E A META' MAGGIO SI PREPARA L'ADUNATA DEI PRESIDENZIALISTI
Roma. La data è stata scelta con cura, spiega Mario Segni: "Penso che nè questa maggioranza nè le larghe intese ci consentiranno di entrare in Europa e varare l'unica riforma necessaria. Perciò chiameremo a raccolta i presidenzialisti a fine maggio, dopo il secondo turno delle amministrative, con una manifestazione pubblica per il presidenzialismo subito". Si vuol cogliere l'Ulivo alle prese con difficoltà interne e la Bicamerale in un momento di impasse, per porli di fronte a un movimento composito, più ampio del Polo tradizionalmente schierato a favore del modello semipresidenziale francese o dell'elezione diretta del premier, facendo leva su settori del centrosinistra che per diverse ragioni non condividono le esitazioni di Massimo D'Alema. "C'è il rischio spiega il socialista Enrico Boselli che la Bicamerale partorisca un topolino: più del sistema maggioritario è l'elezione diretta a garantire stabilità. Fin dalla scorsa legislatura noi abbiamo presentato una proposta di legge costituzionale che va in
questa direzione". Anche i laburisti di Valdo Spini si sono uniti alla cordata, così come un gruppo di deputati diniani guidati da Natale D'Amico, portati da Diego Masi nell' "intergruppo presidenzialista" del quale è coordinatore: "Siamo più di ottanta deputati appartenenti a tutti i gruppi, in comune abbiamo l'idea che per completare la transizione occorra un riformismo forte e ci riconosciamo almeno nel modello francese, punto di mediazione fra la nostra idea iniziale del sindaco d'Italia (ossia estendere il sistema delle comunali al Parlamento) è il sistema americano a turno secco". Lo schieramento presidenzialista assomiglia a una fisarmonica, ampio quando si limita alla battaglia istituzionale vera e propria, ristretto nel momento in cui si mescolano i calcoli di parte dei suoi esponenti. Nella versione più estesa, il partito presidenzialista abbraccia Francesco Cossiga e Achille Occhetto, conta fra i convinti sostenitori Forza Italia Alleanza nazionale e diversi cespugli dell'Ulivo, ammicca ai riforma
tori di Marco Pannella e ai bipolaristi dell'Ulivo come Augusto Barbera e (alle sue spalle) Walter Veltroni. Giuseppe Zamberletti, vero coordinatore sul campo delle mosse di Francesco Cossiga, cerca di rassicurarli cosi: "La nostra unica paura è che in Bicamerale si arrivi a una riforma tradita, a un pasticcio tipo il 'premierato sussurrato' che si traduca di fatto in un passo indietro antipresidenzialista, qualcosa che snaturi la nostra idea forza, proprio come la quota proporzionale ha snaturato il maggioritario. Se questa è la strada abbiamo il dovere di dire che è meglio non toccare nulla, richiamare il Polo a un ritorno a quelle origini che ne hanno fatto la forza, e lanciare un segnale contro le tentazioni consociative che alla fine non premiano chi le coltiva. Ma è una battaglia ideale che vogliamo condurre senza doppi fini nè alcuna rivalità". Sul progetto gravano alcune ombre: il trittico CossigaScognamiglioSegni spesso appare come antitetico all'attuale leadership del Polo, è aperta la complessa qu
estione della candidatura di Mario Segni a Roma, i malevoli attribuiscono ai socialisti un presidenzialismo che mira solo a contare di più sotto l'Ulivo, su tutti si staglia infine l'ombra del ritorno alla politica di Antonio Di Pietro con un presidenzialismo che avrebbe tutto il sapore dell' 'uomo della provvidenza'. "Sarebbe una presenza inquietante, estranea a un presidenzialismo europeo, maturo e democratico. Voglio sperare che Cossiga e Segni non imbocchino quella che sarebbe una strada peronista" dice Enrico Boselli. Nello stato maggiore di Segni si negano "DiPietro? Nè noi lo abbiamo invitato a una manifestazione nè lui ha chiamato noi" e Zamberletti parla di "notizie gonfiate ad arte, quelli che contano sono i passi ufficiali e di formale non c'è stato nulla". Anche se Diego Masi conferma che battaglia presidenzialista e ridefinizione del panorama politico vanno di pari passo: "A ben guardare nello schieramento che manifesterà a maggio per il presidenzialismo si scorge giù un fronte liberaldemocratic
o, un Polo ristrutturato capace di essere il motore dell'innovazione, di superare la cultura statalista che accomuna i due poli ancora immaturi, privi di veri progetti alternativi".