13 GIORNI PER 7 REFERENDUM, SCATTA LA BATTAGLIA BATTIQUORUM
IL 15 GIUGNO SI VOTA SUI QUESITI PANNELLIANI E, FORSE, SULL'UNICO RIMASTO TRA QUELLI REGIONALI DI FORMIGONI
Milano. "Referendum, maddeché," commentavano domenica pomeriggio alcuni romani che assistevano, stupiti, al comizio fantasma di Marco Pannella a Largo dei lombardi. Travestito con un imponente velo bianco e riconoscibile solo per l'inconfondibile vocione da istrione della politica, il leader radicale arringava i passanti sui sette referendum che domenica 15 giugno, nell'indifferenza generale, saremo chiamati a votare. Dei trenta quesiti iniziali, ne Sono rimasti solo sette: abolizione della golden share e dell'ordine dei giornalisti, abrogazione del ministero delle Risorse agricole e dei limiti al servizio civile. E ancora, un quesito sulla caccia e due sulla giustizia sono i temi della consultazione che, secondo molti, sono di scarso appeal per il grosso dell'opinione pubblica. E se a questo si aggiunge che Pannella ci mette del suo (altri 35 referendum) per confondere le acque, il destino per il voto del 15 giugno sembra essere segnato. Il rischio, per i promotori, è quello di non riuscire a raggiungere il
quorum necessario (il 50% più 1 del corpo elettorale), ma anche quello di dare contemporaneamente un colpo mortale alla credibilità dell'istituto. La stessa data del voto è vista come uno spauracchio: secondo i pannelliani, il 15 giugno, con le scuole già chiuse da una settimana, una buona fetta di italiani sarà già in vacanza. Tanto per far irritare ancor di più Pannella, Datamedia ha calcolato che è del 35% la percentuale di italiani non ancora a conoscenza che tra due domeniche si voterà. L'immagine del fantasma, al di là dei mascheramenti, sembra azzeccata per questa tornata referendaria. I partiti, di destra di sinistra o di centro che siano, non si sono schierati né a favore né contro, salvo i verdi, favorevoli ai quesiti su caccia e obiezione di coscienza. E con l'eccezione dei referendum su caccia e ordine dei giornalisti, non si è costituito alcun comitato per il "No". Quei due che si sono formati, peraltro, invitano alla diserzione delle urne. Insomma, sembra che non ne interessi niente a nessun
o e a poco valgono i quotidiani appelli per porre fine a quello che il leader radicale definisce "golpe di regime in corso". Roberto Formigoni, presidente della Lombardia e promotore dei referendum di iniziativa regionale, conferma: "E' difficile negare che si sia fatta calare una coltre di silenzio sul 15 giugno". La Rai ora dovrebbe intensificare le trasmissioni di informazione anche all'interno dei notiziari, e anche le forze politiche dovranno schierarsi dopo che la Commissione di vigilanza ha previsto una serie di tribune politiche con la presenza dei partiti. "E' assurdo che nessuno prenda posizione su questi temi dice Benedetto Della Vedova dei comitati promotori Non saranno certo argomenti chiave per arrivare alla rivoluzione liberale, anche perché quelli ce li ha fatti fuori la Consulta, ma non c'è dubbio che costituiscano un elemento di progresso civile". Oltre ai quesiti pannelliani, sei su sette, ne è rimasto uno solo del gruppo di referendum promossi dai consigli regionali. Si tratta dell'abol
izione del ministero delle Risorse agricole, dicastero già abrogato nel 1993 quando si chiamava ministero dell'Agricoltura. Allora il voto dei cittadini servì a poco perché una legge cambiò la denominazione aggirando il risultato delle urne. Ora, di fronte al nuovo quesito, l'artificio potrebbe ripetersi: alla Camera è già pronta una proposta di legge che trasforma il ministero delle Risorse agricole in ministero delle Politiche agricole. "Non c'è dubbio - dice Formigoni - che questo governo e questo sistema non amino i referendum. Prima li hanno combattuti, accusando le Regioni di boicottare la Bicamerale. Poi la Consulta ne ha falcidiati ingiustamente e vergognosamente sette su dodici e, infine, il governo ha fissato la data peggiore per votare quelli rimasti. Quattro di questi quesiti sono stati recepiti dal legislatore e quindi, almeno in parte, le nostre istanze riformatrici hanno avuto successo". La soddisfazione di Formigoni si arresta quando parla del ministero delle Risorse agricole: "La proposta di
legge di cui si parla contiene qualche elemento di serietà, ma rimane ambigua. Quanto al mantenimento del ministero e al cambiamento del nome, francamente, mio sembra una presa in giro".
