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Segreteria Rinascimento - 14 giugno 1997
Da "IL GIORNALE" del 14 giugno 1997, pag. 21

DOMANI SI VOTA. ALCUNI POLITICI E OPINIONISTI INVITANO A NON FARLO. ALTRI SOSTENGONO CHE LA GENTE NON E IN GRADO DI COMPRENDERE I QUESITI. COME I PARTITI IN CRISI VOGLIONO RICONQUISTARE IL RUOLO DI GUIDA

Di Silvia Grilli

I vecchi partiti sono morti, i nuovi non sono ancora nati, tutto ciò che è successo in questo Paese dal 1993 a oggi l'hanno deciso gli elettori che sono molto più avanti degli eletti, e da cui gli eletti, per resistere, sono costretti a difendersi. Il Parlamento non traduce le spinte della società, la democrazia dei furbi fa di tutto per bloccare i cambiamenti voluti dal popolo, dalla folla, dalla massa, dalla gente o se preferite ancora un altro termine, dalla società civile. E domani, domenica, giorno del referendum, le èlites vogliono prendersi la rivincita sul popolo o sulla "folla", come scrive sprezzante Giorgio Bocca. La folla che "non sa niente di stona, di scienza, di economia", la "folla che è fatta di analfabeti di ritorno", la folla "consumatrice a cui però bisogna far credere che sia lei a dirigere questo sistema". La folla che, intimano invece colti, non può, non deve andare a votare perchè, sempre citando Bocca che cita Savinio, "il primo compito di uno Stato civile dovrebbe essere quello di t

enere a bada la folla". Il fondo di Bocca sulla prima pagina della Repubblica di qualche giorno fa ha riacceso il dibattito sulla sovranità popolare. Che cosa succede? La sinistra ha re del popolo? Sull'Unità il costituzionalista pidiessino Augusto Barbera paragona la tesi di Bocca a quelle usate dagli scrittori reazionari contro il suffragio universale. In un colloquio con il Giornale, il direttore del bimestrale Ideazione Domenico Mennitti, riconduce invece il dibattito dei raffinati intellettuali sul dilemma votonon voto a un unico grande tentativo: "Quello da parte dei

partiti di recuperare un ruolo sfarinato. Mai come in questo momento è in crisi il rapporto tra le forze che si definiscono di sinistra e gli elettori, mai come ora c'è una dissonanza così forte tra i partiti e le forze elettorali". Da una parte, il popolo "che non sa decidere o che decide a caso o con una voglia albanese di distruggere e abrogare", come lo definisce Bocca. Dall'altra i "padri supponenti, i maestri sprezzanti", come li chiama Lietta Tornabuoni della Stampa, che domenica vogliono accompagnare l'elettore frastornato, stufo o somaro a casa oppure in gita, ma non al seggio. Per riaffermare il ruolo delle èlites. Per stabilire la centralità del partito. Perchè la sinistra, come in un certo senso ammette Pietro Sansonetti sull'Unità, ha paura del modello democratico di partecipazione diretta del popolo . Già perchè il disprezzo della gente, la sinistra (se per sinistra si intende il mondo dei fautori del centralismo statale e della modernità) l'ha nel Dna. "Sin dall'Illuminismo spiega lo storico

Franco Cardini i migliori hanno sempre dichiarato di fare tutto per il popolo, ma non hanno mai fatto niente attraverso il popolo. Una visione aristocratica ed egemonica che appartiene sia agli illuminati Voltair, Diderot, D'Alembert, sia ai comunisti di Lenin". Il partito che deve guidare il popolo. L'egualitarismo subordinato all'idea che la gente venga educata. L'egemonizzazione dell'istruzione delle masse. Il partito come nuovo Principe. Il giochetto, che resiste alla caduta del muro di Berlino, secondo cui per essere democratici bisogna accettare l'egemonia del partito. Il partito che manipola. Il grande scultore che plasma le masse che si fanno volentieri manipolare. "Convinta della debolezza delle masse sostiene lo storico e deputato Piero Melograni la sinistra ha dato alla Tv la colpa della vittoria di Berlusconi alle elezioni del '94. Convinta della plasmabilità della folla, la sinistra è nemica della pubblicità". Bisognerebbe rispolverare il saggio di Vance Packard I persuasoli occulti per capi

rlo . Packard, e con lui i radical americani, era convinto della manipolabilità della volontà popolare come ne e convinta la sinistra italiana. C'è un precedente illuminante .Alla vigilia del referendum sul divorzio e sull'aborto, la sinistra mise le mani avanti. E disse più o meno le stesse cose che dice oggi. E cioè che il popolo è incapace di comprendere. "Perchè allora temeva la confitta - ricorda Cardini. Temeva che la manipolabile opinione pubblica fosse condizionata alla Chiesa cattolica". Ma dopo, al momento della vittoria, la sinistra si approprio del trionfo. Perchè così funziona. Se il popolo vince, solo quando il popolo vince, gli si dà la palma dell'intelligenza. "In realtà continua Melograni la gente ha un'autonomia molto superiore rispetto a quanto una certa parte politica s'immagini". L'elettore possiede una sua capacità di giudicare. Come scrive Gustave Le Bon nei suoi studi sulla psicologia delle folle, le masse seguono sempre una direzione di buon senso . E invece c'è tutta una teoria

elitaria della democrazia (un'invenzione italiana che si è poi sviluppata negli Stati Uniti), per cui la condizione necessaria al voto libero å la scelta all'interno delle èlites. Ma chi sono queste famose èlites, come si formano e chi entra a far parte di esse? "Nei regimi tirannici dice Giancarlo Bosetti, direttore di Reset, rivista di cultura politica a sinistra nelle èlites si nasce. Ma nelle società aperte vi si può entrare o anche uscire. Perchè una democrazia funzioni, perchè in un Paese si viva bene, le èlites devono essere competitive e aperte". Però in Italia ammette Bosetti questo non accade. Da noi le èlites sono sempre quelle, la mobilità è scarsa, i salotti buoni sono fortezze. E molto faticoso, quasi impossibile entrarci. Per questo quando uno si accomoda, non vuole più alzarsi. Molti fini intellettuali fanno parte da decenni di questi salotti. Forse è per questo che non riescono ad accettare l'idea che la folla possa farli uscire dal salotto. Che la gente possa sfidare le èlites.

 
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