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Partito Radicale Rinascimento - 28 aprile 1997
Da "Il Giornale" del 28 aprile 1997
L'INVENZIONE DELLA STRAGE CHE NON C'E'

Di Iuri Maria Prado

Strage. Solo in questa parola, e nell'uso che già se ne è fatto per ammantare di sproporzionata drammaticità lo scoppio milanese, risiede l'inescusabile errore di aver creato strepito e tensione laddove erano necessari, piuttosto, la calma, la compostezza e il basso livello dei toni. L'errore - e di simili ne abbiamo avuti in passato, e di conseguenze incalcolate - consiste anche in questa pratica dissennata di agitare un fatto - la "strage" - che appartiene al mondo dell'inesistente. "Ma poteva essere strage!", si dice. Sarà pure: ma non è stata. Però il clima, il dispiegamento di mezzi, le reazioni dei politici, la costituzione di collegi indagatori, tutto il mobilitato complesso di uomini, argomenti e procedure, sembra misurarsi meno su quanto è stato (la strage di vetrine) che su quanto poteva essere.

Ora, l'invito - pur comprensibile - a non sottovalutare rischia d'altra parte di far valutare malamente e in modo non proficuo.

E nulla è meglio per chi vuole tensione - sembra pazzesco dover ricordare queste cose - che questo organizzare e comportarsi dello Stato in modo che la tensione si diffonda e si aggravi. Ma proprio dagli uomini di governo, di polizia e di giustizia, nonché dalla stampa che - enfatizzandoli - li ha registrati, sono venuti un allarme e parole di "emergenza" che sarebbe stato saggio soffocare. A lume di esperienza - non bastasse quello della ragione - ognuno sa che nessuna indagine è meglio e più profondamente condotta solo perché se ne parla molto. Ognuno sa, o dovrebbe sapere, che non si raccolgono più prove giusto perché si ipotizza di averne individuate molte. Ognuno sa che l'efficacia dell'attività di ricerca dipende molto poco dalla dotazione di poteri d'eccezione, soprattutto se la misura e l'uso di questi poteri vengono rappresentati romanzescamente e drammaticamente, come purtroppo si fa molto spesso in questo Paese.

E non è questo, ovviamente, un invito a sottovalutare, a non far nulla. E', invece, la considerazione che i poteri di cui sono dotate la magistratura e le forze dell'ordine sono congrui e sufficienti ad affrontare in perfetta "normalità" casi come questo.

Mentre il rumore, le sirene, i vertici febbrili non servono a nulla se non a dar prova di un'impreparazione, di un'incapacità. Quando non a dare impressione di qualcosa di peggio: e cioè che tanto strepito, tanto teatro, tanta enfasi, tanta gravità servano piuttosto a far credere che si faccia molto e bene quando invece si sta facendo poco e male: o niente proprio.

Certo è che tutto questo movimento è troppo e ridicolo rispetto a quanto si poteva fare e non si è fatto: e non può non lasciare sovrappensiero che di una specie di esercito e di una squadra di magistrati (addirittura un "superpool") sarebbe stato possibile fare a meno se una mente geniale avesse piazzato su quel muro un registratore di immagini. Quanti uomini bisognerà distrarre, quanti magistrati dovranno lavorare, e fino a quando, quanto denaro sarà necessario spendere per ottenere - sempre che la si ottenga - un'informazione che una stupida cinepresa avrebbe potuto rendere disponibile immediatamente?

Considerato dove è stato messo l'ordigno (il primo edificio della città) non mi si dica che questo è "senno di poi". E' senno punto e basta: qualcosa che sta mancando nel modo in cui si vuole trattare la "strage".

 
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