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Segreteria Rinascimento - 17 maggio 1997
Da "L'Opinione" del 17 maggio 1997 - pag. 3

GOLDEN SHARE: SILENZI E BUGIE SUL REFERENDUM "TECNICO"

Della Vedova: "I poteri dello Stato nelle aziende pubbliche bloccano il mercato. Per questo, la nostra è una battaglia di libertà".

Silvia Cerioli

Per i Riformatori, è il simbolo stesso dello statalismo. Per la sinistra una sorta di male necessario se non addirittura un falso problema. La destra, con la scusa della libertà d'opinione interna al movimento, ne parla male ma non la combatte fino in fondo. La golden share. sulla quale tra un mese gli italiani dovranno esprimersi, è la classica questione dall'apparenza tecnica che, in realtà, è tutta politica. Non è un caso che su un referendum così ricco di risvolti ideologici le forze politiche non si esprimano in modo chiaro e, soprattutto, frequente: tanto è vero che se ne parla pochissimo. Da un punto di vista didascalico, la golden share è un insieme di poteri di veto detenuti dallo Stato circa l'assetto proprietario e le scelte economicofinanziarie dell'azienda. Per meglio esercitare tale diritto di ingerenza, ogni governo decide la quota azionaria da riservarsi. In genere, è utilizzata per salvaguardare un minimo di attenzione da parte del potere centrale negli enti che hanno una particolare importa

nza, come i servizi pubblici o le realtà strategiche per la difesa e la sicurezza nazionale. Esempio classico del genere: la mitica Margaret Thatcher che, di fronte alle resistenze politiche anche all'interno dei conservatori, ideò tale strumento per le imprese impegnate nel settore della difesa per poi lasciare in un canto tutte le prerogative assegnate dal governo all'interno delle stesse aziende. Fin qui, la nozione nuda e cruda. Poi, si passa alla politica. E' quasi superfluo, infatti, sottolineare che la cosiddetta "azione d'oro" costituisce un formidabile strumento di controllo statale sugli istituti privatizzati. La golden share vanifica il libero mercato, impedendo lo sviluppo di imprese libere dai laccioli pubblici e alterando la concorrenza tra aziende. In tal senso, i poteri speciali sottintendono trattamenti di favore, sostegni legislativi più decisi, un intero sottobosco di legami politici e richieste "che non si possono rifiutare" assai poco conciliabili con la redditività d'impresa. Ecco perch

é il referendum radicale acquista tanta importanza in un Paese che non ha mai dimostrato di amare il libero mercato se non a parole. Tuttavia, la scarsa pubblicità intorno alla consultazione rischia di far fallire l'obiettivo. "E' una battaglia benemerita che potrebbe essere persa per colpa di un'indifferenza voluta dal governo e dai mass media", sospira Giampaolo Landi, il deputato di An che ha appena presentato una proposta di legge per delimitare allo stretto necessario l'introduzione della Golden share. Per impedire quello che il componente della commissione Industria alla Camera considera "un grave errore", il parlamentare ha pensato un testo agile, che investe l'Autorità per il mercato e la concorrenza dell'individuazione delle società nelle quali introdurre i poteri speciali. "Tuttavia avverte ciò non vuol dire che la legge non offra i criteri in tal senso. Si parla esplicitamente di società che svolgono in regime di concessione servizi pubblici essenziali". Inoltre, l'azione d'oro non potrebbe dura

re più di due anni e non verrebbe più coinvolto il Consiglio dei ministri. Cambia completamente lo scenario giuridico: la regolazione dei poteri speciali si inscriverebbe nel diritto societario, cioè privatistico, non più nel diritto pubblico dell'economia. Inoltre, "alla golden share non sarebbe più legato il benché minimo possesso azionario. La temporaneità delle prerogative statali si muove in tale direzione e costituisce una garanzia". Tuttavia. pure sull'Antitrust di Giuliano Amato i sospetti di inerzia di fronte alle sterzate stataliste dell'economia italiana non sono

