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Notizie lista Pannella
Segreteria Rinascimento - 7 giugno 1997
Da "Il Corriere della Sera" del 7 giugno 1997

I REFERENDUM DIMENTICATI

Perché votare (nonostante tutto)

Di Ferruccio De Bortoli

Domenica 15 giugno gli italiani torneranno a votare per sette referendum, sei proposti da Marco Pannella e uno dalle regioni. C'è il rischio che alle urne ci vadano in pochi, la data scelta non è delle migliori ed è probabile che non venga raggiunto il quorum del 50 per cento degli aventi diritto al voto, senza il quale il risultato è nullo. Le ragioni di chi diserterà i seggi sono molte e comprensibili: l'uso frequente, e su temi spesso marginali, di uno strumento di democrazia diretta (previsto dall'articolo 75 della Costituzione), ha alimentato e diffuso negli anni una sorta di nausea referendaria, una reazione di rigetto a firme, tavolini, a quesiti che si moltiplicano per partenogenesi. Va poi ricordato che in origine i referendum dovevano essere trenta, diciannove sono stati bocciati dalla Corte Costituzionale, quattro sono stati resi inutili, pochi giorni fa, quando le schede erano già state stampate, dall'approvazione della legge Bassanini. Così l'elettore, oltre a dover rispondere sì o no a domande

a volte incomprensibili, troverà nel seggio la scheda numero 8, ma non quella numero 7. Una raffinatezza burocratica. I temi, poi (golden share, obiezione di coscienza, carriere dei magistrati, incarichi extragiudiziari, ordine dei giornalisti, caccia e ministero dell'Agricoltura) possono apparire, e in parte lo sono, di interesse limitato. E, infine, all'orizzonte si sta preparando un'altra campagna referendaria, sempre a cura dell'instancabile Pannella e del suo fantasma, con 35 domande su tutto e su tutti. Non se ne può più. Giusto? No. Vi sono molte ragioni che dovrebbero indurre gli italiani ad andare lo stesso alle urne. Non è vero che i quesiti siano tutti irrilevanti. Due ci appaiono significativi: il sì o il no all'abolizione dei poteri speciali (golden share) del Tesoro nelle privatizzazioni è un brusco ma veritiero gioco della torre fra chi le privatizzazioni le vuole e chi no; il quesito sulla promozione automatica per anzianità dei magistrati riguarda uno degli aspetti più controversi delle carr

iere pubbliche: contano più gli anni o i meriti? La ragione più importante però non sta in questo o in quell'interrogativo bensì nella difesa di uno strumento essenziale nella nostra democrazia. E' assai curioso che mentre si parla, alla Bicamerale, della necessità di una elezione diretta del presidente della Repubblica si tenda a svalutare con il silenzio di maggioranza e opposizione e la distrazione dei media, l'unico sistema di consultazione diretta, seppur in forma solo abrogativa esistente nel nostro ordinamento. E proprio dopo le ultime vicende della Bicamerale, con il rocambolesco voto in favore del semipresidenzialismo (che accentra i poteri) il referendum, previsto peraltro dalla procedura di revisione costituzionale, assume un peso ancora maggiore. E ancora: il difficile cammino delle riforme istituzionali nel nostro Paese dovrebbe consigliare una maggiore cura dello strumento referendario. Senza i voti del '91 (quando Craxi consigliò a tutti di andare al mare) e del '93, forse non avremmo nemmen

o quel po' di maggioritario che il nostro sistema offre e ben diverso sarebbe l'attuale dibattito sulla legge elettorale se la Consulta avesse approvato, sei mesi fa, il quesito sull'abolizione della restante quota proporzionale. Il referendum sarà uno strumento abusato, da riformare, ma è stato ed è un formidabile acceleratore delle riforme. Per ora l'unico. E se solo abbiamo il dubbio che il 15 giugno, con una scarsa partecipazione al voto, possa aprirsi una anche piccola ferita per la nostra democrazia, al di là del sì o del no, del successo o della sconfitta di Pannella, che poco importa, allora è il caso di riflettere. A lungo. Forse quello del 15 giugno è un referendum sul referendum: ma il Paese per ora, non se n'è accorto.

 
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