REFERENDUM: BERLUSCONI VOTERA', MA NON DICE COME
E il garante bacchetta le tv
Manca solo una decina di giorni al voto sui sette referendum superstiti, ma un terzo dei cittadini ancora non sa neppure che domenica 15 giugno dovrebbe andare a votare. La fonte di questo dato inquietante non è di parte: proviene da una delle più conosciute società di sondaggi italiane, Datamedia. La disinformazione assoluta (non solo nel mento, ma sull'esistenza stessa dei quesiti) non è dunque una fissazione di Marco Pannella che da alcuni giorni imperversa, per strada e nelle poche tribune referendarie a disposizione, mascherato da fantasma. La censura è talmente evidente che persino il garante dell'Editoria, Francesco Casavola (solitamente molto cauto) ieri ha deciso di prendere carta e penna per sollecitare una maggiore informazione televisiva. Una sonora tirata d'orecchie inviata indistintamente a tutte le tv nazionali, pubbliche e private che recita, tra l'altro: "il silenzio si traduce oggettivamente in un pregiudiziale sostegno agli schieramenti che si oppongono all'approvazione dei quesiti referen
dari, favorendo il disinteresse nei confronti di questi in violazione del principio di completezza e correttezza dell'informazione". Il problema è proprio quello individuato dal Garante. I referendum sono visti come fumo negli occhi praticamente da tutte le forze politiche. Ma ormai manca poco all'apertura delle urne e i vari movimenti dovranno scegliere che indicazione di voto dare. Se fosse loro possibile, nella stragrande maggioranza dei casi, i leader politici preferirebbero che i referendum non raggiungessero neppure il quorum necessario per risultare validi. E, di fatto, le direzioni dei partiti principali non hanno ancora deciso che consiglio dare ai loro elettori. L'unica eccezione, fino a ieri, era quella dei Verdi: il 24 maggio, infatti, il loro consiglio federale ha approvato una mozione che dà parere favorevole a tutti i referendum, con particolare attenzione a quelli che riguardano l'obiezione di coscienza e la caccia. Unica riserva: la golden share. In quel caso il consiglio degli ambientalisti
è di votare no. Persino Forza Italia naviga a vista. Sull'orientamento degli azzurri si hanno al momento solo due certezze: la prima è che Silvio Berlusconi (bontà sua), invece di andare al mare il 15 giugno si recherà alle urne. Il che con i tempi che corrono è già un passo avanti. La seconda certezza è che Forza Italia darà indicazione di voto per il si al referendum sull'abolizione del ministero delle risorse agricole voluto dalle regioni del Polo. E questo di certo non è uno scoop, dato che sarebbe quantomeno originale votare contro un referendum che ci si è dati la pena di promuovere. Per richiamare, almeno un minimo, l'attenzione del Cavaliere, ieri i radicali (promotori degli altri sei referendum) gli hanno inviato una lettera: una sorta di riassunto delle puntate precedenti nel quale si sottolinea il disinteresse delle tv, anche di quelle private. Oltre ad auspicare un incontro con Berlusconi, i riformatori chiedono che da parte di Forza Italia "nelle prossime ore vi possano essere iniziative e pres
e di posizione tali da impedire che l'istituto referendario e la Costituzione vengano definitivamente cancellati". Qualche forzista si aggrega alle richieste dei referendari. E' il caso di Ernesto Caccavale che sprona Berlusconi a schierarsi con più decisione: "Si tratta di quesiti largamente condivisi dall'elettorato del Polo e su cui va garantita l'attenzione e l'informazione".