente del Consiglio dovrà compiere un delicato lavoro di mediazione in tempi piuttosto ristretti. Prodi confida come sempre nelle virtù del "dialogo", ma è difficile che basti offrire un caffè a Bertinotti per risolvere il problema. Nel caso in cui fosse troppo nebbioso, il compromesso sul Dpef rischierebbe di allontanare l'Italia dall'Europa. Sarà in ogni caso un segnale preciso circa i rapporti di forza nella maggioranza: indicherà la reale volontà di D'Alema e Marini, all'indomani delle elezioni amministrative, di appoggiare la "linea Ciampi" senza più nulla cedere a Rifondazione. Sia il Pds sia il Ppi non hanno oggi alternative: devono far buon viso a cattivo gioco e appoggiare Prodi impedendogli concessioni all'estrema sinistra. Lo stesso Dini non può sottrarsi a questo schema che esclude inverosimili "ribaltoni". D'Alema Marini e Dini hanno interesse a muoversi se non in sintonia, certo in modo non

troppo difforme. Consapevoli che l'architettura di un diverso equilibrio politico è compito di lunga lena e quasi certamente richiede che prima sia sciolto il nodo di fondo: stabilire se l'Italia entra o no nel primo gruppo dell'Euro. Il che non avverrà prima dell'autunno

 
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