UN POLO SOLO IN TESTA AL GRUPPO
Di Salvatore Scarpino
Trarre un giudizio articolato da quelle diavolerie consultorie che sono gli exit poll e fonderlo in un articolo presenta sempre un alto tasso d'azzardo, ma ormai i virtuosismi dei sondaggi sono entrambi nelle nostre vite come le code in autostrada e non possiamo sottrarci alle insicurezze della modernità. Accettiamo il rischio, perché - pur mettendo in conto i possibili errori dei sondaggisti - è inferiore a quello che in queste ore corre Romano Prodi. Che si gioca molto, non perché l'abbia voluto, ma perché questa tornata elettorale non si poteva evitarla e cade quando l'Ulivo ha un anno, sicché non riesce né a parlare né a camminare. Guardando ai risultati virtuali nelle sei città più importanti in cui ieri si è votato si coglie un dato di tendenza importante: l'Ulivo non frena Rifondazione comunista: la nutre e la gonfia per esserne sempre più soggiogato. Il trend di Milano e di Torino è significativo. Due città con un'antica tradizione municipale di sinistra dicono chiaro e forte "no" al regime che s'è i
nsediato e che vuole durare. Con sottili sofisma nei giorni scorsi s'era tentato - da parte del governo e dei suoi fiancheggiatori - di dimostrare che la libera competizione nei comuni deve essere sganciata dal dibattito politico nazionale. Un'astrazione: come si fa a staccare le difficoltà, le attese e le paure di Milano e di Torino da pressioni, compressioni e depressioni che alle grandi città giungono da un potere degradato? La capitali del Nord Ovest - se gli exit poll almeno un poco funzionano - hanno detto no all'involuzione della vita italiana ai tempi della sinistra, alla conservazione senza speranza, all'eternità dei governi ricattabili. C'è anche un altro segnale: Forza Italia, cui di continuo si annuncia l'estinzione, non è un partito di carta. Ironizzino pure gli orfani di Cuore, i panda politici non stentano la vita in campo azzurro. Esce dai ballottaggi nel Nord Ovest la Lega di Umberto Bossi, lasciandosi alle spalle rimpianti e delusioni. E una grande responsabilità. Siamo al dunque: fra due s
ettimane gli elettori del Carroccio devono dimostrare che vogliono realmente - come crediamo - una maggiore libertà, in tutti i campi, e che non sono disposti a votare i loro naturali avversari pur di seminare il peggio. La dirigenza della Lega nel '94 consegnò il Paese alle sinistre, forse i suoi elettori a maggio saranno più responsabili. La congenita ostilità degli elettori leghisti allo statalismo di ritorno che si respira sotto i rami dell'Ulivo dovrebbe avere la meglio anche sulle velleità di Umberto Bossi, nel caso il Senatùr non fosse stanco di giocare alla revoluciòn. Ma i dolori per gli ulivisti e per il Pds non vengono soltanto dal Nord ovest. Segni d'incertezza si colgono anche a Nord Est e a Sud. Il centrosinistra perde qualcosa anche al Centro, dove i meriti dell'Ulivo sono scarsi, ma la viscosità del potere favorisce stagionate incrostazioni comuniste e postcomuniste. Anche il Sud si muove, la geografia nazionale non giova a Prodi, il quale non può certo consolarsi spostandosi in Europa: lì è
stato già battuto. Se gli aruspici col computer non sbagliano, per il Professore non s'apre un buon periodo. Certo, si aggrapperà al potere con insospettata energia e ci dirà che le emergenze italiane gli impongono di restare. Che trovata le emergenze! Rappresentano, con vivida semplificazione, le piaghe italiane, eppure servono a legittimare chi concorre a crearle, o almeno non le affronta.