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Notizie lista Pannella
Segreteria Rinascimento - 27 giugno 1997
Da "Il Venerdì" ins. "La Repubblica" del 27 giugno 1997 - pag. 44

TRAMONTANO I GIGIONI

Di Curzio Maltese

Il pensionamento di Marco Pannella deciso nei fatti da milioni di elettori, anzi non elettori, sarà forse un buon segnale di un ritorno al futuro della politica italiana. Il ritorno di una politica fatta di idee e non soltanto di persone, personaggi e maschere Pannella è stato il primo tanti anni fa a personalizzare la lotta politica oltre ogni limite. A trasformare un movimento importante, quello radicale, in un'appendice adorante del leader, una setta in grado di seguire il guru senza fiatare nei suoi spostamenti, anche umorali, tra sinistra e destra. Abile nel prendersi tutto il merito di battaglie collettive, come il divorzio e l'aborto. Geniale nell'intuire che la televisione stava appiattendo la vita pubblica e culturale all'unica, scivolosa e luccicante dimensione di una faccia in primo piano. Profetico nel ridurre un partito a una serie di fans club, i club Pannella, e a sostituire ogni discorso politico con l'esibizione narcisistica e gigionesca di un ego

smisurato: io, io, io, io.

Nel vuoto italiano Pannella ha fatto scuola Come Super Marco aveva ucciso il radicalismo per sostituirlo con la propria icona, così Craxi arebbe cancellato il vecchio e rispettabile socialismo per instaurarne il culto della sua patibolare facciona. E via di seguito, la stessa operazione si sarebbe ripetuta con Bossi e la Lega, nata intorno al federalismo e presto convertita al bossismo puro con Berlusconi (dal finto liberismo al vero berlusconismo), D'Alema (dal post comunismo al neo dalemismo) e domani forse Di Pietro. Con effetti che vanno dalle comiche campagne elettorali a imitazione del "Vota Antonio!" di Totò, al tragico svuotamento della parola politica. I lettori lamentano che i media ormai dedichino più tempo all'acconciatura di un leader che ai suoi programmi. Ma i programmi non esistono. Una volta presa la delega, i leader fanno quello che vogliono. "Hanno votato me, quindi agisco come mi pare". Senza contare che se uno si mette a criticare i fatti concreti viene sommerso da valanghe di lettere d

i fans che scrivono "lei ce l'ha con Berlusconi (o D'Alema o Bossi o Pannella) perché lo odia (invidia, detesta, eccetera)". E quindi, tanto vale arrendersi e concentrarsi sul taglio di sartoria. Perché se i leader sono malati di divismo è anche vero che gli elettori, ridotti a pubblico di uno show, sono altrettanti malati di idolatria. Le cose per fortuna stanno cambiando. Le vittorie di Prodi in Italia e Jospin in Francia, uomini "senza immagine", lasciano intravedere il

tramonto del politicoattore alla Reagan. Gli uomini forti, eccezionali, esposti alle folle osannanti, vanno bene per i regimi. La democria, fin dai tempi di Atene è stata costituita su idee a volte perfino normali che in genere camminavano sulle gambe di omarini grigi e dubbiosi. L'idolatria delle masse, se proprio non si riesce a farne a meno è meglio indirizzarla verso i campioni dello sport, i divi del cinema e della tv, le rock star, i tanti miraggi miliardari della società dello spettacolo.

 
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