CALLIERI: "CARO D'ALEMA, ADESSO BASTA CON LO SPAGHETTI WELFARE"
Il vicepresidente della Confindustria scrive al leader pds e pone il problema dei giovani.
"Qui si continua a difendere un sistema che non ha nulla a che vedere con la tutela dei deboli"
"L'Italia entrerà in Europa, ma se nei tempi regolari o in quelli supplementari non so ".
di Anais Ginori
ROMA - "Caro Massimo, qui si continua a difendere un sistema che non ha nulla a che vedere con la tutela dei poveri e dei deboli ed anzi esclude le nuove generazioni. Prendiamo piuttosto esempio da come funziona altrove...". Nell'infuocato dibattito sulla riforma del nostro Welfare, Massimo D'Alema ha ricevuto una lettera che suonava più o meno così. Il mittente era il suo amico nemico Carlo Callieri, vice presidente della Confindustria, che fra poco più di una settimana guiderà la giornata nazionale "I giovani e le imprese verso l'Europa". Proviamo a vedere ha detto Callieri al segretario della Quercia, così è successo in Olanda dove "un governo di socialisti è riuscito a riformare lo Stato sociale in modo estremamente innovativo". Lassù, nel paese dei mulini, ora l'economia tira oltre il 3%, il deficit è ben al di sotto dei parametri richiesti da Maastricht, il tasso di disoccupazione (al 6,5%) è fra i più bassi d'Europa. Il modello olandese presuppone un alto grado dl coesione sociale e la sua esportazion
e, quindi, non è affatto automatica... "Per quanto ci riguarda il negoziato sul Welfare non è neanche iniziato. Rimaniamo in attesa di procedere ad una concertazione triangolare su questo tema, ricevendo dal governo una proposta precisa". I1 28 maggio, assieme ad altre importanti associazioni imprenditoriali, la Conflndustria organizzerà in tutte le città d'Italia la giornata nazionale "Le imprese e i giovani verso l'Europa". Perchè? "I giovani sembrano estranei al dibattito sull'Europa perchè vengono enfatizzati i rischi più che le opportunità. La costruzione dell'Europa unita è invece un grande disegno politico di cui godranno soprattutto le nuove generazioni. Significa benefici sui tassi d'interesse, stabilità del cambio, modernizzazione dello Stato. Questa convergenza permetterà anche una straordinaria mobilità di risorse e di lavoro, limitata adesso solo ad un'élite". E' una vostra risposta all'iniziativa dei sindacati europei che si svolgerà nello stesso giorno a Bruxelles? "Ma no, è solo una coinciden
za che ci sembra pero opportuna se anche i rappresentanti dei lavoratori vogliono dare un loro contributo al dibattito sul lavoro e l'Europa". Perchè i giovani sono i più "euroscettici"? "Questo clima di sfiducia verso l' Europa rivela probabilmente un timore diffuso sulle probabilità di insuccesso di questa idea proprio sul piano della creazione di nuovi posti di lavoro oltre che al risanamento finanziario. E, in fondo, dietro questo scetticismo c'è la responsabilità di chi non ha alcuna voglia di risanare i conti pubblici di rivedere norme che non hanno nulla di europeo". A giugno i capi di governo europei si riuniranno in Olanda per ridiscutere il trattato di Maastricht, ma di lavoro e disoccupazione non si parlerà: non è un brutto segnale? "L occupazione deve essere una preoccupazione dei singoli Stati membri e non ci può essere una soluzione che vale per tutti. L'Italia, per esempio, deve capire che il lavoro non è una concessione dello Stato ma dipende dalla possibilità di rimettere in moto il sistema
economico e di migliorare la competitività
delle nostre imprese. I posti non si creano per decreto: c'è bisogno di incentivi alla mobilità sociale, di flessibilità, di qualità dei sistemi educativi e dell'offerta di formazione". Quante cose da cambiare... "Eppure io credo che l'Italia può riuscire a modernizzarsi, ad eliminare dall'ordinamento lacci e lacciuoli di natura fiscale, burocratica e normativa che adesso impediscono alle imprese di dispiegare tutto il loro potenziale di competitività ed ostacolano chi vuole intraprendere nuove attività economiche". Su questo terreno gli industriali si preparano ad affrontare due importanti appuntamenti: la riforma dello Stato sociale e la revisione dell'accordo di luglio '93. "L'accordo sul costo del lavoro è un pilastro del nostro sistema. Ha funzionato, avvicinandoci fortemente all'Europa e credo che bisognerà integrarlo per migliorarlo nelle parti che sono state disattese, cioè le regole della flessibilità. La sfida europea ci impone invece di rivedere 1' intero impianto dello Stato sociale, di quello ch
e io chiamo il nostro ' Spaghetti Welfare' una strana pietanza fatta di una sanità burocratizzata e sovraffollata, trasporti semigratuiti, un pubblico impiego mal pagato e inefficiente, pensioni fondate sulla tutela di chi già lavora ed è già assistito e non di chi è giovane e disoccupato". Dica la verità: scommetterebbe sul nostro ingresso in Europa? "Si, ci scommetterei. Non mi chieda pero se entreremo nei tempi regolari o ai supplementari ".