LA FESTA DEL REGIME
Di Iuri Maria Prado _
Ogni 25 aprile si festeggia qualcosa in cui non crede veramente nessuno. Si è capito anche ieri: che desolazione. La festa della liberazione è tra le meno sentite
dai cittadini: oltre il suo carattere istituzionale, al di là del modo ufficialmente
inevitabile in cui, si ricordano l'uscita dalla guerra, la vittoria (procurataci da
altri) sul nazifascismo, la conquista (che altri hanno guadagnato in nostro favore
della libertà dalla dittatura, i cittadini italiani non si sentono realmente impegnati a questa celebrazione. E si spiega: l'Italia è stata liberata da alcune gravi limitazioni e compressioni dei diritti civili e politici nonché, soprattutto, dall'orrore della guerra. Ma una quantità di circostanze negative che costringevano il Paese in una condizione di arretratezza, e che ne connotavano la vita tra le due guerre, continuano in questi ultimi cinquant'anni. C'è oggi, naturalmente, più danaro: ma non c'è possibilità di farne in modo libero. L'impresa dominante è ancora quella statale o assistita, mentre quella privata rimane una realtà per lo più illecita. C'è oggi senz'altro, più agio di approvvigionamento culturale, più possibilità di professione scientifica: ma si tratta di uno sviluppo soprattutto quantitativo, mentre i luoghi della produzione culturale e di ricerca sono ancora vincolati al sistema baronale, e governati da tabù che forse nemmeno il regime fascista aveva conosciuto: sotto la forma dei giur
amenti richiesti allora ai docenti poteva coltivarsi una certa libertà; nei cinquant'anni repubblicani il sistema selettivo è stato molto più scientifico, molto più contenutistico, molto più censurante ed esclusivo. Ancora, l'Italia ha avuto la grazia di potere votare liberamente, e in favore di una pluralità di partiti. Ma il voto ha rappresentato molto poco in termini di effettiva e sentita libertà, per i cittadini: i quali sono stati costretti a dividersi per ragioni ideologiche e senza alcun frutto d i avanzamento democratico, mentre i partiti politici non sono mai stati il tramite rappresentativo, il momento di collegamento tra le assemblee legislative e il corpo elettorale, ma veri e propri bastioni contro la possibilità del cittadino di essere parte, sia pur solo "mandante", del procedimento di formazione della volontà generale. E lo Stato, infine, lo Stato medesimo rimane una realtà doppia ma pessima comunque, e cioè qualcosa da evitare, a cui sottrarsi, ovvero da sfruttare e grazie a cui brillare. I
nsomma l'Italia repubblicana è certo diversissima e migliore della precedente: ma il fatto della liberazione c'entra assai poco con quel miglioramento. Quanto di buono è stato ed è per l 'Italia non lo si deve al modo in cui si è usciti dal fascismo, dalla guerra. Quanto di cattivo ha caratterizzato, e caratterizza ancora, l'Italia repubblicana, lo ha fatto e mantenuto l'Italia repubblicana medesima. Dalla quale, piuttosto, si sente l'esigenza di essere finalmente liberati. Ieri, 25 aprile, il regime ha festeggiato e celebrato se stesso, traditore peraltro e mistificatore dei valori propri della resistenza antitotalitaria.