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Segreteria Rinascimento - 28 aprile 1997
Da "La Repubblica" del 28/4/97 - pag. 17

CACCIA AGLI UOMINI DEI DOSSIER

IL VIMINALE SMENTISCE: MASONE NON LASCERA' LA CARICA

Dopo i nuovi sequestri dei fascicoli riservati, Napolitano conferma "misure contro i responsabili". La poltrona del capo della polizia non è però in discussione.

di Giovanni Maria Bellu

ROMA E' ancora là, dove è stato trovato dal giudice Carlo Mastelloni, l'elenco dei 250 informatori dell'Ufficio affari riservati. Con due differenze rispetto al passato: sulla cassaforte ci sono i sigilli della magistratura e nell'ufficio non c'è più il capo, Carlo Ferrigno. L'annuncio del ministro Giorgio Napolitano di "misure contro i responsabili" ha fatto nascere boatos allarmati, anche uno sulla "prossima rimozione" del capo della polizia Fernando Masone . Si tratta, secondo lo stesso ministro, di voci completamente inventate, al punto che non si è nemmeno ritenuto opportuno smentirle ufficialmente. Sul comportamento di Masone, infatti, non c'è alcun rilievo. Ma su quello di altri sì. E l'indagine ormai è partita. Riguarda 1'ufficio di Ferrigno. I suoi collaboratori. Le responsabilità interne nella custodia e nella gestione della cassaforte. Da Milano il pm Maria Grazia Pradella ieri ha smentito che ci siano altri indagati. Ma l'accertamento penale è una cosa, quello amministrativo un'altra. E qua l'am

bito dei responsabili potrebbe allargarsi. Di recente Ferrigno aveva rivoluzionato il vertice dell'ufficio Promossi e destinati ad altri incarichi due suoi vice, aveva creato uno staff tutto nuovo, di uomini di assoluta fiducia. A uno di essi era stata affidata la custodia dei documenti. Circostanze che probabilmente hanno aggravato la posizione del dirigente quando l'elenco dei 250 è stato scoperto. Un altro aspetto degli accertamenti riguarda la stessa formazione dell'archivio. Secondo quale criterio i materiali sono stati catalogati? E' vero che l'archivio negli anni passati è stato integrato con documenti depositati su ordine di responsabili politici del Viminale? I vertici del ministero hanno fretta di far dimenticare l'incidente. Ne è la prova l'invio annunciato due giorni fa con una nota ufficiale di nuovi fascicoli alla procura della Repubblica di Roma. Ma la conferma più forte è arrivata ieri, con le indiscrezioni su un incontro tra Masone e i tre sostituti procuratori romani (Franco Ionta, Giovan

ni Salvi e Pietro Saviotti) che indagano sul deposito trovato a novembre nella via Appia. La procura romana ha già accertato che molti dei fascicoli provenienti dal Viminale furono realizzati in modo "non legittimo". Ma questo è un altro aspetto della vicenda: non riguarda la responsabilità dei dirigenti del Viminale oggi in carica (Ferrigno è stato accusato soltanto di non aver consegnato il materiale) ma i criteri di gestione della politica della sicurezza in Italia a partire dal dopoguerra. Il sospetto del giudice Mastelloni è che sia esistita una sorta di "polizia parallela". In questo clima nonostante le smentite del ministro è ripresa nei corridoi del Viminale la pratica del "totocandidato" . Non solo per l'unico posto sicuramente disponibile, quello lasciato da Ferrigno, ma anche dello stesso capo della polizia. Quanto alla prima questione, il candidato più accreditato è Ansoino Andreassi attuale vice capo della polizia criminale. E va anche detto che indirettamente, è "per il futuro" l'incidente

occorso a Ferrigno ha liberato un altro posto di prestigio: quello di vicecapo della polizia. Il dirigente dimissionario era infatti uno dei candidati più forti. Sul dopoMasone, le voci continuano a rincorrersi da mesi e le ultime vicende le hanno solo risvegliate. I nomi che vengono fatti con maggiore insistenza sono quelli dell'attuale direttore del Sisde Vittorio Stelo, del capo della Dia Gianni De Gennaro, del capo di gabinetto del ministero Bruno Ferrante e del prefetto di Milano Roberto Sorge. E' interessante notare che il "totocapo" non nacque con la scoperta dell'archivio sulla via Appia ma a causa di più modesti e ordinari boatos burocratici sulla "imminente" sostituzione di due alti dirigenti: i responsabili dell'ufficio studi legislativi e il direttore generale dell'amministrazione. L'ipotizzato avvicendamento fu interpretato come il primo passo della sempre attesa da molti temuta, da altri sperata "rivoluzione al Viminale". E' quest'ultima una versione ministeriale delle leggende metropolitane.

Gli esperti dell'amministrazione assicurano infatti che una vera "rivoluzione" al Viminale presenta difficoltà maggiori della presa del Palazzo d'inverno. A meno di non accettare il rischio di paralizzare il paese, ci si deve accontentare di aggiustamenti, correzioni, prudenti iniezioni di efficienza. Napolitano ha scelto questa linea. Ma negli ultimi mesi, in due occasioni, ha dovuto constatare che la macchina burocratica del ministero proprio quell'apparato che lui, il primo ministro ex comunista, aveva tanto rassicurato fin dai primi giorni dopo l'insediamento non sempre risponde adeguatamente alle sue direttive. Con 1'aggravante di farlo proprio su una questione i misteri d'Italia, le stragi, i dossier molto cara alla parte del paese che sostiene i partiti al governo. Il "caso Ferrigno" non determinerà rivoluzioni, ne decapitazioni eccellenti, ma segna certamente un momento di crisi nei rapporti tra vertice del ministero e apparato. /~

 
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