mancate. Cosa fa pensare che, dovendo indicare quando attuare i poteri speciali, non ci sia un identico pericolo? "Il fatto che, per forza di cose, si va verso l'Europa spiega Landi saranno le direttive comunitarie, di chiaro stampo liberista, a indicare la via al libero mercato, quindi anche alle privatizzazioni. La golden share, così com'è stata disegnata dalla legge 474, dovrà essere ridimensionata". L'altro dato tecnico importante è rappresentato dal riferimento all'articolo 2347 del Codice civile. "Si permette spiega il deputato - ai soci dissenzienti sulla golden share di rivendere le proprie azioni ad un prezzo calcolato sull'ultimo semestre di mercato". Landi ammette che resta comunque preoccupante "l'operazione pubblica di scarsa informazione circa il referendum d'abolizione. Io con l'assenso di Alleanza nazionale ho pensato la legge per evitare il 'no' degli elettori dovuto al silenzio dei media, non ad una scelta consapevole dei cittadini". Per quanto riguarda il suo progetto di legge, il parla

mentare è più ottimista: "Il testo può trovare assensi trasversali. Non è soltanto il Polo a non volere le privatizzazioniburla ed i patti di sindacati eterni nel

tempo, penso ad una sinistra moderna, come quella di Michele Salvati e Franco Debenedetti, che crede nel principio della libera concorrenza". Benedetto Della Vedova, segretario dei Club Pannella e promotore della consultazione, conosce bene i rischi che derivano dal silenzio sui referendum. Soprattutto se si parla di un argomento particolare come la golden share. "Almeno non c'è il pericolo che si eviti il voto perché è stata approvata una legge sul tema dice il punto, però, è sfruttare al meglio questa occasione per mettere in piedi una battaglia d'opinione legata, appunto, al quesito referendario. Fino al referendum, comunque non mi preoccuperò del 'dopo' ma di come organizzare l'incontroscontro tra liberisti e statalisti. Ecco perché ci occorre visibilità: per far conoscere le ragioni della consultazioni e, ovviamente, le vere ragioni di chi si oppone all'abolizione della golden share. Ci appelliamo alla Vigilanza Rai e alle televisioni perché ci diano spazi per la nostra propaganda". Sulla falsa riga d

el movimento d'opinione, va registrato il favore di Confindustria che, a detta del suo presidente Fossa, "sulle privatizzazioni vuole vederci chiaro". Lodevole, ma insufficiente. Per Della Vedova, "l'ideale sarebbe un grande forum degli addetti ai lavori. In genere, non amiamo le cordate di intellettuali ma, in questo caso, la trasversalità degli assensi è fondamentale". In una condizione di indifferenza generalizzata, la campagna referendaria sulla golden share diventa ancora più difficile. Spiega il segretario dei Club Pannella: "I liberali devono farsi sentire, aiutare la gente a comprendere il problema. L'alternativa? Che le aziende pubbliche si vendano sul serio. Altrimenti, sarebbe ora che i partiti si assumessero la responsabilità di gestione. Dei disavanzi aziendali provocati da logiche politiche, nessuno risponde mai". Ecco perché i radicali confidano nell'anima liberista del centrodestra. "Chiediamo al Polo di sostenere questa e tutte le altre consultazioni, che invocano un'economia libera dall'ing

erenza pubblica". Quello che teme Della Vedova sono i 'benaltristi', vale dire quelli che dicono "si, è una battaglia giusta, ma i problemi sono altri". In questo modo, dichiara il referendario "non si combina mai nulla, limitandosi a cristallizzare l'immobilità attuale. Ora si sta consolidando un potere da far impallidire l'Eni di Enrico Mattei, grazie al Tesoro di Ciampi e Draghi. In breve: se non ora, quando?". Che il referendum sia un'ottima occasione per parlare di golden share e di mercato lo dice anche Franco Debenedetti, il senatore progressista che si è spesso dichiarato a favore delle battaglie liberali proposte dal Club Pannella. "E' una questione tecnica, difficile da spiegare afferma il parlamentare per questo vincere la consultazione risulta piuttosto ostico. Tuttavia, il referendum offre l'opportunità di affrontare una tematica tanto complessa e bene fanno i Riformatori a chiedere la possibilità di spiegare cosa c'è dietro questa consultazione". Debenedetti voterà per l'abolizione. "La golde