Ordine dei giornalisti
Il quesito chide l'abolizione della legge del 1963 istitutiva dell'Ordine dei giornalisti, organo professionale di categoria che esiste solo in Italia. "Ma all'estero ce lo invidiano'', dice il presidente nazionale Mario Petrina, il quale da due anni si batte per una riforma complessiva della materia nel segno di una maggiore liberalizzazione dell'accesso alla professione. Qualche settimana fa, in Parlamento, su iniziativa di Stefano Passigli, sembrava si fosse raggiunto un accordo per una riforma dell'Ordine. Alla fine non se ne è fatto nulla, anche per l'opposizione dello stesso Petrina che giudicava troppo rigida la nuova normativa. L'Ordine, in primis quello lombardo capitanato da Franco Abruzzo, invita a non votare e delinea per la professione scenari apocalittici qualora la proposta pannelliana avesse successo. Giorgio Santerini, giornalista ed ex presidente della Fnsi, la pensa diversamente e il 15 giugno voterà si all'abrogazione "per almeno 25 motivi". "L'ordine dice Santerini è figlio di un compr
omesso impossibile che ha dato ai giornalisti un ombrello corporativo che non è servito a niente, né ai fini della tutela dei cittadini né a quella degli stessi giornalisti".
La caccia e l'alleanza moschetti & taccuini
La strategia del disertare le urne passa attraverso la strana alleanza tra cacciatori e giornalisti ideata da Domenico Rosini, presidente della Federazione nazionale della caccia e deputato dc per 4 legislature. Rosini è un veterano delle campagne referendarie contro la caccia, "tra iniziative regionali e nazionali siamo al ventitreesimo referendum contro l'attività venatoria". Già nel 1992, l'intesa con gli agricoltori (contrari al referendum sui pesticidi) portò al successo la campagna per non far raggiungere il quorum. Ora, forte di una sua lontana tessera da pubblicista, Rosini invita dalle pagine dei bollettini dell'Ordine dei giornalisti all'alleanza tra moschetti e taccuini per invalidare la nuova tornata referendaria. A chi giudica facile e un po' vile non affrontare a viso aperto la consultazione, Rosini spiega che il quesito è un imbroglio: "E' falso dire che ai cacciatori è permesso entrare nei fondi privati ed è sbagliata questa referendummania che sta colpendo il paese".
Privatizzazioni e golden share
Il referendum sulla golden share, la riserva di poteri che il ministero del Tesoro mantiene quando privatizza le aziende dello Stato, è forse il quesito più importante tra quelli in votazione. Si scontrano due diverse linee di pensiero. Da un lato quella più statalista e dirigista contraria alle privatizzazioni o comunque favorevole al mantenimento del controllo pubblico; e dall'altro quella più liberale che vuole lasciare tutto al mercato. In questi mesi, a favore dell'abolizione della golden share, istituto ideato da Margaret Thatcher una quindicina di anni fa si sono schierati Mario Monti, Giuliano Amato e Guido Rossi, ma al momento è solo la truppa pannelliana a battersi per il "Sì", mentre a difendere le ragioni del "No" c'è qualche isolato deputato del Ccd e di An.
Obiezione di coscienza
In Parlamento da tempo giace una proposta di legge, in fase avanzata di approvazione, che avrebbe potuto, almeno in parte, evitare il ricorso al referendum. Il quesito chiede il riconoscimento del diritto al servizio civile non vincolato al giudizio di ammissibilità da parte di una commissione del ministero della Difesa. Su questo punto sembrano tutti d'accordo, anche il generale Luigi Ramponi, ex capo dei servizi segreti e attuale responsabile Difesa e sicurezza di An: "Nell'ultimo anno, 47 mila ragazzi si sono avvalsi della legge e solo 500 domande sono state respinte. Il problema non esiste. Potrei essere favorevole se non contenesse anche l'abolizione della norma che prescrive un termine entro il quale il giovane deve avvalersi del diritto di scelta". Secondo Ramponi le forze armate devono conoscere per tempo su quali forze contare: "Sarebbe poco serio che un ragazzo all'ultimo momento cambi idea e decida di fare l'obiettore". Carmelo Palma, precisa che l'intenzione dei promotori non è quella di abolire
i termini ma di renderli meno burocratici.
Giustizia e magistratura
I referendum sulla giustizia sono due, uno chiede l'abrogazione dell'avanzamento automatico nella carriera dei magistrati e l'altro chiede il divieto di assumere incarichi extragiudiziari, quegli stessi incarichi che Francesco Saverio Borrelli qualche mese fa definì un problema che riguardava i colleghi del centrosud. Mario Cicala, ex presidente dell'Associazione nazionale magistrati, senza schierarsi né a favore né contro li giudica entrambi in 1inea con le tradizionali posizioni dell'Anm: ''Sull'incompatibilità il principio è giusto, ci chiediamo pero per quale motivo il referendum parli solo dei magistrati ordinari ed escluda gli arbitrati nei pubblici appalti. Quanto all'avanzamento automatico della carriera, siamo per una riforma dei meccanismi attuali, ma rimaniamo contrari ai concorsi. Quello che ci preoccupa non è il quesito ma quello che si vuole fare dopo ".