FAZIO E I TASSI: I RISCHI DELL'ATTESA
Di Paolo Savona
Inflazione all'1,5%, differenziale tra rendimenti dei
titoli pubblici italiani e tedeschi a 1,2 punti
percentuali, saggio ufficiale di sconto al 6,75 per cento.
Da Denver, dov'è in corso il summit dei capi di Stato,
Prodi fa sapere che non trova più coerente lo stato
dell'economia italiana con la posizione di Fazio. Chi
dei due ha ragione? La posizione di Fazio appare la più
argomentata. Nelle sue Considerazioni finali del 31 maggio
si è espresso chiaramente: »Le aspettative inflazionistiche
sono state piegate , ma »i focolai inflazionistici non sono
del tutto spenti ed ȏ indispensabile che nelle
aspettative e nei comportamenti degli operatori si
consolidi, dopo oltre due decenni di inflazione alta e
variabile, la fiducia nella riconquistata stabilità
monetaria . Quali siano questi »focolai è detto con
eguale chiarezza: »Il costo del lavoro per unità di
prodotto è salito in misura notevole e »la credibilità
dell'azione di riequilibrio delle finanze pubbliche è
legata alla capacità di assicurare progressi certi e
permanenti nel tempo , la qual cosa non è assicurata dato
che »nel 1996 il riequilibrio dei conti pubblici ha
registrato una battuta d'arresto e che »sarebbe un errore
tentare di correggere gli squilibri che ancora permangono
agendo in misura rilevante sulle entrate, in particolare su
quelle che influiscono sul livello dei prezzi e sui costi ,
mentre è necessario un »contenimento della spesa pubblica
destinata a finalità di carattere previdenziale e
sociale . E noto che il Governo, pur avvalendosi per la
sua opera di ministri e di economisti autorevoli, non
dispone di un Centro studi e di analisi del prestigio di
quello della Banca d'Italia e non è quindi in condizione di
rispondere con pari armamentario ed efficacia alle
argomentazioni serrate del governatore. Si deve perciò
limitare a valutazioni rese in modo asistematico dallo
stesso presidente del Consiglio e dai suoi ministri, che
comunque non potranno mai allontanare da esse il sospetto
di parzialità, dati i tempi e il contesto in cui operano.
Occorre attuare una proposta lungamente caldeggiata di
riunire in un unico Council of economic advisors (il
riferimento americano è d'obbligo) il dipartimento di
Economia di Palazzo Chigi, la segreteria generale della
Programmazione economica, il Nucleo di valutazione degli
investimenti pubblici, l'Ispe e l'Isco, non certo per
condurre una battaglia teorica tra economisti, di cui il
Paese certo non necessita, ma per avere il
controbilanciamento di un'analisi condotta prevalentemente
(e giustamente) in chiave monetaria con una che valuti
specificatamente gli aspetti reali e "fiscali" degli
andamenti di mercato e delle politiche economiche. La
dialettica tra pari fa sempre bene ai Centri studi e alla
conoscenza che essi producono per agevolare il buongoverno
dell'economia! Se, come dice Fazio, lo scopo che egli
persegue è quello di piegare definitivamente le aspettative
di inflazione troppo a lungo alimentate, chi gli assicura
che - data la sua stessa elevata credibilità di studioso,
la considerazione di cui gode il suo Servizio studi e la
debolezza culturale, se non l'asservimento degli altri
centri pubblici e privati di analisi economica - il
mantenimento di "saggi ufficiali reali" tra 5,25 e 6,75
punti percentuali non sia esso stesso di ostacolo, per il
suo contenuto implicito di valutazione delle prospettive
inflazionistiche, al raggiungimento dell'obiettivo
altamente rispettabile che si prefigge? I mercati
monetari e finanziari non paiono discostarsi di molto dalle
valutazioni del Governatore e ciò può avere due
significati: il primo, quello già indicato, che essi, non
avendo altre fonti cui ispirarsi, prendono nota della stima
di Fazio che l'inflazione corrente è più elevata di quella
attesa e ne traggono le conseguenze sui tassi
dell'interesse, mantenendoli elevati.
Il secondo, raggiunto con valutazioni indipendenti da
quelle del Governatore, che un'economia depressa, un
bilancio pubblico che ha ancora bisogno di interventi
strutturali (che Fazio indica in 2 punti percentuali di Pil
a conclusione delle sue Considerazioni di maggio), un
vincolo estero più severo a seguito della concreta
possibilità di ingresso della lira nell'Euro abbiano
accresciuto il "rischio Paese" e, di conseguenza, i tassi
dell'interesse reali richiesti dai mercati internazionale e
interno. Si badi che questa non è un'ipotesi, ma una
valutazione raccolta tra operatori finanziari. Nella
parte internazionale delle sue Considerazioni finali, Fazio
fornisce una visione meno contingente dell'inflazione,
attribuendo la sua riduzione a livello mondiale a
»politiche monetarie fermamente orientate a recuperare, in
modo duraturo, la stabilità del valore della moneta ma,
aggiunge, che vi ha contribuito anche »la moderazione
salariale, l'accresciuta concorrenza sul mercato globale,
l'avanzamento tecnologico . Flessibilità salariale come
fattore di sviluppo dell'occupazione e subito si è aperto,
anche da noi (con echi immediati Oltretevere), un dibattito
su ciò che è socialmente »più etico : un sistema di
protezione pubblica del lavoro o un libero mercato? Questa
disputa può avere solo soluzione pratica, cioè se non
funziona la prima, si provi con la seconda. Nel corso del
primo storico incontro del G8, data la presenza di Eltsin,
non mancheranno riferimenti concreti ai due fattori
elencati da Fazio - la competizione globale e le
innovazioni tecnologiche -, nei loro riflessi sulla
produttività e, per questa via, sull'occupazione e
sull'inflazione. Sulla produttività e sul veicolo della
stessa, ossia gli investimenti innovativi in attrezzature e
macchinari, il Governatore si è già pronunciato nella sede
più volte ricordata: ha denunciato il calo della prima e
valutato in una crescita permanente di un punto percentuale
di Pil il fabbisogno dei secondi. Resta la competizione
globale, l'unico vero credibile e permanente freno
all'inflazione. Se vi è competizione in tutti i settori e i
cambi resteranno fissi (come previsto in Europa) o
presenteranno modeste variazioni (come si prevede nei
confronti del dollaro e dello yen se il regime dell'Euro
sarà "amministrato", cioè dirty), le imprese italiane non
potranno aumentare i prezzi al di là di quelli della
concorrenza europea e, quanto più questa si apre verso
l'esterno, di quella internazionale. La difficile e, in
parte, controproducente lettura dell'aumento dei tassi
reali dell'interesse italiani in chiave prevalente di
aspettative inflazionistiche potrebbe essere bilanciata da
un giudizio reso dai massimi responsabili della politica
economica sul grado di concorrenza dell'economia italiana.
Se Prodi e Ciampi ritengono che la concorrenza sui mercati
italiani sia aumentata, le loro critiche sull'elevatezza
dei tassi ufficiali (e di mercato) apparirebbero fondate e
la posizione di Fazio debole, ancorché da non
sottovalutare. Lo stesso quesito può essere rivolto al
Governatore, sollecitandogli una risposta secondo un'ottica
di coerenza globale delle sue valutazioni, tanto
chiaramente espresse, e delle sue scelte, tanto
coraggiosamente e responsabilmente difese.