n share dichiara è uno strumento che diminuisce il valore delle azioni. Il che implica una collocazione sul mercato assai minore. Non voglio dire che sia il preludio ad una falsa privatizzazione ma certo non aiuta". Del resto, avverte Debenedetti, tutti i paesi che hanno venduto le aziende pubbliche hanno utilizzato lo strumento dei poteri speciali. E' da vedere, però, come sono stati adottati, in quali forme. Di solito, si cita la Thatcher che, lo ricordo, pensò alla golden share per vincere l'ostruzionismo politico sulle dismissioni". In Italia, comunque, "il timore che l'azione d'oro sia limitante è fondato. Se si fosse voluto privatizzare, infatti, le resistenze che ben conosciamo non ci sarebbero. E quando parlo di resistenze, mi rivolgo a sinistra come pure a destra". Perché la trasversalità? "E' la forza di interessi organizzati, sia industriali che politicosindacali, a premere in senso inverso alle vendite azionarie. Per capirne di più, consiglio di leggere il libro di Macchiati sul tema: a molti c

olleghi parlamentari potrebbe servire . Ad eccezione del senatore, voci autorevoli della sinistra a favore della proposta referendaria non se ne sentono. Inutile dire che la golden share è amatissima da Rifondazione comunista. Tanto è vero che Bertinotti, parlando della Stet in via di dismissione con un'azione d'oro consistente, l'ha definita "un'ottima privatizzazione". Dal Polo, almeno a parole, l'appoggio al referendum c'è anche se, a detta dei Riformatori, non si vede abbastanza. In effetti, al di là dell'impegno personale di Giampaolo Landi e di economisti come Martino e Marzano, i maggiori esponenti dell'opposizione preferiscono dedicarsi alla "politica politicante" che al dibattito sulla golden share. Da mesi, l'ex ministro degli Esteri nel governo Berlusconi sottolinea l'importanza dei referendum. "Non mi si venga a dire che è un fatto culturale dichiara questa è una vecchia scusa messa in campo da noi italiani quando non capiamo qualcosa. E' vero che è necessario spiegare alla gente di cosa si tra

tta, ma è davvero tanto complicato dire che vendere imprese un tempo

pubbliche sottintende che lo Stato ne abbandona la gestione? Io dico di no". E aggiunge, ironico: "Gli italiani, purtroppo, hanno un'antica esperienza in fatto di scippi. Non credo che illustrare i retroscena politici delle dismissioni sia per loro una gran novità". Per Antonio Marzano, vicepresidente dei deputati azurri, "le privatizzazioni restano un grande cavallo di battaglia del centrodestra, avanzato di recente anche a suon di mozioni. La maggioranza ha tentato di insabbiare la questione, ma la consultazione glielo impedirà". Tuttavia, il timore che il referendum sulla golden share si riveli un fallimento appare fondato. "Ma non è colpa di una disunità dell'opposizione sul tema asserisce ho trovato molti sani liberisti in Alleanza nazionale, che molti accusano di statalismo. Il problema è riuscire ad evitare l'effettoBicamerale. Le riforme, infatti, inghiottono ogni argomento". Vero, ma all'appuntamento con le urne, manca meno di un mese. Basterà? Il Club Pannella ce la sta mettendo tutta. I Riformat

ori si consolano ricordando che, almeno sulla golden share, nessuno sta tentando colpi di mano legislativi. Intanto, la nuova Stet di Guido Rossi, ribattezzata Telecom Italia, vuole collocarsi sul mercato con una golden share del 3 per cento, arricchita dalla prerogativa statale di decidere se ammettere o meno nuovi azionisti. Mentre l'Enel, secondo Rifondazione, deve restare pubblica e l'Eni appartenere allo Stato per il 51 per cento. Per i referendari ed i liberali di tutti gli schieramenti, c'è poco da stare allegri.

 
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