REFERENDUM, NOMINE E REGOLE
DI Biagio Marzo
Tanto tuonò che non piovve. La metafora ci serve per dire che prima il Pci e poi il Pds, quando stavano all'opposizione, sparavano a zero contro i partiti di maggioranza, che facevano le nomine dl sottogoverno, oggi, che i postcomunisti sono al governo, lottizzano nel silenzio generale. Sul problema delle nomine, il PciPds ne ha dette di cotte e di crude, attaccando, innanzitutto, la piovra partitocratica che lottizzava tutti i posti occupabili: dalle Usi alle presidenze degli Enti pubblici. Le cose non sono cambiate con il passaggio dalla Prima Repubblica e dai governi di pentapartito a quello di sinistra post e neo comunista dell'Ulivo. Le regole per le nomine non erano chiare e trasparenti ieri, e non sono neppure oggi. Dal dire al fare c'è di mezzo il mare. Dobbiamo ammettere che il Pds, e in generale l'Ulivo, sforna nomine in gran quantità, ma, oggi, i mass media non ne parlano diffusamente e polemicamente come negli anni passati. Paradossalmente, accade che nè il Governo nè i partiti dell'Ulivo voglian
o assumersi, in prima persona, la paternità delle nomine, perciò sembra che quasi cadano dal cielo, o meglio vengano concepite per partenogenesi. Mala casualità in questo ambito non esiste. Le nomine sono stabilità attraverso un triangolo che ha i tre vertici cosi costituiti: palazzo Chigi, via XX Settembre e Botteghe Oscure. Il super potere delle nomine, oggi, è in mano al ministero del Tesoro, che, in pratica, ha il controllo concreto, anche, di tutto ciò che una volta era chiamato sistema delle Partecipazioni statali. Un potere che viene gestito dal ministro Ciampi e soprattutto, dal suo Direttore generale Draghi. Del sinedrio fanno parte, oltre a Draghi, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Micheli e Turci per conto del Pds. Chi ha una reale voce in capitolo in questa materia, è Draghi. Lui fa il bello e il cattivo tempo. Il ministero del Tesoro che doveva avviare il processo delle privatizzazioni dei beni pubblici, al contrario, ha proceduto con delle false privatizzazioni e altresì funge d
a clinica di ostetricia in cui nascono i nuovi managers del regime ulivista, ovvero "i nuovi Enrico Mattei" del Terzo millennio. Ciò è tanto vero che l'Ulivo e, in particolare il Pds, è per lo status quo del pubblico in un quadro di rilancio dell'efficienza e della competitività. L'opposto di ciò che, oggi, richiede il mercato globale: le privatizzazioni. Del resto, è scontato che solo in una economia libera dai lacci e lacciuoli del pubblico, si può acquisire efficienza e competitività. In Italia, a parole tutti sono per l'economia di mercato, andando a stringere, invece, ci accorgiamo che stanno venendo fuori strategie di consolidamento del pubblico riveduto e corretto alle nuove esigenze del potere politico. Ad esempio, l'Enel e l'Eni hanno costituito una nuova società energetica che, di là dalle cose che si dicono, è uno schiaffo, in faccia al privato. Ma non basta. L'Enel ha un suo piano, che sta portando avanti con forte impegno nel settore dei telefoni, che ci lascia perplessi, come ci lascia sconcert
ati l'entrata di Telecom nella televisione. Non è di meno l'Eni che sempre nel settore dei telefoni, rompe gli indugi e si schiera con Bt e Mediaset. La stessa sorte dell'Iri è confusa: una corrente di pensiero, quella di Ciampi. ha più volte ribadito che, la missione dell'Istituto di via Veneto è arrivata al capolinea (sarà vero?), invece, quella che fa capo a Prodi punta, invece, a tenere in vita l'Iri, affidandogli una nuova missione nel settore delle progettazioni e delle consulenze. Venerdì prossimo. il ministero del Tesoro, nominando il nuovo Cda, deciderà il futuro dell'Istituto di via Veneto. Ci auguriamo che non vengano fatte delle scelte precarie. Sarebbe un errore se si lasciasse in piedi l'Istituto (come una scatola vuota) con la scusa che prossimamente si dovrà decidere il suo futuro. Campa cavallo... Ma questa settimana è cruciale, anche, per le privatizzazioni, perchè domenica 15 giugno si votano i referendum A livello nazionale si votano i referendum, tra i quali quello sulla golden share, me
ntre, a Roma, in più c'è quello sulla privatizzazione della Centrale distributrice di luce e acqua. Un voto importante per avviare, con la partecipazione diretta dei cittadini. il processo delle privatizzazioni, che i partiti cincischiano a realizzare. Il referendum sulla golden share è importante che passi in modo che lo Stato (ministero del Tesoro), anche dopo che le aziende vengano messe sul mercato. non rimanga presente nelle società privatizzate e non abbia il potere di veto sullo scambio, tra privati, dei pacchetti azionari. La battaglia referendaria di domenica quindi, è decisiva per liberare l'economia della presenza soffocante della partitocrazia. Solo così si porrebbe ime alla lottizzazione selvaggia, da parte del Pds e dell'Ulivo, e a tutto quello schifo di spese inutili (di cui nessuno parla), che le società pubbliche fanno in pubblicità e in consulenze esterne.