BERTINOTTI E' IL VERO VINCITORE D'ALEMA IL PIU' DEBOLE, PRODI NO
Di Stefano Folli
Più debole di prima e ancor più condizionato da Rifondazione. Nel nord l'Ulivo esce dalle urne assai malconcio, salvo che a Trieste. Al centro e al Sud se al cava meglio, ma quel che conta - com'è ovvio - è io settentrione, le due cittàchiave di Milano e Torino. E qui emerge il dato politico che dà l'impronta alla giornata e che, salvo smentite nello scrutinio ufficiale di oggi, si proietta sul piano nazionale. Il dato su cui l'Ulivo dovrà riflettere è semplice: senza Rifondazione governare al coalizione perde, ma con Rifondazione governare è quassi impossibile, a meno che accetta le regole di Bertinotti. In altre parole, il volto del centrosinistra trasfigura in un sinistracentro in cui il perso neocomunista tende ad aumentare e a risultare insostituibile. I rifondatori sono i veri vincitori della tornata di ieri. Non è quindi illogica la posizione di Bertinotti, quando afferma che "il futuro dell'Ulivo è in una svolta a sinistra". Da oggi questa promessa è più credibile. Perché da oggi il Pds sarà costret
to a scegliere. O chiedere il voto di Rifondazione in condizioni di debolezza. O giocare d'azzardo e camminare ad solo, come sembravano tentati di fare ieri sera Fumagalli e Castellani. Ma l'intreccio tra il secondo turno, l'imminente negoziato sullo Stato sociale e al politica europea sembra destinato a dominare le prossime settimane. Il "centro", viceversa, impallidisce e per certi aspetti risulta il vero sconfitto di questa tornata. Quanto meno il "centro" che agisce e si riconosce nei confini dell'Ulivo, a cominciare dai popolari di Marini. Aumentano gli interrogativi sulla loro funzione e sul loro peso effettivo, nel momento in cui si dimostra che al vera partita politica dell'ulivo, peraltro irrisolta, è quella tra le "due sinistre". E non va trascurato che al lista centrista e solitaria voluta da Lamberto Dini a Milano ha raccolto un risultato irrisorio. Il bilancio di D'Alema è segnato più da ombre che ad luci. La Quercia può consolarsi con i risultati di lista nelle singole città, ma non può ignorar
e che il centrosinistra è stato nel complesso sconfitto. Può prevedere che la logica del doppio turno alla fini favorisca la rimonta, ma non può farci troppo affidamento. D'Alema, del resto, sa che dopo questo voto il suo margine di manovra si riduce. Il paradosso è che il governo Prodi non viene troppo indebolito dal risultato. Si crea, anzi, una situazione di stallo nella quale il presidente del Consiglio può continuare la sua navigazione a vista, fidando sul vecchio rapporto con Bertinotti. E' invece il D'alema presidente della Bicamerale, o se si vuole architetto della "nuova" sinistra socialdemocratica, a ritrovarsi da oggi nella nebbia. Tutto per lui è più difficile, compreso il dialogo col Polo. Sembra chiaro infatti che il centrodestra esce dalle urne più forte. Ma in una bilancia che spinge in alto Fini a scapiti di Berlusconi: A Torino Costa si è rilevato un candidato abbastanza abile da intercettare un certo sentimento leghista. E ha contribuito non poco alla sconfitta del candidato Bossi. Il punt
eggio di Costa, comunque vadano le cose al secondo turno, è un dato interessante per il centrodestra, in quanto prefigura il volto di un nuovo Polo capace di ritrovare una sintesi tra Forza Italia, An e l'elettorato leghista. A Milano Formentini ha tentato una disperata rimonta, ma ha fallito. Così l'esclusione della Lega dal secondo turno rileva al decadenza progressiva del movimento di Bossi, che arretra nelle grandi città e tende a tornare alle origini, cioè alle campagne e alle vallate della Lombardia. Ma per quanto in declino, Bossi è ancora in grado di impedire a Berlusconi e a fini di rappresentare l'intero elettorato moderato di centrodestra. Bossi blocca la destra a metà del guado, così come Bertinotti impedisce alla sinistra dalemiana di avere un'identità. Non sorprende che in questa situazione Alleanza Nazionale abbia guadagnato consensi al Nord. Insieme all'affermazione di Rifondazione e alla sconfitta della Lega, l'avanzata del partito di Fini è terzo dato importante della giornata di ieri. Fini
è percepito dall'elettorato di destra come portatore di un messaggio politico più forte di quello incarnato da Berlusconi. Questo è vero soprattutto rispetto alle riforme istituzionali. Nella Bicamerale la voce dei presidenzialisti da oggi è più forte.