UN PASTICCETTUM ALLA BICAMERALE
LA LINEA DI D'ALEMA E LA PROPOSTA BARBERA
Di Giovanni Sartori
Mi solleva il poter annunziare che mi sono sbagliato. Mi sono sbagliato sulla leadership di D'Alema, ho sbagliato nel difendere la Bicamerale, e ho sbagliato nello sperare che ne sarebbe uscito qualcosa di buono, quantomeno in sede di riforme istituzionali e di sistema elettorale. Chi ha sempre ragione fa antipatia. Sono dunque sollevato, dicevo, di poter ammettere una bella sfilza di sbagli. Ma peccherei di orgoglio se non precisassi subito che non sarei riuscito a sbagliare così bene senza l'aiuto di complici. Comincio da Augusto Barbera e dalla sua proposta elettorale. Non sono sicuro di averla capita bene (è complicata anche per me). Poco male, perchè l'aspetto più importante di una riforma ne è lo scopo. Riformare a quali fini, per quali benefici? E lo scopo di Barbera mi è chiarissimo: è stato (sono parole sue) quello di "trovare una soluzione di mediazione... per uscire da un'impasse". Un'impresa nella quale Barbera si destreggia come meglio non si potrebbe. Continuo a citarlo: "Io ho provato a formul
are una proposta che avesse il consenso dell'Ulivo, che genericamente è favorevole al governo del premier ma si divide sul sistema elettorale, e che piacesse al Polo, che vuole l'elezione diretta vera del premier... E' un sistema che rafforza le coalizioni (non come il modello Sartori... che favorisce la competizione fra i partiti) In più non mette in forse la stabilità del governo e ricompatta la sinistra".
Dunque, lo scopo di Barbera è di contentare tutti cucinando un pasticcettum (oramai il latino maccheronico è di mosa) di pasta, frutta, torta e carne, e così apportatore di "pace generale" e persino rinforzante (aggiungendo miracolo a miracolo) del governo Prodi (che, non a caso, con Veltroni spropositante in televisione, applaude e gongola). In verità la mediazione barberiana del tutto perfetta ancora non è. Per esempio, il Polo chiede una elezione diretta "vera", mentre i Popolari (e altri) la vorrebbero solo indicativa o, come dice spiritosamente Cossiga, "sussurrata". Qui occorrerebbe ancora un cerotto, anzi un cerottone, perchè il buco da coprire è grosso. Ma il punto sul quale mi impunto non è questo. E' quello dello scopo. Possibile che si debba concepire un sistema elettorale al solo fine di accontentare tutti e cioè, in sostanza, di santificare l'esistente, di santificare l'abbarbicamento al potere di una decina di partiti che rendono impossibile la governabilità? La domanda è retorica. Forse and
rà a finire proprio così: in pasticcettum. Ma mi dispiace che Barbera venga al soccorso, con la sua mediazione, di così meschino disegno. E siccome Barbera dichiara di non essere "innamorato" della sua proposta, gli vado incontro dichiarandogli che nemmeno io sono innamorato della mia: discutiamone. Il problema, insisto, è che una riforma elettorale deve avere una sua ragion d'essere, e quindi si deve proporre come terapia di mali esistenti e progetto di benefici futuri. I mali esistenti sono, a mio vedere, un eccesso di frammentazione partitica che produce, grazie al Mattarellum, partitiniricatto, maggioranze fasulle, coalizioni scollate, e quindi livelli intollerabili d'ingovernabilità. Pertanto la mia proposta mira a ridurre il numero dei partiti e a incentivare una loro aggregazione virtuosa (e non soltanto elettoralistica).
S'intende che anch'io, come Barbera, capisco che in politica bisogna essere realisti e fare i conti con le forze in campo. E' quindi per "realismo" che propongo uno scambio trasversale fra sistema elettorale a doppio turno (senza imbrogliucci) e un governo semipresidenziale. Ma di quest'ultimo, sia chiaro, non sono innamorato. Sostengo soltanto, realisticamente, che è preferibile rispetto alle sue alternative, e cioè il sistema israeliano di elezione diretta del premier da un lato, e il presidenzialismo puro, all'americana, dall'altro. Dunque, cerco anch'io di mediare. Ma senza rinunziare allo scopo di farci uscire dal marasma. Fare una riforma tanto per farla, questo proprio no. A questo tipo di mediazione non ci sto.
Si capisce che qualsiasi cosa si imbatte nella resistenza degli interessi costituiti. Quindi si capisce che la riforma elettorale che propongo dispiaccia ai "cespugli" che sono da eliminare.
Scelgo lo stesso di battermi per una riforma buona, o comunque migliorativa, piuttosto che arrendermi a una riforma che non solo servirebbe a nulla, ma che sicuramente sarebbe peggiorativa, visto che consoliderebbe l'andazzo che c'è.
Ma dicevo all'inizio che il mio sbagliare (nel prevedere) è stato aiutato da parecchi complici. Qui non li posso ricordare tutti, ma non posso omettere De Mita. Perché è stato De Mita che ha esteso l'ostilità dei Popolari al semipresidenzialismo anche alla mia proposta di riforma elettorale. In Bicamerale De Mita si era limitato a dire che in materia io ero "fantasioso". Ma in una intervista al messaggero è uscito allo scoperto: la mia proposta, ha dichiarato, si prefigge di danneggiare i Popolari. L'attacco è di bottega e mi ha stupito, visto che De Mita invoca sempre una visione "alta" della politica e accusa Prodi di volare "basso", troppo appiccicato alla sua poltrona.
Sia come sia, DE Mita è stato capo del governo, segretario della Dc, e presidente della Bicamerale della precedente legislatura. Non contento, ora invade anche il mio orticello facendomi sapere che chi si intende di sistemi elettorali è lui. Ridotto al Piave, debbo resistere. Il fatto è che un doppio turno aperto, al ballottaggio, ai primi quattro, e che incentiva i ritiri dei partiti minori con un recupero proporzionale, non è affatto inteso a danneggiare i Popolari. Li costringe, è vero, ad accorpamenti; ma questa è una costrizione benefica per loro e per tutti. Pertanto il mio intento non è, come sospetta De Mita, di distruggere i Popolari; anzi, e semmai, è di consolidarli come seconda gamba dell'Ulivo. Chi è che non sa fare i conti? Forse io; ma forse De Mita.
Sarebbe bello se a fine giugno potessi scrivere che mi ero sbagliato nell'ammettere di essermi sbagliato. Sarebbe bello, ma lo vado come poco probabile. Al momento vedo soltanto avanzare un pasticcettum.