CONFCOMMERCIO LANCIA UN SOS: L'ECONOMIA E' IN MEZZO AL GUADO
Il Presidente Billè denuncia il rischio che l'Italia diventi colonia del capitale estero - Visco: il risanamento è avviato.
ROMA - L'economia italiana è in mezzo al guado. E il presidente della Confcommercio, Sergio Billè, non nasconde le sue preoccupazioni, avvertendo che, da un lato, la domanda delle famiglie continua a segnare il passo e gli investimenti delle imprese non danno segni tangibili di vitalità, dall'altro aumenta il rischio che l'impresa Italia diventi colonia del capitale estero. Ben sapendo che "per non affogare - dice Billè - occorrono supporti, riforme, provvedimenti di sostegno per le piccole e medie imprese che, con la globalizzazione dei mercati, rischiano di fare la fine dei topi".
Il grido d'allarme lanciato da Billè dal palco dell'assemblea della Confederazione che presiede da due anni viene intercettato e attutito dalle risposte della nutrita pattuglia di ministri del Governo Prodi (si veda articolo a fianco), che invece più ottimisticamente parlano di crisi nera ormai alle spalle. E sostengono che quella che abbiamo davanti sarà una stagione all'insegna della ripresa. Sarà. Per questo il presidente della più grande organizzazione sindacale dei commercianti (26 organismi di categoria e associazioni territoriali, 750mila imprese associate con 4,3 milioni di occupati), snocciola i grani della via crucis che non dà tregua alla categoria.
Intanto i consumi. Per Billè "la domanda interna, delle famiglie e delle imprese mostra un profilo sostanzialmente stagnante". E quel che è peggio è che "non sembrano esserci elementi per ipotizzare nel breve periodo una ripresa significativa". A sostegno di questa tesi vi sono i dati raccolti dall'Ufficio studi della Confcommercio, secondo i quali il bilancio dei consumi degli italiani quest'anno chiuderà con un misero aumento dello 0,1%, scomposto in un +0,2% per quanto riguarda la famiglia e in un -0,1% per la domanda collettiva.
Dai consumi agli investimenti il passo è breve. Ed ecco che il presidente della confederazione sottolinea il fatto che l'andamento "molto riflessivo degli investimenti è dovuto sia a fattori congiunturali sia all'elevato costo del denaro". Di qui l'ulteriore vantaggio che, inevitabilmente, è dato dai capitali esteri di venire a fare shopping in Italia, favoriti anche dalle condizioni di esposizioni delle imprese italiane "caratterizzate da un elevato livello di indebitamento a breve e da un basso tasso di capitalizzazione".
In questo contesto la situazione delle imprese che operano nel settore del commercio non è delle migliori. Dal rapporto economico della Confcommercio emerge che la debolezza della domanda delle famiglie ha penalizzato fortemente il comparto, che già nel '96 "ha registrato un'evoluzione negativa del prodotto in termini reali dello 0,4% rispetto al '95". Lo scorso anno l'indice del fatturato, in termini reali, ha registrato una diminuzione del 2,3%, frutto di una sostanziale tenuta del settore alimentare e di una forte contrazione dei prodotti non food. Una situazione difficile, dunque, rimasta sostanzialmente tale anche nei primi mesi di quest'anno.
Nella relazione di Billè non poteva mancare l'analisi su un problema che sta a cuore alla categoria, e cioè la riforma della legge sul commercio: una legge che risale a 27 anni fa, a quando termini come ipermercati, hard discount, convenient store, globalizzazione e quant'altro "si usavano solo sui libri di fantascienza".
Le vecchie norme non reggono più - ha detto il presidente dei commercianti - perché non è applicando le regole del selvaggio West che si può pensare di far convivere realtà, strutture e forme distributive assai diverse tra loro. "Per questo occorrono regole di mercato che consentano di dare sostanza al principio del pluralismo d'impresa - ha aggiunto Billè -. Regole che permettano alle piccole imprese di competere, alla pari, con le strutture giganti, emanazione di multinazionali.
Nicola Dante Basile