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Segreteria Rinascimento - 27 maggio 1997
Da "L'UNITA'" del 27 maggio 1997, pag.15

IL "4 PER MILLE" AI PARTITI. SARA IMPOPOLARE MA EVITA IL MERCATO NERO DELLA POLITICA

Finanziamento pubblico

Di Enzo Roggi

Un amico, che si considera cartesiano per via della tendenza a "guardare sempre cosa c'è dietro", mi ha passato due paginette fitte di calcoli che si concludono con un totale di 6.500.000.000. Sei miliardi e mezzo sarebbe costata secondo lui, la "marcia contro le tasse e per il lavoro" del Polo a Milano (spese di trasporto, spese organizzative e di allestimento esclusi gli apporti individuali per alimentazione, riposo, e cosi via) Un po' meno sarebbe costata la marcia romana dell'anno scorso, per il fatto che la Capitale è logisticamente più accessibile dell'eccentrico capoluogo lombardo. Un giorno di kermesse più un paio di giorni di passaggi sui telegiornali costano, dunque, all'incirca un terzo del finanziamento pubblico annuale di Forza Italia secondo i parametri della nuova legge sulla sovvenzione della politica. Ora facciamo l'ipotesi che tale legge non esistesse (come desidera ardentemente Pannella) e domandiamoci se e come l'adunata di Milano avesse potuto aver luogo. Per quel che ne sappiamo gli isc

ritti a Fi sono poco più di qualche migliaio, e dunque è da ritenere che non avrebbero potuto coprire una tale spesa in proprio. L'alternativa sarebbe stata dunque una sola: o la manifestazione non si sarebbe tenuta o si sarebbe dovuto ricorrere al finanziamento molto speciale di un qualche plurimiliardario (e si sa bene chi sarebbe stato). Un'alternativa tra il nulla politico e Paperone, che non è proprio il massimo per una democrazia. Noi, che nulla condividemmo del raduno milanese, non avremmo potuto che dolerci del fatto che l'opposizione fosse costretta nella morsa tra il silenzio o la dipendenza plutocratica. Questo del finanziamento della politica è davvero un argomento scomodo, impopolare, aspro. Non ne esiste un altro che più si presti a essere brandito

per strappare l'applauso concorde di ricchi e di poveri, di profittatori e di sfruttati, di persone perbene e di mascalzoni. E possibile immaginare l'unità demagogica della nazione, con una minoranza intimorita e silenziosa di contrari. Ebbene, se fosse per me, bisognerebbe mettere tra i parametri di Maastricht proprio il fattore dell'antidemagogico finanziamento pubblico, consensuale e controllato, dell'attività politica in virtù dell'elementare regola democratica per cui la politica non può appartenere in esclusiva ai ricchi e ai corrotti ma al popolo che si autogoverna con la rappresentanza e che ha il diritto alla partecipazione tramite libere sedi organizzate di pensiero e di azione politica. Non a caso in tutta l'Europa non c'è paese democratico che non abbia una propria disciplina legislativa in merito. Ma, si dirà, nessun altro paese europeo ha avuto tangentopoli. Calma. Anche le cronache altrui sono piuttosto generose in fatto di corruzione della mano pubblica. La questione, piuttosto, è qualitativa

. Altrove lo scandalo non ha raggiunto la qualità dirompente dell'Italia perchè la democrazia politica ha funzionato meglio che da noi, non ha conosciuto un blocco quarantennale del ricambio, è stata meno colpita dalle patologie della guerra fredda ed anche perchè si è consolidata una storica tradizione di finanziamento pubblico e controllato delle formazioni politiche. L'Italia è arrivata buona ultima ai pascoli della normalità, del resto tutt'ora cosi imperfetta da imporle unica anche in questo nell'Europa la riscrittura della sua Costituzione. La questione è cosi riducibile alla domanda: vogliamo andare avanti o tornare indietro? Ora noi italiani abbiamo in agenda due appuntamenti, uno possibile e uno certo. E possibile che l'abrogazione del finanziamento pubblico sia ammessa a un futuro voto referendario; ed è certo che tutti noi siamo chiamati proprio in questi giorni, a decidere se cedere alla demagogia o inviare un messaggio non dico gioioso ma almeno positivo. Mentre siamo obbligati a lasciare Pann

ella alle prese con la Cassazione e la Consulta, abbiamo la libertà di scegliere che cosa fare di quel piccolo allegato alla nostra Dichiarazione dei redditi in cui ci si domanda se siamo a favore (firmando) o contrari alla destinazione del per mille della nostra Irpef al finanziamenti dei partiti e movimenti politici, finanziamento che non ci costerà nulla in più rispetto a quanto dovremo comunque pagare per 1'Irpef. Nel decidere si dovrebbe tenere presente al di là d'ogni altra considerazione ideale o di appartenenza, che se si è tra quell'80% di italiani che hanno votato in questa seconda repubblica, non si può contraddire noi stessi rifiutando un lecito finanziamento dopo aver dato un legittimo voto a quegli stessi partiti. Bisogna essere coerenti. E anche un po' generosi mostrando di perdonare l'incomprensibile silenzio proprio dei partiti (a parte una timida sortita del Pds) verso i contribuenti per quest'appuntamento. La democrazia, perquanto imperfetta, non ha succedanei accettabili, e la politica è

il suo alimento. E come ogni alimento ha un qualche costo. Evitiamo il mercato nero.

 
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