Tutta la città ne parla / Stampa e PotereDi Ettore Colombo
(DIARIO, del 28 maggio '97)
Vicissitudini e ostruzionismi parlamentari del testo di riforma Passagli sulla professione giornalistica
Il 15 giugno, data di svolgimento dei 18 referendum proposti da Marco Pannella, tra i quali anche quello sull'abolizione dell'Ordine dei giornalisti, incombe. E la categoria giornalistica trema. Di progetti di riforma dell'ordine, anche a prescindere dai referendum, in Parlamento ne giacevano molti, come quello dei senatori Tino Bedin e Antonio Duva, assegnato alla prima Commissione "Affari costituzionali" del Senato dal luglio '96 e fino a tutto il marzo '97 non ancora discusso. Tutte le massime istituzioni della professione si erano peraltro adoperate affinché il Parlamento varasse, in tempi brevissimi, un progetto di riforma tale da evitare il ricorso alle urne, dove si dà per scontata la vittoria dei "sì". Ma qui iniziano i "misteri" parlamentari: la Sinistra democratica presenta un progetto di legge di riforma, un mese fa, relatore il senatore Stefano Passagli, che porta le firme di tutti i gruppi parlamentari, ma che trova subito l'ostilità della categoria, in quanto prevedeva l'istituzione di un Albo
presso il Garante per l'Editoria, che però presto avrebbe dovuto essere sostituita da una più complessa "Autorità per le garanzie nelle telecomunicazioni". "L'albo dei giornalisti", spiega Franco Abruzzo, presidente dell'Ordine lombardo, "sarebbe dipeso dal potere politico, come non era mai accaduto, neanche sotto il fascismo". Poi però, è lo stesso Abruzzo a catapultarsi a Roma e a fare opera di convincimento su Passigli e gli altri gruppi parlamentari affinché il testo di legge venga ancora modificato, e meglio. Il sostanza, il testo rivoluziona l'accesso alla professione (non occorrerebbe più l'esame di Stato, basterebbe la laurea), all'Albo - tenuto presso il Garante - potrebbero accedere non solo i giornalisti professionisti, ma anche i pubblicisti, e naturalmente ci sarebbero tutte le norme deontologiche. Giunto ormai alla terza "bozza", dopo l'inserimento di norme sull'inquadramento dei giornalisti pubblicisti, volute da An, e sul diritto di rettifica, richieste dalla Lega, il tentativo di approvare l
a riforma sul filo di lana fallisce per l'improvviso ripensamento di Forza Italia e Cdu che si oppongono, all'ultima ora, alla commissione Affari costituzionali, il che significa che la legge andrà discussa in aula. Le accuse reciproche si sprecano: Passagli attacca Letta (che avrebbe spinto su La Loggia per conto di Berlusconi) e Abruzzo si scaglia contro Petrina, che avrebbe operato a favore degli interessi degli editori, non dei giornalisti. Alla fin fine, non solo il referendum si farà, ma l'Ulivo, per bocca di Giulietti e Melandri, annuncia che voterà sì. Per poi ripartire proprio dal testo di Passigli.