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Segreteria Rinascimento - 19 maggio 1997
Da "IL GIORNALE" del 19 maggio 1997, pag.1

LA RESURREZIONE DEI MOSTRI

di Massimo Teodori

Lo scontro in atto sulla giustizia si serve ancora una volta surrettiziamente dei mostri. I1 partito giustizialista guidato dai pubblici ministeri di Milano e Palermo e organizzato dai tardogiacobini di Flores d'Arcais non trova altri argomenti per fondare le proprie tesi che ricorrere all'animazione dei fantasmi del passato. Che c'è di più efficace, e di più innocuo, per creare un clima d'emergenza, per suscitare l'indignazione popolare e per strappare applausi che evocare Craxi e Gelli, Gelli e Craxi, mostri che più mostri è difficile trovare? Il pm milanese Francesco Greco, nel mezzo di un intervento sulla criminalità economica, ha tuonato: "Non piango se un governo di sinistra sta facendo quello che nemmeno Craxi ha mai tentato". La frase meriterebbe il silenzio se non nascondesse inquietanti pregiudizi: che il governo della sinistra è intrinsecamente buono e qualsiasi deviazione da quel che un gruppo di magistrati pensa debba essere la retta via è un'ignominia da condannare; e che il governo Craxi ha ra

ppresentato il non plus ultra dell'antigiustizia in combutta con la criminalità d'ogni tipo per impedire il trionfo del bene. Nelle società liberali, persone che ragionano in questo modo sono definite true believers credenti del vero e giudicate pericolose per la convivenza civile, soprattutto se hanno responsabilità di giustizia, poichè scatenano settarismi e ideologismi popolati da mostri. Infatti dopo il mostro Craxi, con una vera e propria corsa al rialzo, non poteva mancare il tentativo di collegare alcune sagge e civili proposte di riforma giudiziaria con un'altra premiata ditta mostruosa. Se Milano ha giocato con Craxi, Palermo ha risposto con Gelli. Roberto Scarpinato, pubblico ministero del processo Andreotti, ha rilanciato: "Ha ragione Gelli a pretendere i ringraziamenti del governo, che sta attuando il suo "Piano di rinascita democratica"". In verità, l'uso come pubblico spauracchio dell'ottantenne ex Gran Maestro della P2 non è uno nuovo e continua a essere inflazionato da chi vuole impressiona

re i bravi cittadini giustamente arrabbiati per la corruzione dilagante. Si prenda, per esempio, il procuratore di Napoli, Agostino Cordova, che non smette un solo giorno di lanciare allarmi su una P2 viva e vegeta che si aggirerebbe tra noi, oppure la congrega di Micromega che ama dilettarsi nel gonfiare di aria fritta quel palloncino dal nome di "Piano di rinascita democratica", una bufala innocua allestita più di venti anni or sono per fare da paravento a traffici d'ogni tipo . La verità è che i mostri sono stati e continuano a essere funzionali all'immobilismo, come provano anche i ragazzotti del Serenissimo esercito veneto. Diviene però sempre più penoso constatare che nella generale Palude in cui stiamo di nuovo affogando, viene in tal modo impedito ogni tentativo di riforma e la giustizia è tra i più urgenti problemi a cui si deve metter mano per recuperare una civile convivenza ricorrendo alle vecchie paure e ai vecchi fantasmi che dovrebbero trovare la definitiva collocazione nel museo delle cere.

Con la sola agitazione del nome di Craxi, conservatori e giustizialisti d'ogni tendenza cercano di rintuzzare ogni sia pur timida apertura liberale che si intravede nella sinistra, come l'abolizione dell'articolo 513 che è un vero insulto allo Stato di diritto, o la bozza Boato che con moderazione tenta di limitare lo strapotere dei pubblici ministeri. Lo stesso Gelli continua a essere utilizzato come un docile strumento buono per tutti gli usi l'utile servitore o il docile spauracchio come è stato sempre fatto in passato dai detentori del potere. Con lui gli uomini della prima Repubblica fecero ogni sorta di tresca non già per abbattere le istituzioni ma per controllarle infradiciandole. Ora, a distanza di venti anni, ci sono ancora dei buontemponi che agitano il "Piano di rinascita democratica" per creare l'allarme contro civili riforme di giustizia, riuscendo perfino a conquistare titoloni di prima pagina sui grandi quotidiani nazionali. Che decadenza.

 
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