QUELLA DOMANDA SUI MAGISTRATI
Referendum sulle carriere: merito o anzianità?
Di Angelo Panebianco
Dei referendum di domani si è discusso poco e male. Soprattutto, si è disputato sulla loro opportunità o inopportunità, sulla loro utilità o meno. Si è parlato poi dei singoli quesiti in modo del tutto insufficiente. Fermo restando che chi scrive si augura che domenica il quorum venga raggiunto anche perché convinto che in un sistema parlamentare con le caratteristiche del nostro, l'istituto referendario continui a svolgere utilissime funzioni, vorrei fermare l'attenzione dei lettori sull'importanza di un quesito quello che riguarda le carriere dei magistrati. Si tratterà di decidere se ci piace il sistema attuale di avanzamenti automatici, di fatto per anzianità, nelle carriere dei magistrati o se, invece tramite il "si" al referendum intendiamo chiedere al Parlamento di regolare altrimenti la materia. Il quesito specifico riguarda i magistrati e solo loro, ma il problema generale sottinteso ha a che fare con il modo di organizzazione delle carriere, professionali o amministrative, direttive o esecutive in
tutto il sistema pubblico. Siamo sempre pronti a lamentarci delle inefficienze di tanti pubblici servizi, della mancanza di deontologia professionale, spesso dell'impreparazione, che caratterizza tanti occupanti di ruoli statali di ogni tipo, ma poi fatichiamo a comprendere le ragioni che spiegano i disservizi di cui ci lamentiamo. Non c'è dubbio che una parte dei disservizi e delle inefficienze dipende in molti casi da leggi sbagliate. Non c'è dubbio, ancora che una parte dei disservizi e delle inefficienze dipende da scarsità di mezzi e di risorse. Ma poi, al dunque, la parte del leone è svolta dalla mediocre, e talvolta pessima, qualità del personale addetto. Posso fare, sulla carta, la più bella riforma della scuola di questo mondo, ma se ho troppi insegnanti incapaci e nessuno strumento per premiare i migliori e punire i peggiori la mia, in teoria bella, riforma della scuola naufragherà miseramente. Posso trovare il modo di destinare, finanza pubblica permettendo, grandi risorse alla sanità pubblica ma
se i meccanismi di selezione del personale medico, paramedico e amministrativo degli ospedali non funzionano disperderò al vento risorse senza benefici per l'utenza. E così via. Ciò significa che la vera discriminante o per lo meno la discriminante principale, fra sistemi organizzativi pubblici ben funzionanti e sistemi organizzativi pubblici inefficienti è data dai meccanismi di ingresso e avanzamento in carriera degli addetti. Se questi meccanismi sono selettivi, se incorporano premi e punizioni (sei bravo, sei capace, allora avanzi in carriera; sei un incapace, allora resti fermo o addirittura regredisci), allora la qualità del personale diventa inevitabilmente ottima e le eventuali deficienze del sistema (per esempio, in termini di scarsità di risorse) verranno alleviate e almeno in parte compensate, neutralizzate. La sindacalizzazione selvaggia di ogni aspetto della vita dei sistemi organizzativi pubblici ha portato troppe volte alla scomparsa di meccanismi meritocratici di selezione e avanzamento in ca
rriera. A ciò si aggiunga e la cosa riguarda in particolare i mestieri ad alto tasso di professionalizzazione (la professione di magistrato è una di queste, ma la cosa riguarda praticamente tutti: professori universitari, medici, avvocati, giornalisti, eccetera) il declino o l'evaporazione delle etiche professionali, un fenomeno che nel nostro Paese ha assunto dimensioni impressionanti e che, più di ogni altro, fa disperare del futuro di questa società. Ebbene, bisogna sapere che anche le deontologie professionali, al pari della competenza, della preparazione del professionista nel suo specifico ramo, dipendono, prima di tutto, dai meccanismi di reclutamento, di selezione e di avanzamento nelle carriere. Se devo affrontare tante dure, selettive, prove nel corso della mia carriera, non solo sarò costretto a fare ogni sforzo per migliorare la mia preparazione, ma sarò anche più facilmente spinto a interiorizzare valori e deontologia professionali. Il quesito di domenica riguarda le carriere dei magistrati
ma mi pareva ingiusto non ricordare che ciò che assolutamente non va nelle carriere dei magistrati lo ritroviamo anche, in ciascun caso con le sue specificità, in tante altre professioni. Poiché questo è un Paese di corporazioni, e si può parlare male di un'altra corporazione, solo se si è disposti a fare la stessa cosa con la propria, ricordo che, più volte, su questo giornale, mi sono pronunciato per una radicale riforma dell'attuale sistema dei concorsi universitari. Che così come è funziona ormai piuttosto male. Tenuto per giunta conto del fatto che se una buona riforma dei concorsi non ci sarà, la pressione in favore di avanzamenti in carriera automatici, per anzianità, diventerà irresistibile, portando così al definitivo degrado un sistema universitario già oggi assai malandato. Detto ciò non per divagare o, peggio, per dire mal comune mezzo gaudio, ricordo che nel caso specifico, i magistrati svolgono un lavoro delicatissimo e che è inaccettabile la mancanza di meccanismi in itinere di valutazione del
la competenza professionale che assicurino un buona qualità del personale. Il dottor Davigo, in varie occasioni, ha sostenuto che i magistrati (ma lui intendeva i pm) sono il meglio che ci sia su piazza in Italia. Sono spiacente di contraddirlo ma che i magistrati, con gli attuali sistemi di selezione e di avanzamento siano, complessivamente, la magnifica cosa che dice lui è, semplicemente, un'impossibilità logica e empirica. Certo che fra i magistrati, come in qualunque altra professione, esistono ottimi e anche eccellenti professionisti. Ma esistono nonostante gli attuali meccanismi di selezione e di avanzamento, non grazie ad essi. Il problema dei sistemi organizzativi, e dunque anche del sistema giudiziario, non è infatti quello di produrre eccellenze (quelle emergono per conto loro grazie ai talenti naturali: un Falcone o un Borsellino sarebbero stati tali ovunque, quali che fossero le regole organizzative di selezione). Il problema dei sistemi organizzativi è quello di predisporre meccanismi che innalz
ino la qualità media del personale, che lo obblighino ad essere competente e a interiorizzare la deontologia della professione. E che puniscano gli incompetenti e i violatori della deontologia. Peraltro, tali meccanismi possono essere predisposti, nel caso dei magistrati, senza alcun bisogno di mettere in pericolo l'indipendenza della magistratura. Basterebbe che le decisioni sugli avanzamenti venissero affidate a commissioni speciali di magistrati di lunga esperienza e provata capacità separate dal Csm. In modo che non siano gli eletti a decidere sulle carriere dei loro elettori. E' un problema simile a quello delle carriere universitarie: anche i professori possiedono un equivalente delle garanzie costituzionali a tutela dell'indipendenza del magistrato nell'esercizio delle sue funzioni: si chiama libertà di insegnamento. Come per il caso dei professori universitari non è difficile trovare regole ragionevoli che consentano di coniugare rispetto per l'indipendenza del magistrato e seri meccanismi meritocrat
ici di avanzamento in carriera. Ricordando che se, come è ovvio, nessun sistema di valutazione della professionalità è perfetto qualunque sistema di valutazione della professionalità è comunque migliore, mille volte migliore, di nessun sistema di valutazione. Il mio consiglio agli elettori è di votare domenica con un occhio alla necessità di migliorare la qualità di un settore cruciale come quello giudiziario. Ma anche con un occhio alla circostanza che è oggi necessario lanciare un segnale valido per il sistema pubblico nel suo insieme.