I DIPENDENTI MEDIASET: "CHE FINE HA FATTO IL REFERENDUM?"
La ribellione di chi rischia di finire sul satellite, per volontà dei politici e contro il verdetto popolare
Di Stavro
E' nato il 2 aprile scorso ma si chiama "Comitato 11 giugno" e riunisce "chi, tra i dipendenti Mediaset, intende fa r sentire la propria voce di fronte al tradimento della volontà popolare che nel referendum dell'11 giugno 1995 si era espressa a favore del mantenimento delle tre reti del gruppo Mediaset e per la privatizzazione della Rai". Insomma, poche idee ma chiare, anzi chiarissime, per questo "Comitato" formato da dipendenti (impiegati, dirigenti, ma anche giornalisti e tecnici) di Mediaset, una grande azienda che rischia di essere smembrata "per legge" dall'attuale governo in carica nonostante i risultati referendari. E' infatti questa situazione in cui si trovano oggi i dipendenti di Retequattro, che dopo aver tirato un lungo sospiro di sollievo all'indomani del referendum dell'11 giugno '95 (con cui il 57% degli italiani si pronunciò a favore del mantenimento delle attuali tre erti Mediaset) si trovano oggi a dover scendere di nuovo in campo è per difendere il proprio posto di lavoro, messo in peric
olo - secondo loro - dalle normative che il governo sta preparando per il settore televisivo. Una autentica battaglia, insomma, in cui le armi - accusano i lavoratori di Mediaset - ce l'ha soltanto il governo, il cui obiettivo primario è ancora quello di spedire sul satellite Retequattro cancellandola - nel senso letterale del termine - dalla faccia della terra, forse insieme a molti di quelli che ci lavorano. Per difendere il risultato referendario è nato nei giorni scorsi il "Comitato 11 giugno": coordinato da Giorgio Medail, (giornalista in Fininvest dal 1974) il comitato è formato dai molti dipendenti Mediaset che non riescono a mandar giù il fatto di rischiare il posto di lavoro per l'intervento di un governo che, quei posti, dovrebbe difenderli. Dice Medail che "ciò che sconcerta maggiormente i lavoratori degli studi di Milano Due e di Cologno Monzese - "è il disprezzo dei politici di governo nei confronti dei risultati del referendum dell'11 giugno, dal momento che oggi si tenta di fare l'esatto contr
ario di quanto fu deciso allora dal popolo sovrano". Quali sarebbero gli effetti del trasferimento sul satellite di Retequattro? "Lo spostamento in tempi brevi sul satellite di Retequattro spiega Medail - equivarrebbe alla sua chiusura. E' inutile nascondere dietro a un dito. La Tv a colori arrivò da noi alla fine degli anni settanta, infinitamente dopo essere stata adottata in America ed in altri paesi. E' facile prevedere che sarà lo stesso anche per l'antenna per al ricezione satellitare, che ci metterà parecchi anni prima di entrare nelle abitudini degli italiani e, nel frattempo, Retequattro sarebbe defunta da un pezzo. Insomma, si tratta dell'ipocrita espropriazione di una rete. In barba al referendum ovviamente". Vi sentite ancora "assediati", insomma. "Certo, e abbiamo ragione - spiega . Non va dimenticato che questa azienda è sempre stata nel mirino dei politici fin da quando è nata. I dipendenti lo capiscono, soprattutto quelli che lavorano qui da anni ed occupano i quadri intermedi. Per questo
ci sentiamo affatto tutelati dai politici che hanno ispirato il progetto di legge Maccanico. E' un vero furto con scasso profondamente antidemocratico perché, non dimentichiamolo, il referendumdell'11 giugno non aveva stabilito soltanto la possibilità per Mediaset di avere tre reti, ma anche una veloce privatizzazione della Rai. E invece stanno facendo esttamente l'opposto. Questo offende profondamente noi, certo, ma anche tutti gli italiani". Ma nei corridoi di Mediaset è facile incontrare Emilio Fede, che figura tra i primi firmatari del comitato: "Il progetto Maccanico è di fatto lo spegnimento di una rete - afferma con durezza il direttore del Tg4. E' ipocrita pensare che un passaggio sul satellite ci consentirebbe di vivere. Gli ascolti crollerebbero e con loro gli investimenti pubblicitari. Bisognerebbe ridurre dell'80% i dipendenti e passare da 1500 a 300 persone. E' un atto di violenza nei confronti delle libertà di espressione e di chi ha votato il referendum dell'11 giugno. E' un esproprio statalis
ta - prosegue Fede - D'Alema prima delle elezioni disse che "Mediaset è un bene inalienabile del "Paese", ma lo disse "prima" delle elezioni. Ora che sono al potere fanno tutto il contrario". "Ma non finisce qui". Commentando la possibilità di organizzare una grande manifestazione davanti a Montecitorio nei giorni (1415 maggio) in cui il disegno di legge Maccanico sarà discusso in Parlamento, Medail aggiunge che "il comitato 11 giugno" farà tutto quanto è in suo potere per far sentire la sua voce. "Aggiunge se, come abbiamo già verificato, i grandi organi di comunicazione come il Corriere della Sera e la Repubblica preferiscono cancellare la nostra. Una voce che dà fastidio perchè e quella dei lavoratori che chiedono il rispetto di un voto popolare che in troppi fanno finta di dimenticare. Il governo dell'Ulivo va contro dei lavoratori e contro un referendum popolare. Una vera infamia".