IL TEMPO PERSO COSTRINGE LA RAI A PUNTARE SU RADIO RADICALE
Da '90 la tv di Stato doveva allestire la rete parlamentare
ROMA "Per queste frequenze occorrono decine di miliardi". Marco Pannella non ha dubbi nel prendere posizione su quanto rivelato da Franco Iseppi, direttore generale della Rai, alla commissione di vigilanza: la Rai vuole usare le frequenze di Radio Radicale per realizzare quella rete radiofonica parlamentare prevista dal contratto di servizio. In realtà, le frequenze come tali non possono essere vendute e quindi non dovrebbero avere un valore, in quanto dovrebbe essere il ministero delle Poste ad assegnarle ai diversi soggetti. Il prezzo (che la Rai secondo Iseppi ha stimato in circa 25 miliardi e Radio Radicale in "alcune decine di miliardi"), è quello di "acquisto" di chi trasmette su quelle frequenze, per cessare di farlo e consentire di riassegnarle da parte del ministero delle Poste all'acquirente (Rai). Tutto potrebbe essere risolto in sede di Piano di assegnazione delle frequenze radiofoniche, che però andrà approvato entro i primo gennaio del'98, osservando vincoli come quello istituito dalla riser
va di frequenze a favore delle radio commerciali locali (di norma il 70%).Radicale trasmette da 18 anni i lavori parlamentari e dichiara un costo di gestione di otto miliardi annui. Radio Radicale, peraltro, ha due concessioni per altrettante radio nazionali commerciali, per una delle quali il Centro di Produzione spa, che ne è il proprietario, ha stipulato la convenzione con lo Stato. La copertura non è dichiarata ma, per la prima rete, dovrebbe arrivare al 60% del territorio nazionale. Si arriva al 1990: la legge Mammì prevede, all'articolo 24, su richiesta dei presidenti di Camera e Senato, l'allestimento di una rete radiofonica del servizio pubblico, dedicata in esclusiva ai lavori parlamentari, la quarta rete radiofonica della Rai. Tale articolo, finora, è rimasto inapplicato. Nei decreti cosiddetti "salvaRai", il primo dei quali fu emanato nel dicembre '93, si inserì un articolo in base al quale si prevedeva una convenzione triennale per assicurare la trasmissione radiofonica delle sedute parlamentari,
di cui, appunto, all'articolo 24 della legge Mammì, da stipulare con un concessionario radiofonico nazionale. Tale radio deve riservare il 60% del tempo di trasmissione tra le 8 e le 21 alla sedute del Parlamento. La convenzione era rinnovabile fino alla completa realizzazione da parte della Rai della rete radiofonica riservata alla trasmissione dei lavori parlamentari. L'importo a favore di Radio Radicale è pari a 10 miliardi annui. Nel dicembre '96, l'ultimo decreto a quasi tre anni dalla prima emanazione, decade senza essere convertito in legge. Il precedente contratto di servizio triennale impegnava la Rai a realizzare la rete parlamentare in onde medie, condannando tale rete a un ascolto inesistente o quasi, tanto che, come richiesto anche da un ordine del giorno votato al Senato in sede di approvazione del disegno di legge 1021 (quello su Authonty e Antitrust) il nuovo contratto di servizio definito tra Rai e ministero delle Poste, ora all'esame della commissione di vigilanza, prevede che tale rete ve
nga diffusa in modulazione di frequenze. La Rai deve recuperare tali frequenze e individua così Radio Radicale.