BOCCIATI ALTRI QUATTRO REFERENDUM
Per protesta contro la tv, Pannella in video vestito da fantasma
La Cassazione riduce a sette i quesiti del 15 giugno
ROMA Non più 11 ma 7 i referendum su cui si voterà il 15 giugno. La Cassazione ha infatti giudicalo che quattro dei quesiti presentati dalle regioni sono stati superati per via parlamentare. I referendum cancellati dopo l'approvazione delle due recenti leggi Bassanini sullo snellimento delle procedure amministrative riguardano i concorsi pubblici, i segretari comunali, i controlli del Coreco sugli atti dei comuni c i controlli delle commissioni statali sugli atti delle regioni. Tra quelli di iniziativa regionale rimane in piedi soltanto il referendum per l'abrogazione del ministero per le Risorse agricole, che potrebbe saltare anch'esso se entro il 15 giugno sarà approvato il decreto legislativo predisposto dal governo. Gli altri sei referendum rimasti in pista sono stati proposti dai club Pannella e la campagna di informazione decisiva che li riguarda è iniziata ieri tra le polemiche dei promotori con la Rai e con un colorito show del leader radicale, che si è presentato alla prima "tribuna" del Tgl travest
ito da fantasma. I quesiti su cui gli elettori saranno chiamati a pronunciarsi riguardano a parte l'incertezza su quello del Ministero delle Risorse agricole - l'abolizione dell'Ordine dei giornalisti; della "golden share", cioè i poteri dello Tesoro nelle aziende pubbliche da privatizzare, i limiti per l'ammissione al servizio civile in sostituzione della leva; la facoltà dei cacciatori di entrare nei fondi agricoli; gli incarichi extragiudiziari dei magistrati; gli automatismi di carriera dei giudici.
Soddisfazione per i quatto referendum cancellati è stata espressa dal sottosegretario agli Interni Adriana Vigneri, che nella decisione della Corte ha visto "il riconoscimento del lavoro svolto da governo e Parlamento che con la legge 59, per i concorsi unici, e la legge 127, per le altre materie, ha modificato i principi ispiratori della precedente disciplina, recependo anche le istanze pervenute dal mondo delle autonomie locali". E soddisfatti si dichiarano anche i promotori dei referendum cancellati, per i quali parla Roberto Formigoni: "Questa volta il Parlamento ha compreso la giustezza delle nostre richieste e ha pienamente accolto l'intento riformatore delle regioni stesse". L'unica punta polemica il presidente della regione Lombardia la riserva alla Corte costituzionale che aveva bocciato gli altri sette quesiti delle regioni, osservando che i promotori "avevano pienamente ragione" e che se non fosse prevalso "l'intento restauratore della Corte, oggi, con gli altri referendum, avremmo fatto ulteriori
passi sulla via del federalismo e la Bicamerale avrebbe la strada spianata". Per un Formigoni soddisfatto, un Pannella furibondo, che a difendere il suo referendum sulla caccia e gli altri cinque si è presentato in tv sotto un lenzuolo con i classici buchi per gli occhi e la bocca e un cartello con scritto fantasma della democrazia, della legalità, dei referendum, dei Riformatori, dell'informazione". Naturale che il confronto sul merito con il perplesso rappresentante dei cacciatori si sia perso per strada tra le invettive del leader riformatore contro un'informazione televisiva "senza pudore". Pannella, anche in una successiva conferenza stampa, ha protestato per i ritardi sull'informazione dei referendum che sarebbe dovuta iniziare un mese prima del 15 giugno, affermando che "il regime ha paura di informare e non vuole che si voti in modo chiaro". Essendo in calendario ieri sera un'altra tribuna sull'Ordine dei giornalisti, la Rai ha pensato bene, per evitare un altro "fantasmagorico" show di Pannella,
di cancellarla. Immediatamente la reazione di Marco con una denuncia per "interruzione di pubblico servizio", accompagnata da un ricorso alla Corte costituzionale del comitato promotore de referendum contro il regolamento adottato dalla commissione di vigilanza Rai sulle tribune referendarie, e ad un'istanza denuncia al garante per l'Editoria per l'ostracismo di tutte le emittenti pubbliche contro i "soggetti referendari".