La Confindustria ci ha comunicato il suo sostegno ufficiale a cinque dei quesiti referendari da noi elaborati, ove li proponessimo al paese.
Non sottovalutiamo affatto il valore di questo gesto, tanto più che da molti segnali appare frutto di un sofferto confronto interno fra chi vuole che la potente e classica organizzazione del mondo industriale italiano tenga in maggior conto le esigenze e la necessità di cinque milioni di famiglie di piccoli imprenditori (oltre che gli ideali di libertà politica ed economica) piuttosto che quelle di una sola famiglia del suo prepotere, alleata, oggi come da 80 anni nell'illibertà, con ogni oligarchia dominante sia essa totalitaria o no, di destra o di sinistra.
La Confindustria è dunque pronta a sostenere lo sforzo di incardinare nell'Agenda politica ed istituzionale italiana, sin da oggi, grazie alla mobilitazione democratica prevista dalla Costituzione con lo strumento referendario, il pungolo per una riforma liberale dell'attuale regime sanitario, e per la soppressione di alcuni aspetti, solamente marginali ma pur sempre consistenti ed emblematici, della legislazione oppressiva dei diritti del mercato, dell'impresa, del lavoro. Decideremo nelle prossime ore, al massimo entro il 19 maggio, se porci al servizio o no di una battaglia civile così circoscritta, giunti ormai all'ultimo termine possibile per realizzare una campagna referendaria che consenta al paese di votare entro la primavera del 1998 su temi che siano rilevanti o determinanti per il paese e per i suoi ceti produttori. Chiediamo che un dibattito si apra rapidamente per meglio comprendere, conoscere, valutare quel che dobbiamo fare. Poiché non vi è nessun dubbio che siamo l'unica forza politica e soci
ale organizzata storicamente capace di catapultare nell'opera di governo e di riforma di questo paese, il potere diretto del 'popolo sovrano', cioè la volontà dei cittadini, la difesa dei loro diritti e interessi umani, politici, civili attraverso l'arma della legalità costituzionale e della nonviolenza di massa gandhiana, referendaria, laica, liberale; poiché dunque questa è la nostra responsabilità (e il nostro compito) chiediamo quale debba e possa essere la nostra scelta:
accetttare gli obiettivi consigli, le opinioni della Confindustria, come finora espressi e comunicatici;
rinunciare a presentare una base troppo ristretta di intervento referendario
sulla politica economica e di libertà dell'impresa e del lavoratore, e quindi le richieste di referendum quantomeno di quelli economici;
o inisistere perché le maggiori organizzazioni degli imprenditori, a
comincare dalla Confindustria (le altre fanno finta di non sentire?), sostengano un pacchetto di referendum sul lavoro, sull'impresa, sul sindacato, sulle privatizzazioni, sulla previdenza, tale da poter offrire alla politica italiana oltrechè a milioni e milioni di produttori, ai Ciampi e alle correnti piu' riformiste della maggioranza e del Governo, una forza di mediazione reale fra le esigenze e le necessità maggioritarie dei cittadini da una parte e la grande potenza di veto delle grandi forze socialmente conservatrici, del blocco sociale dominante da 80 anni nel nostro paese dall'altra.
Ci è difficile comprendere bene perché mai la Confindustria che si era impegnata a lungo e con determinazione sui referendum elettorali del 1993 oggi ritenga di doverli ignorare, essendo gli stessi di allora, e il numero dei partiti piu' che raddoppiato grazie alle leggi oggi vigenti. Ci è difficile comprendere perché mai non voglia sostenere il referendum contro quel finanziamento pubblico dei partiti abolito con il voto del 93% degli italiani, reimposto con sistemi tali da aver provocato uno sdegno generale, anche di rivolta morale e di costume. Ma possiamo malgrado tutto accettarlo, e passare all'ordine del giorno. Ma non possiamo non rivolgere alla Confindustria e direttamente ai 5 milioni di imprenditori italiani, un pubblico e fiducioso appello perché vada oltre, e rimuovano l'opinione contraria fin qui espressa almeno contro i referendum di liberalizzazione dei contratti di lavoro a tempo determinato, a tempo parziale, e a domicilio; di abolizione delle pensioni di anzianità e delle altre proposte che
concernono il risanamento della previdenza. Un invito anche a ritirare le obiezioni di inopportunità rispetto ai referendum volti a ridisegnare non solo su una linea tacheriana, ma su quella di Tony Blair, poteri e privilegi delle organizzazioni sindacali, proponendo di abolire la retribuzione da parte delle aziende dei permessi sindacali, la contribuzione figurativa in caso di aspettativa, le trattenute in busta paga dell'INPS e dell'INAIL a favore delle associazioni sindacali e di categoria; i CIV, Comitati di Indirizzo e di Vigilanza, con i loro prepoteri di gestione e di controllo dei consigli di amministrazione dell'INPS e dell'INAIL; l'abolizione del blico ai patronati.