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Segreteria Rinascimento - 17 giugno 1997
Da "La Repubblica" del 17 giugno 1997 - pag. 6

GLI EX AMICI "MARCO, E' TEMPO DI PENSIONE"

Adele Faccio: "La pioggia di referendum non ha più senso"

Di Sebastiano Messina

ROMA Eppure c'è stato un tempo in cui l'astronave radicale attraversava i cerchi di fuoco e i buchi neri, i campi magnetici e le tempeste di meteoriti, incurante delle leggi dello spazio e di quelle della politica. Al comando c'era sempre lui, Marco Pannella, il grande capo, il condottiero, il guru: ogni giorno posava le sue manone sulle carte e aspirando l'ultima Galoise tracciava una nuova rotta impossibile, circondato da un nugolo di ufficiali di rango. Solo che a ogni tappa l'equipaggio cambiava, c'era sempre un giovane fedelissimo dal nome diverso, e c'era sempre un veterano brontolone in meno. Uno dopo l'altro, tranne Emma Bonino, sono scesi tutti: in 25 anni 25 anniluce il missile di Pannella s'è lasciato dietro una lunga scia nebulosa di nomi e di facce, di addii e di porte sbattute: la scia degli ex. E adesso che l'astronave s'è arenata, dopo aver finito per ora, certo, per ora la benzina dei referendum, adesso che il comandante supremo si ritrova solo con la sua sconfitta, andiamo a sentire qu

elli che ne sono scesi. "Cosa volete da me?" domanda Adele Faccio al telefono. Lei non fa più politica da sette anni, eppure nel 1975 era lei il simbolo della campagna per l'aborto, lei che si era fatta un mese di carcere alle Murate, per aver consentito alle donne di Firenze un aborto allora vietato dalla legge. Oggi la sua voce è arrochita dagli anni ma le sue parole sono taglienti come vent'anni fa: "Io dico che un referendum è giusto ma una pioggia di referendum non ha proprio senso. Cosa volete da me? Io sono in pensione, non rompo più l'anima a nessuno. Povero Pannella, ha fatto i suoi anni... Mandatelo a dormire, no? Ma questo non lo scriva, per favore...". Bruno Zevi ha quasi ottant'anni, e ne ha spesi una decina accanto al SuperMarco. "E' finita, professore? "Macché. Pannella ha vinto, amico mio". Come dice, scusi? "Ha vinto, non c'è dubbio. Quella di ieri è una sua grande vittoria. E' soccombente, certo. Eppure i grandi vincitori della storia sono sempre stati soccombenti: Michelangelo, Cattaneo, M

azzini, Salvemini, i fratelli Rosselli, Gobetti... Solo loro hanno vinto. Dunque io continuo a credere in Pannella, che tra l'altro è uno dei pochissimi uomini che io conosca che paga sempre di persona". Non c'è invece nessuna allegria nella voce di Mauro Mellini, l'uomo che tutti credevano l'alter ego di Pannella insieme fondarono il Partito radicale, nel ' 57, e insieme costituirono la Lega italiana per il divorzio, nel '65 finché otto anni fa una storica lite ruppe il loro sodalizio. Oggetto del contendere, la trasformazione del Pr in partito transnazionale e transpartitico: "Questa storia della metempsicosi non mi convince per niente" disse allora Mellini. È rimasto della stessa idea: "Fu un errore fatale smantellare il partito. Pannella uscì dalla scena rifugiandosi nelle scempiaggini della metapolitica e chiudendo l'antipartito dei partiti della partitocrazia. Il Partito radicale sarebbe stato il partito della Seconda Repubblica, se non fosse stato smantellato alla vigilia del crollo de

lla prima. Su Pannella preferisco non dare giudizi, i nostri rapporti personali hanno avuto una loro curva cartesiana... Acqua passata. Contano gli ideali, non le persone. Posso dirle questo: che con Pannella e intorno a Pannella c'è stata una grande vampata di intuizioni, ma ben poco di coerenza e di progetto politico. Il dramma è che la storia passa, e non le si può correre dietro...". Bisogna avere tempo, per rincorrere la storia. E Giovanni Negri, che ha trent'anni meno di Mellini, ci proverebbe pure. "Oggi provo una fortissima nostalgia del partito radicale", confessa, dopo aver premesso "niente giudizi su Pannella". Però proprio lui che fu il più giovane segretario del Pr gli lancia una corda alla quale aggrapparsi: la vecchia, gloriosa bandiera radicale. "Non ho paura a dirlo, anzi lo dico con un grande orgoglio: bisognerebbe provare in tanti a rifare il Partito radicale. E vorrei proprio che Marco dicesse di sì". Chissà. Non preoccupatevi per lui, commenta Francesco Rutelli che lo conosce bene, "perc

hé Pannella è una delle persone più brillanti nel rinascere dopo un insuccesso politico". "Ma sì, Marco rinascerà anche stavolta", assicura Massimo Teodori, il pignolo mastino di Montecitorio che per anni ha scavato nella P2, nel caso Sindona, nelle stragi e negli imbrogli della partitocrazia. "L'errore politico da cui oggi viene travolto è quello di pensare di poter rappresentare ed esprimere da solo il movimento riformatore. Quell'enorme fiducia in se stesso che gli ha consentito tante imprese impossibili stavolta lo ha portato in un vicolo cieco. Non ha più alleati o interlocutori, ecco il suo dramma: individua le battaglie giuste, ma non sa non vuole cercare schieramenti più vasti della sua persona o dei suoi seguaci". E' inutile, lui è fatto così, spiega Gianluigi Melega, che da giornalista costrinse Giovanni Leone alle dimissioni e da deputato radicale gridò in aula ai democristiani: "Ladri, peculatori, concussori, corruttori, sofisticatori, truffatori, esportatori di valuta, ricattatori, evasori fisca

li, famiglia di assassini, complici di esecutori di strage!" (anno 1979, seguì rissa). Di Pannella dice: "E' un personaggio politico che ha grandi meriti, con il terribile demerito di distruggere quello che lui stesso riesce a creare. Se penso ai 18 deputati del 1979, da Sciascia a Teodori... Era riuscito a creare una speranza, ma dopo quel clamoroso successo ha fatto di tutto per distruggerlo. E c'è riuscito. Adesso dicono che è finito. Macché. Andrà avanti, come fa da anni avendo meno del 2 per cento. Non credo che la sconfitta lo farà deflettere da una linea secondo me sbagliata: andrà avanti, e continuerà ad essere il leader del suo 2 per cento. Che peccato".

 
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