PATTO PER IL LAVORO BUCO NELLA SABBIADi Mario Pirani
C'era una volta il Patto per il lavoro... Ve ne ricordate? Fu firmato nel settembre dell'anno scorso da Governo, sindacati e Confindustria. Conteneva un elenco dettagliato di impegni reciproci, di obbiettivi concreti, di misure precise per alleviare la disoccupazione. In un paese normale una volta accordatesi le parti, con avalli e impegni del governo, si sarebbe passati alla esecutività pratica delle decisioni prese. Non in Italia dove il diritto delle parti ad accordarsi e del governo a governare vengono annullati da tre forze paralizzanti assai p potenti di loro, il Parlamento, la pubblica burocrazia e le magistrature amministrative che riescono ad affossare ogni cosa. Fino a che i loro poteri d'intervento non saranno drasticamente ridotti neppure un muretto verrà edificato. Ecco, infatti, il bilancio a sette mesi da quella firma "storica". La prima parte del Patto, che va sotto il nome d'arte di "pacchetto Treu", comprende, grosso modo, le riforme che riguardano il lavoro interinale, l'apprendistato, qua
lche facilitazione all'emersione del sommerso, ecc. A essi, per affrettarne l'iter (!), furono aggiunti nella Finanziaria i contratti d'area per le zone di crisi. Ci si poteva aspettare che, essendo stato firmato dai tre sindacati e dalla Confindustria, maggioranza e opposizione avrebbero messo il timbro senza far perdere altro tempo. Cosi non è stato. Al Senato centinaia di emendamenti hanno ristretto fortemente le flessibilità che le parti avevano definito. In particolare l'ala sinistra del Pds assieme a Rifondazione è riuscita a introdurre notevoli limitazioni al lavoro interinale e nuove rigidità come quella che equipara i licenziamenti collettivi alle norme sui licenziamenti individuali. Alla fine, pur cosi azzoppato, il pacchetto fu approvato dal Senato. Il testo è giunto ora alla Camera (secondo l'inutile bicameralismo). Anche in questo caso ci si poteva aspettare, data l'urgenza del problema e le modifiche introdotte dai partiti in Senato, che gli inquilini di Montecitorio si sarebbero limitati a un
visto formale. Nient' affatto: ben 600 emendamenti sono stati presentati, per cui, una volta terminata la discussione, la legge dovrà tornare al Senato in un infinito gioco dell'oca. A questo punto la Confindustria ha chiesto giustamente che il governo riprenda il testo approvato con i sindacati, vi apponga il voto di fiducia e lo faccia approvare senza modifiche dalle Camere. Ma la paura di Rifondazione e soci ha sconsigliato questa retta via. In commissione non si è riusciti a definire un testo. Il calendario per il dibattito in aula non è stato fissato e si teme che s'incrocerà con la discussione sul Documento di programmazione e con la riforma dello Stato sociale. Perdendosi in un imbuto d'incertezze. Ma il "pacchetto Treu" costituiva un pezzo del Patto per il lavoro. Il secondo era costituito dai "patti territoriali" (che comprendevano procedure rapide di finanziamento per iniziative locali concordate tra vari soggetti) e i "contratti d'area", per analoghi interventi in zone di crisi. Anche qui le commi
ssioni parlamentari, nostalgiche della lottizzazione, avevano bloccato tutto. Poi il Cipe era riuscito a varare una delibera per far partire i contratti d'area, almeno laddove i soggetti avevano raggiunto una convenzione con il Bilancio, si che potesse essere indetta una gara europea per le banche incaricate di sovrintendere all'istruttoria, al finanziamento e quant'altro. Via libera immediata, invece, nei casi in cui i finanziamenti fossero già stati approvati, come per Castellammare, Crotone e Manfredonia. Ma, a questo punto, tutto si è di nuovo paralizzato per il rifiuto della Corte dei conti di registrare la delibera Cipe. Analoga sorte hanno subito i due primi patti territoriali Enna e Siracusa già approvati dal Cipe e altri (Lecce, Benevento, Vibo Valentia, Brindisi, Caserta, Palermo e Nuoro) che stava approvando, sulla base degli accertamenti del Bilancio e del Cnel. Vi è, poi, la terza parte del Patto: le grandi infrastrutture come la variante di valico dell'Autosole o il raddoppio dell'autostrada
SalernoReggio. Non se ne sa più nulla ma, a sollievo delle attese, il ministero dei Lavori pubblici ha fatto sapere che sull'Autosole sono iniziati i primi "carotaggi", cioè sono stati fatti alcuni buchi in terra. "Io fo buchi nella sabbia...", suonava il verso più celebre di un poeta crepuscolare minore, Ernesto Ragazzoni. Una degna epigrafe per il Patto del lavoro.