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Partito Radicale Rinascimento - 10 maggio 1997
Da "Il Sole 24 Ore" del 10 maggio 1997 pag. 2

NON CONVINCE REBUFFA IL "GOVERNO DEL PREMIER" PROPOSTO DAL LEADER PDS

ROMA - Nessuna novità, nessuna apertura: la proposta dalemiana del governo del premier investito direttamente dagli elettori, non convince affatto Giorgio Rebuffa che, insieme con Peppino Calderisi, "gestisce" le scelte di Forza Italia nel comitato per la forma di governo, quello appunto che si occupa di ridisegnare ruolo e poteri del nuovo possibile capo dell'Esecutivo. Perciò, prima di pronunciare un "sì" o un "no", Rebuffa vuole vedere che cosa c'è dentro il progetto che il presidente della Bicamerale ha delineato giovedì scorso ai componenti dell'ufficio di presidenza. Perché, spiega, dire "investitura diretta" equivale a dire poco o niente. C'è, insomma, ancora troppa vaghezza e probabilmente anche qualche margine d'ambiguità: l'esponente forzista è più che mai convinto che Massimo D'Alema continui ad »oscillare rendendo più che mai arduo il cammino delle riforme. Si tratta di capire, e al momento non c'è nessuna possibilità di farlo, dice Rebuffa, che nega con determinazione una sua pregiudiziale posi

zione di diffidenza. E argomenta: alla proposta chiara e precisa del semipresidenzialismo, D'Alema contrappone il cosiddetto governo del presidente scelto dai cittadini, ma non precisa se questo futuro premier dovrà poi passare attraverso la fiducia delle Camere, com'è del resto avvenuto col Governo Prodi, o sarà invece designato direttamente dagli elettori, ai quali dovrà quindi rispondere. La differenza non è di poco conto ed è proprio su questa differenza, osserva, che D'Alema sorvola come se si trattasse d'un particolare marginale. A tranquillizzare il commissario riformatore di Forza Italia non basta neppure la previsione d'una norma secondo cui il novello premier sarebbe dotato del potere fondamentale di sciogliere il Parlamento. Questa possibilità ha entusiasmato Giuliano Urbani ma Rebuffa non condivide. Perché, sostiene, se il potere di scioglimento è il prodotto d'un voto dato a una coalizione di partiti che sostengono un premier, sarà sempre un potere soltanto formale e persino pericoloso, suscetti

bile cioè di creare insanabili fratture fra esecutivo e legislativo. E difficile immaginare, esemplifica, che un presidente come Prodi, sostenuto da una coalizione assai eterogenea e del tutto privo d'un suo partito, possa mai decidere di sciogliere le Camere. E sempre al punto di partenza, allora, la riforma del potere di governo? Il parlamentare di Forza Italia motiva tutto il suo scetticismo sulla possibilità di individuare soluzioni in grado di risolvere una volta per tutte il problema della governabilità italiana perché, spiega, i motivi che hanno sin qui impedito al segretario pidiessino di procedere con la necessaria chiarezza sono ancora tutti lì: se la sua indeterminatezza è stata suggerita dall'incombere della scadenza elettorale di primavera, bisogna sapere che per l'autunno già si prepara un nuovo turno di voto. Se una certa vaghezza è stata determinata dalla necessità di barcamenarsi per non creare altre difficoltà al Governo dell'Ulivo, basta osservare che quei problemi sono sempre lì. Le rifor

me vere, conclude Rebuffa, non si fanno ricorrendo a più o meno felici stratagemmi terminologici. In ogni caso è utile mettere in chiaro fin d'ora che il prossimo 30 di giugno la Commissione bicamerale dovrà chiudere o con un preciso accordo fra i partiti o prendendo atto dell'impossibilità di un'intesa di fondo. Non serve rinviare alle assemblee i problemi che i commissari non sono stati in grado di risolvere. Perché nessuno è disposto ad affrontare la fase del dibattito parlamentare senza la certezza della tenuta politica.

F.Co.

 
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