RAGIONIERI EUROPEI E FURBI ITALIANI
Scalfaro e un Paese senza classe dirigente
Di Angelo Panebianco
La reazione del Presidente Scalfaro alla valutazione, negativa con riserva, di Bruxelles e, fra tutte, quella più emblematica e più preoccupante. Per la posizione che egli occupa e per il luogo (la Germania) in cui ha fatto, a caldo, le sue dichiarazioni. Più emblematica per quanto rivela (o meglio conferma) sulla mentalità propria della nostra classe politica. Più preoccupante perché in quelle dichiarazioni si possono probabilmente leggere in controluce le scelte future della classe politica italiana in relazione alla vicenda europea. Dunque Scalfaro di chiara che "dobbiamo ribellarci a una valutazione ragionieristica". Già in molti hanno obiettato a Scalfaro che non ha senso pretendere di liquidare in questo modo la legittima constatazione, da parte della Commissione europea, che l'Italia non è in regola con i parametri previsti da un trattato liberamente ratificato dal Parlamento italiano. Al di la dell'infelicità della frase e ciò che rivela sul modo d'essere e di pensare tuttora proprio di ampi settori
del mondo politico che soprattutto conta. Ciò che intendo sostenere è che la "mentalità" rivelata dalla frase di Scalfaro è precisamente ciò che fa ritenere ai nostri partner europei che l'Italia è un Paese politicamente inaffidabile. Certo che Bruxelles usa due pesi e due misure quando valuta Germania e Francia e quando valuta l'Italia, ma lo fa, purtroppo con ragione, anche perchè nei casi di Germania e Francia non si trova di fronte a governanti pronti a qualunque contorsione pur di non pagare i prezzi che l'Europa comporta. E' una mentalità, questa, che viene da lontano. E' la mentalità che pretende di separare conti pubblici e moralità politica, i duri "fatti" che stanno sotto le cifre e una non meglio precisata "volontà politica" che dovrebbe, solo in virtù della sua manifestazione, essere in grado di ignorare i fatti, farsene addirittura beffa. E' quella mentalità che permise alla classe politica di ieri di accumulare in vent'anni, senza neppure un fremito, senza mai preoccuparsene un debito pubblico
che in quelle proporzioni, di solito, mettono insieme solo i Paesi usciti in ginocchio da guerre devastanti. Se ne preoccupava allora, quelle dichiarazioni si ricordate?, solo quel "ragioniere" di Carli ma per quella classe politica fu facile renderlo inoffensivo, fargli fare la fine dell'innocuo zio un po' bisbetico e un po' patetico la stessa fine che ora, mi sembra, gli eredi di quella stessa classe politica intendono riservare anche al "ragioniere" Ciampi (chissà se Ciampi se ne è già accorto e se se ne accorgerà prima che sia troppo tardi). Ho sempre pensato che il Processo, quello vero, a quella classe politica non dovesse essere di sicuro celebrato a Palermo, in sede penale, per mafia, nè a Milano per tangenti, ma a Roma, e più in generale nel Paese, in sede politica, per imperdonabili colpe storiche nei confronti del Paese, per avere rubato, non già "so1di", ma il futuro alle generazioni successive. Ma quella mentalità rimane, a quanto pare, inestirpabile. I vecchi vizi sono sempre lì. Solo che una c
osa è dire "bugie al proprio Paese (per un po' di tempo ci si può anche riuscire: basta controllare la Rai e altri mezzi di comunicazione e contare su vaste complicità), tutt'altra cosa e tentare di farlo in Europa. Come hanno rilevato, fra gli altri, Franco Venturini, Sergio Romano e Massimo Riva, il giudizio negativo dell'Unione Europea riguarda in realtà la nostra inaffidabilità politica. Non è lo scostamento dello 0,1 o dello 0,2 ciò che conta. E' il fatto che non siamo credibili. E' il fatto che nessuno crede, nonostante gli sforzi dei nostri valorosissimi commissari italiani Monti e Bonino, che saremo davvero capaci di pagare i prezzi necessari a onorare i nostri impegno. Un bilancio deludente. D'altra parte, basta fare un rapido bilancio: delle privatizzazioni non parla più nessuno; siamo stati capaci di rinviare ogni intervento sui nodi strutturali della finanza pubblica perchè incombevano nientemeno, delle (parziali) eiezioni amministrative; abbiamo fatto una manovra economica che non risolve nulla;
e soltanto un incosciente potrebbe essere disposto a scommettere anche solo una modestissima cifra sul fatto che Ciampi e Prodi riusciranno a imporre a Rifondazione e ai sindacati una serie riforma del Welfare State. Oltre che emblematica, la dichiarazione del Presidente della Repubblica è preoccupante. Il timore e che preluda a una svolta sulla questione della moneta unica. Secondo il meccanismo evidenziato dalla favola della volpe e dell'uva. Non possiamo entrare in Europa subito? Beh, allora non ci resterà altro da dire che tutto sommato non è importante. Entreremo in seguito. D'altra parte non è colpa nostra. E' colpa, s'intende, dei ragionieri. Se l'obiettivo non è raggiungibile, non resta che modificare la gerarchia dei valori su cui ci si è fin qui basati e cambiare obiettivo. Basta poco perchè questo accada. Basta, per esempio, chelra minaccia elettorale di Bertinotti al Pds diventi consistente e allora sarà proprio il Pds, probabilmente, forse con la benedizione del capo dello Stato, a mutare posiz
ione sulla moneta unica. O almeno questo e il rischio che corriamo. Va ricordato tuttavia a coloro che fossero tentati di fare questa spericolata conversione che non sarà facile convincere il Paese, quando verra il momento, che "avevamo solo scherzato". Non sarà facile dimostrare che la probabile esclusione dell'Italia (assieme alla Grecia) non dovrà essere considerata una condanna senza appello di un sistema politico e di una intera classe dirigente. E tutto, e di tutto, allora potrà accadere. Impegni presi e non onorati. E' certamente vero, come si sente sempre più spesso dire, che l'Europa non può e non deve essere "ridotta" ai soli parametri di Maastricht. Ma e ugualmente vero che si guadagneranno il diritto di dirlo solo quegli europei che avranno dimostrato di saper onorare gli impegni presi. Gli altri no, gli altri non ne avranno il diritto. E, soprattutto, non avranno alcuna voce in capitolo. I nostri veri nemici siamo, come al solito, noi stessi. Il nostro vero nemico e una mentalità che ci porta ad
allevare mediocri classi dirigenti, composte da persone che pensano che i fatti possano essere ignorati, che con un po' di furbizia e un po' di fortuna si aggiusta sempre tutto. Che pensano che la moralità politica consista nel pronunciare discorsi moralistici più o meno retoricamente efficaci, anzichè nel rispettare fino in fondo gli impegni solennemente assunti con il proprio Paese. Sconfiggiamo questa mentalità e diventeremo credibili.