REFERENDUM SU PANNELLA
DI Curzio Maltese
Uno spettro s'aggira per gli schermi, quello di Marco Pannella. E' stata l'ultima trovata del più grande istrione del Parlamento, l'unico sopravvissuto al crollo della Prima Repubblica, per convincere gli italiani ad andare a votare i sette referendum di domenica. E' una bella trovata, come tanta di Pannella che ormai radicale ha soltanto i gesti. Il fantasma Pannella che fa propaganda ai sette referendum fantasma. Così pallidi ed evanescenti nei contenuti da aver lasciato il posto ormai da settimane a un altro quesito. Quello vero: ce la faranno o no a prendere il quorum? Sull'alternativa "quorum sì, quorum no" si esibiscono vip e aspiranti ("io voto", "io vado al mare", "io non so", io qui io là") e dibattono le coscienze del Paese. Con reciproche, furiose e più incomprensibili accuse al killeraggio bassa demagogia, disprezzo per il popolo o paraculismo televisivo. Come se davvero la Golden Share e l'Ordine dei giornalisti si giocasse un pezzo di futuro democratico. Già è difficile che in Italia, nel bene
o nel male, accada qualcosa di definitivo. Figurarsi se può arrivare l'apocalisse o anche soltanto la "fine dei referendum" perché gli elettori fanno mancare il loro parere sul Ministero delle risorse agricole. Ben sapendo, fra l'altro, che se decidono di abolirlo la seconda volta, se lo ritroveranno con un terzo nome al prossimo giro referendario. La verità è che il voto di domenica cambierebbe poco o nulla. E il non voto avrebbe un solo effetto: l'abrogazione di Marco Pannella. Che è forse diventato con gli anni un ente inutile. Spiace dirlo per il poco o il tanto che gli elettori democratici sentono il dovere all'anziano leader radicale. E soprattutto perché Pannella, bravissimo a prendersi tutto il merito delle battaglie sul divorzio e aborto, in questi decenni è stato un maestro nel suscitare ogni sorta di senso di colpa con le sue eterne e convincenti lamentazioni, gli scioperi della fame, il vittimismo elevato ad arte retorica. Ma, alla fine, a che serve l'ente Pannella? A organizzare ogni anno la ra
ccolta di firme per una raffica di referendum, alcuni dei quali francamente minoritari o addirittura strampalati, i quali però consentono il mantenimento del movimento radicale il cui principale scopo è la conservazione del suo leader in maniera da perpetuare il moto. Il costo dell'intera operazione è di alcune centinaia di miliardi, in gran parte coperti dal denaro pubblico attraverso i finanziamento dei partiti, ad appannaggio fisso a Radio radicale e spese per la cerimonia referendaria. In piccola pare, i fondi provengono dal contributo dei privati, iscrizioni, e collette, da occasionali compagni di strada e, in misura piuttosto incerta, dalle promesse di Silvio Berlusconi. A questo proposito si ricordano memorabili sconti sul fondo sul soldo fra il Cavaliere e Pannella, pure salutato come maestro di liberismo e, sotto sotto, vero ispiratore del modello partitocratico di azienda. Non andare a votare domenica, fare mancare il quorum ai sette quesiti, non significa rompere per sempre l'arma dei referendum.
Al massimo, spezzare questa catena di Sant'Antonio. E forse anche quella catena di affetti che ci lega al Pannella d'una volta, al volto umano e sofferto della Prima Repubblica e magari, perché no agli anni Settanta che sono appena tornati di moda. E' giusto, è sbagliato? E' l'ora o è troppo presto? Decidano gli elettori. Senza farne tragedie. Questo è soprattutto un referendum su Marco Pannella. In fondo è sempre stato il suo sogno. Ma come tutti i sogni fa paura. Per questo forse s'aggira per gli schermi travestito da fantasma, come per esorcizzare l'angoscia di sparire davvero.