Tornare in campo? Un'operazione irta di ostacoli
Una tradizione orfana di strutture politiche, gruppi dirigenti e soprattutto leader.
Lo spazio politico ci sarebbe, a ma a patto di non cedere a personalismi che già in passato (vedi Craxi e Pannella) hanno prodotto enormi danni
di Massimo Teodori
('MondOperaio', maggio 1997)
Laici e socialisti: sembra di discutere di archeologia politica. Eppure occorre avere il coraggio di riflettere senza pregiudizi di quel che queste etichette possono continuare a significare. La verità è che queste nostre tradizioni politiche, in tutta la varietà delle tante sfumature spesso contraddittorie le une rispetto le altre, non sono state mortificate, emarginate e vanificate soltanto dal cataclisma tangentizio e giudiziario. Sono tramontate anche per debolezza propria, per divisioni interne e per ragioni di leadership. Craxi e Pannella sono stati due giganti sulla scena italiana dominata da cattolici e dai comunisti, per lo più convergenti nella spinta antiliberale ed antiriformatrice. Ma Craxi e Pannella - nella loro enorme differenza - hanno cercato e voluto, ognuno a suo modo, la propria solitudine che ha finito per travolgerli o emarginarli. Il leader socialista a causa dell'eccesso di bramosia di potere e il leader radicale per incommensurabile ricerca di autogratificazione.
Laici e socialisti hanno oggi a che fare con questa eredità, tanto più difficile in quanto i due giganti delle nostra storia restano entrambi, in forme non paragonabili, tuttora presenti. Al di fuori di loro sarebbe facile percorrere la strada che porta a mettersi sotto la cappella delle grandi mamme, Ulivo e Polo. In fondo nell'Ulivo e in particolare nel Pds, c'è qualche gene di riformismo e una collocazione in quell'ambito non sarebbe priva di giustificazioni. Così come peraltro potrebbe avere un senso collocarsi nel Polo o addirittura in Forza Italia dove certamente allignano fermenti liberali. Molti laici e socialisti hanno già compiuto queste scelte. Ma non c'è dubbio che siano state segnate dall'insoddisfazione e dal fallimento politici da una parte e dall'altra, anche se possono aver gratificato le piccole ambizioni personali (rispettabili ma che non hanno nulla a che fare con l'inveramento di una tradizione politica).
La strada dell'autonomia politica e della realizzazione della tradizione politica laica, liberale e socialista riformatrice, è certo assai più dura, durissima, forse impossibile. Ma è proprio quella che ha reso giganti, quanto lo sono stati, Craxi e Pannella, anch'essi confrontati dalle egemonie comuniste e democristiane come oggi sono quelle del Polo e dell'Ulivo. Durissima, dunque, ma unica politicamente allettante. Ma allora è necessario domandarsi: esiste ancora una sostanza politica che giustifica anche un'autonomia e un'identità che non siano vestigia di un passato ormai scomparso? A me pare che si debba dare una risposta affermativa non soltanto sulla base delle tante delusioni accumulate dagli sperimentatori del Polo e dell'Ulivo.
Rimangono ancora molti gli obiettivi ed i programmi della tradizione laica e socialista sostanzialmente orfani: diritti individuali, giustizia e separazione dei poteri, Stato di diritto liberato dalle volontà egemoniche, anticorporativismo, riforma liberale dello Stato e democrazia dell'alternanza, attenzione ai nuovi marginali senza solidarismo devastante, istituzioni e non partiti.
Di materia ce n'è a non finire, specialmente nell'attualità politica che mette in evidenza, ogni giorno, il grande vuoto. Il punto è però, che non vi sono strutture politiche attrezzate ad una lunga traversata, non ci sono volontà unitarie capaci di superare i molteplici interessi di bottega, non vi sono gruppi di dirigenti disponibili ad anteporre i grandi interessi politici alle piccole ambizioni personali, e non vi sono leader dell'altezza della situazione capaci di raccogliere le truppe sparse per ogni dove.
Questa è la dura realtà. Per rendersi conto della difficile situazione basterebbe riflettere su quel che sta accadendo in questi giorni tra coloro che pure possono essere annoverati tra i migliori pezzi organizzati della nostra tradizione. I socialisti, che non hanno ceduto alle tentazioni delle calamite di destra e di sinistra, si attardano in impossibili presenze elettorali affidate alla nostalgia del richiamo ad un Psi che è inevitabilmente consegnato al passato. E Pannella, che continua meritevolmente a promuovere iniziative dall'altissimo profilo politico liberale e riformatore, non perde occasione per dichiarare che qualsiasi iniziativa di liberali, socialisti e riformatori è inutile perché tutto è già compreso e deve essere ricompreso all'interno del movimento che porta il suo nome.
Se non si accetta la capitolazione di fronte alla logica degli schieramenti bipolari - a netta egemonia cattocomunista l'uno, e clericomoderata l'altro , il panorama è, dunque tutt'altro che invitante, anche se può presentare qualche prospettiva entusiasmante a lunga scadenza. Anche per la riforma elettorale che uscirà dalla Bicamerale e dintorni, c'è da augurarsi che non incentiverà frammentazioni pratiche. Infatti la strada del rinverdimento laico e socialista non deve essere affidata ad anacronistiche sopravvivenze elettorali di botteghe. Se ha un senso coltivare una tale ipotesi, essa deve essere tutta politica, concepita in maniera radicale, basata su nuovi elementi piuttosto che su vecchi ingredienti, e deve aver l'ambizione di unificante di divenire protagonista non secondaria della nuova stagione. Altrimenti tanto vale affidarsi alla 'realpolitik' che, almeno, è più facile e comoda.