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Segreteria Rinascimento - 17 giugno 1997
Da "IL FOGLIO" del 17 giugno 1997, pag. 3

DECLINO DEMOCRATICO

Nata dai referendum, la Repubblica italiana ha sempre considerato come una specie di vergogna di famiglia la sua origine legata ad un atto di democrazia diretta. Finchè il Parlamento non approvò la legge sul divorzio con una maggioranza che escludeva il partito democristiano, non si pensò neppure a varare le norme applicative dell'istituto referendario, pur previsto dalla Costituzione. La forze politiche dominanti hanno sempre considerato i referendum come una specie di tribunale d'appello per consistenti forze parlamentari uscite minoritarie, che cercano una rivincita popolare. Fu così per l'aborto e il divorzio, fu così per la scala mobile. La turbolenza politica della crisi della prima Repubblica aprì gli spazi per consultazioni, soprattutto quelle sui temi istituzionali proposte da Mario Segni, nate fuori dai rapporti parlamentari. La malcelata soddisfazione per il fallimento delle consultazioni di domenica esprime la convinzione delle forze politiche tradizionali, oggi concentrate nel fronte dell'Ulivo,

che il referendum in questo modo viene riconosciuto nell'alveo precedente. I commentatori si affannano a dimostrare che il referendum non è morto, che è solo la sconfitta della strategia pannelliana dei referendum fuori e contro il sistema politico. Intanto si preparano proposte per "salvare" i referendum cioè per rendere possibili solo quelli promossi dalle maggiori forze politiche, in modo da evitare che qualcuno disturbi il manovratore. E' una dimostrazione del declino delle libertà politica, di soggetti e di esigenze non catalogati e non omologati. Non è una buona notizia neanche per la politica, che vede allontanarsi i cittadini dalla partecipazione elettorale, alla quale non è detto che torneranno al primo fischio. Anche i referendum debbono riflettere sul severo giudizio del popolo, per impostare una strategia non solo quantitativa, che rischia di sommare nell'astensione dal voto tutte le categorie che si sentono attaccate. Nessuno abolirà il quorum: che vuole salvare davvero i referendum deve trovar

e il modo di mettersi in sintonia con la maggioranza, senza fughe elitarie che si pagano care.

 
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