SIGNOR DIRETTORE
Ogni cittadino paghi il suo partito. Una proposta per il finanziamento della politica.
Di Massimo Teodori
Domani, venerdì 23 maggio, si terrà alla Biblioteca della Camera dei Deputati la prima iniziativa che tenta di dare una risposta realistica al costo della politica secondo un'impostazione radicalmente alternativa al finanziamento pubblico fin qui praticato da tutti i partiti italiani, vecchi e nuovi. Promosso dall'associazione Società ApertaNuova Costituzione con le riviste Biblioteca della libertà, Ideazione, Liberal e Mondoperaio, e sostenuto da un centinaio di personalità non parlamentari d'ogni area politica, il progetto prevede un finanziamento diretto privato della politica mai in precedenza proposto fin da quando nel 1958 fu bocciato quello di Sturzo. La politica costa. Ignorare che il rapporto tra denaro e politica è vitale per la democrazia è ipocrita. Ognuno sa quel che è accaduto nella prima Repubblica, nonostante fosse in vigore dal 1974 il finanziamento pubblico. Attualmente i partiti godono di molti finanziamenti tutti erogati dallo Stato e quindi pagati da tutti noi: 160 miliardi l'anno di con
tributi ordinari secondo la nuova legge che ricalca quella vecchia abrogata nel 1993; circa 100 miliardi di rimborsi a ogni elezione; finanziamenti per centinaia di miliardi ai giornali di partito; altri svariati contributi indiretti come per le fondazioni parapartitiche.. Tutto ciò solo per parlare dei finanziamenti palesi a cui vanno aggiunti quelli privati che però seguitano a restare nella penombra. La nostra proposta alternativa è semplice. Il flusso di denaro che dai cittadini va alla politica non deve più passare attraverso lo Stato e non deve genericamente finanziare il sistema dei partiti, ma deve seguire una strada diretta dal contribuente al partito. Tutti i contributi privati a partiti, movimenti politici, candidati alle elezioni, articolazioni territoriali, componenti partitiche e ad altre iniziative politico istituzionali come i referendum sono liberi, mentre la mano pubblica mantiene le funzioni incentivante e regolatrice. Le erogazioni dirette dal singolo cittadino a chi egli ritiene che megl
io difenda i suoi interessi vengono favorite con una larga defiscalizzazione: fino a 20 milioni per le persone fisiche e fino a 100 milioni per le persone giuridiche per il finanziamento annuale; fino a 10 milioni e 50 milioni in occasione delle elezioni politiche, europee e regionali e per i referendum. Tutto il sistema privato di finanziamento deve però essere improntato alla massima trasparenza sia di chi dà sia di chi riceve; prevedere rendiconti e controlli analitici, stabilire limiti realistici di spese elettorali affinchè si raggiungano condizioni di uguaglianza del punti di partenza. Questa proposta vuole valorizzare al massimo la libera scelta del cittadino esaltandone la facoltà di sostenere apertamente con mezzi finanziari le idee e gli interessi che più gli sono consoni; e vuole promuovere la trasparenza dei flussi di danaro verso la politica non condannando moralisticamente i finanziatori ma, al contrarlo, premiando realisticamente quanti intendono investire denari nella difesa dei propri intere
ssi, che siano economici, sociali, ideali, di impresa, di sindacato, di categoria professionale o di semplice organizzazione civile o filantropica. Utopia liberale? Se si facessero quattro conti su quello che oggi forzosamente i cittadini sono costretti a dare alla politica senza poter scegliere i beneficiari e quello che con questa ipotetica legge affluirebbe alla politica, forse il bilancio complessivo non varierebbe molto con la sostanziale differenza di non provocare quella corrente di ostilità che corrode e distrugge la politica e la democrazia. E, forse, con tale meccanismo si impedirebbe il ripetersi di tangentopoli. Cittadini liberi e disinteressati hanno avanzato fuori dal Parlamento una proposta che dovrebbe almeno essere discussa come un idea praticabile. Se alle riforme istituzionali non si aggiunge una decente riforma del finanziamento della politica (la cui gestione non pub essere affidata agli amministratori di partito, come nel caso della legge approvata dl soppiatto nel gennaio 1997), si las
cia un grosso buco nero che prima o poi esploderà. Spetta alle forze più responsabili nei partiti e in Parlamento fare propria l'idea avanzata da liberi cittadini e magari la stessa proposta di legge nell'interesse della democrazia.