LA SFIDA DEI REFERENDUM E IL POTERE DEL CITTADINO
Di Ennio Bonea
Che cosa è il "fai da te" in politica? Lo ha spiegato, credo per il primo, Marco Pannella: sono i referendum, attraverso di essi l'elettore, che delega ad un suo eletto la funzione di fare le leggi, si riserva il potere, ho detto il potere non la facoltà, di abrogare una legge che gli pare non più accettabile.
Pensiamo ai risultati conseguiti attraverso il "faidate": divorzio, aborto, abolizione del sistema proporzionale, elezione diretta del sindaco; se avessimo aspettato le proposte di legge discusse in Parlamento, ancora ne staremmo a parlare; del divorzio si cominciò a discutere dieci anni dopo la proclamazione del Regno d'Italia!
Il cittadino comune ha avuto il potere di cancellare nel 1974, la legge sulla indissolubilità del matrimonio, impedendo al Parlamento il compito di legiferare sul divorzio; nel 1981, ha abrogato la legge sul divieto della interruzione della gravidanza, provocando la legislazione conseguente; nel 1993 la riduzione della preferenze nelle schede elettorali e la modifica elettorale per il Senato della Repubblica. Il cittadino deve guardare a questo potere legislativo in negativo, anche per motivo di conforto alle angustie che spesso gli procurano i parlamentari, sia con la lungaggine di provvedimenti che ristagnano per inconcludenza o rissosità, sia per i non commendevoli comportamenti messi in luce da un improvviso risveglio di un gruppo di magistrati: lo squallido traffico di tangenti, lubrificante del motore statuale:
questa corruzione perseguita coi procedimenti giudiziari istruttori, poco in verità in processi d'aula, e messa alla gogna sui giornali in televisione, invece di suscitare accanimento inquisitorio del cittadino comune, ha provocato nausea e allontanamento dalla politica, ritenuta cosa sporca, lasciata ai "politicanti". Al cittadino non passa neppure per la mente che la causa di questo degrado morale, di questa truffa sistematica, è proprio lui stesso.
Siamo noi, infatti, a scegliere nelle elezioni e ad affidare a nostri delegati la gestione della cosa pubblica, della quale siamo tutti comproprietari, a livello comunale, provinciale, regionale e nazionale.
Quando per indifferenza, per stanchezza, per disgusto, si abbandona la politica o la si tiene lontana come corpo infettante, inconsapevolmente diventiamo masochisti, come se provassimo piacere ad essere, senza mai avere consentito aperture di credito illimitate, debitori, per parte individuale, dei due milioni di miliardi di disavanzo dello Stato.
La politica della quotidiana gestione della cosa pubblica, va seguita perché siano consapevoli delle scelte che dobbiamo fare, a determinate scadenze, con le elezioni (termine derivato dal latino "légere" = scegliere ed "ex" = da).
Solo in circostanze particolari la politica "diventa" interessante: durante la Rivoluzione Francese parteciparono alle vicende politiche i sanculotti, cioè i poveri senza mutande; con tangentopoli anche i meno informati di politica, una sorta di sanculotti mentali, hanno formulato la speranza di un dio vendicatore delle turpitudini commesse dai politici, eletti sciaguratamente da noi stessi, tornando alla mitologia dell'uomo della provvidenza.
Se ci disarmiamo dei due poteri, di cui non abbiamo piena consapevolezza: quello di scegliere = eleggere e quello di abrogare col referendum "fai da te", noi agevoliamo i "politici del potere" che vogliono un elettorato quieto se non disattento, conformista se non abulico, a cui consigliare di andare al mare anziché votare, al quale non dare o il più tardi possibile le informazioni attraverso la televisione pubblica, cioè nostra, sui referendum del 15 giugno.
Un solo uomo politico è insorto contro la coltre di silenzio stesa dai "politici di potere" usando il merito del paradosso (il fantasma che parla) e della protesta rumorosa: Marco Pannella. D'accordo è un rompiscatole, ma sfido chiunque ad inficiare il suo sistema di vita pubblica col dubbio della disonestà e dell'interesse personale nelle sue azioni. L'ultima è avere speso decine di milioni per una pagina pubblicitaria del "Corriere della Sera", per rammentare a noi italiani, soprappensiero e menefreghisti, che il 15 giugno non dobbiamo vanificare il potere legislativo in negativo che abbiamo, non esercitandolo, e per informarci che il 12 giugno parte la campagna degli altri trentacinque referendum proposti, ai quali chi vorrà, potrà dare il proprio appoggio, apponendo la firma nei luoghi deputati a registrarle.
Nella pagina c'è il consuntivo recente dei quasi diciassette milioni di firme raccolte: delle decine di miliardi spesi; dei quasi undicimila tavoli disposti negli ottomila comuni italiani; delle venticinquemila ore di lavoro impiegato nella raccolta, nel conto, nel controllo delle firme; delle seimila persone mobilitate per il conseguimento dei traguardi per consentire agli italiani di usare il potere "fai da te" per modificare l'assetto statuale.
La ragione di questo intervento non sta nel suggerire il modo di votare ma esortare a votare, ognuno scelga come crede, ma nessuno per inerzia, per subdolo e inconscio tradimento, indebolisca il potere che ognuno di noi possiede costituzionalmente.
A conforto di questa mia convinzione, F. De Bortoli scriveva sul fondo del "Corriere della Sera", sabato scorso: "Il referendum sarà uno strumento abusato, da riformare, ma è stato ed è un formidabile acceleratore delle riforme. Per ora l'unico. [ ]
Forse quelle del 15 giugno e un referendum sul referendum: ma il Paese per ora, non se n'è accorto".