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Segreteria Rinascimento - 17 giugno 1997
Da "Il Sole 24 Ore" del 17 giugno 1997 - pag. 8
E' IMPORTANTE SALVAGUARDARE UN ISTITUTO PENSATO DAI COSTITUENTI PER TUTELARE LE MINORANZE

L'INSOSTENIBILE PESANTEZZA DEL QUORUM

di Gianfranco Pasquino

L'onere della prova che il mancato conseguimento del quorum servirà a produrre una riforma migliorativa del referendum spetta ai promotori dell'astensionismo. E legittimo avere parecchi dubbi non soltanto sulle loro competenze istituzionali, almeno a giudicare dal come hanno interpretato il voto degli italiani, ma soprattutto sulla loro volontà politica. Quanto all'interpretazione del voto, sarà sufficiente rilevare come nessuno dei promotori dell'astensione prenda in considerazione la probabilità che molti elettori abbiano deciso di non andare alle urne perché il prezzo da loro pagato in tempo, attenzione, informazione era già stato vanificato con riferimento ad almeno tre materie: la responsabilità civile dei magistrati, l'abolizione del ministero dell'Agricoltura, l'abrogazione del finanziamento pubblico dei partiti. Milioni di elettori italiani si sono astenuti anche perché gli esiti di alcuni referendum erano già stati azzerati dai comportamenti di Governo, Parlamento, partiti. Se lo si vuole riformare,

e non distruggere, anche se è lecito intrattenere il dubbio che siano moltissimi i politici che mirano alla sua distruzione e che a una democrazia più partecipata preferiscono una democrazia più delegata, bisognerà ripartire da lì: dalla nonmanipolabilità dell'esito dei referendum. Un referendum abrogativo è sano e incisivo quando la legge abrogata dai cittadinielettori non può essere fatta rivivere, neppure parzialmente ritoccata, dal Parlamento. Alla Corte costituzionale, sperabilmente meno subordinata ai desideri del potere politico, spetterà il giudizio in materia. Riformare in meglio il referendum non significa, naturalmente, renderlo di più difficile utilizzazione. E sicuro che i Costituenti sapevano contare e differenziare fra numeri assoluti e percentuali. Quando scrissero che il referendum abrogativo sarebbe stato attivato da 500mila elettori volevano dire proprio questo. Volevano, cioè, garantire che lo strumento referendario venisse utilizzato dalle minoranze non dai grandi gruppi organizzati, in

evitabilmente i partiti. Salga pure la cifra delle firme richieste, ma non si dimentichi che oltre una certa soglia, che non deve essere superiore alle 800mila firme, il referendum finirà per sfuggire dalle mani delle minoranze. E non vale l'obiezione che ai tempi dei Costituenti non c'era la televisione, che oggi diffonderebbe le informazioni e renderebbe più facile la raccolta delle firme. Viste le modalità di noninformazione della Tv questa obiezione pare persino offensiva. Non si salva l'istituto del referendum se, invece di migliorare quanto già esiste, si rilancia con un fantomatico referendum propositivo: un milione di firme per sottoporre al Parlamento un progetto di legge redatto in articoli. Qualora il Parlamento non risponda entro diciotto mesi, il testo verrà sottoposto agli elettori. Il Parlamento risponderà, magari modificando oppure posticipando nei limiti più ampi possibile, dal Parlamento stesso stabiliti con generosità. A ogni buon conto, chi sarà in grado di raccogliere un milione di firme

? Infine, sarà opportuno non dimenticare che i sette referendum nazionali del 1997 sono falliti solo per mancanza di quorum: ha votato meno del 50% più uno degli aventi diritto. Contemporaneamente a Roma, il referendum sulle privatizzazioni della Centrale del latte ha avuto successo perché il quorum era del 25% più uno. Che il referendum possa essere rivitalizzato, se non eliminando il quorum, come in California e in Svizzera, almeno abbassandolo? Ci sono molte serie e non banali ragioni per pensare che i difensori del referendum dovrebbero essere favorevoli all'abbassamento/eliminazione del quorum. La prima è che l'esistenza del quorum si configura come un vero potere di veto nelle mani di maggioranze composite, protestatarie e disinteressate. La seconda è che l'esito di un referendum non dovrebbe essere affidato a chi decide di non decidere, a chi è indifferente rispetto alla scelta e, quindi, giustamente va dove gli pare, ma non al seggio elettorale. La terza è che è legittimo che siano coloro che hanno a

cquisito più informazioni, hanno mostrato più interesse, hanno investito più passione a decidere della tematica sottoposta a referendum. La ricompensa della partecipazione elettorale consiste nella maggiore influenza esercitata sulla scelta in gioco. Non soltanto è giusto che chi vota eserciti maggiore influenza, ma è ingiusto che chi si astiene possa prevalere su chi si impegna informandosi e andando a votare. La battaglia per l'abbassamento del quorum costituisce l'onere della prova per chi sostiene che è ora di modificare in meglio il ricorso e l'efficacia del referendum. E troppo pensare che la Bicamerale sia la sede bell'e pronta per agire di conseguenza?

 
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